Certezzeafallibilità Imre Lakalos ~ e confutazioni. La logia della scoperta matematica Milano. Feltrinelli. 1979 pp. 232. lire 10.000 Norwood Russel Hanson I aodeli della scoperta scientifica. Ricaa sai fondamenti concettuali delbsciena Milano. Feltrinelli. 1978 pp. 264. lire 8.000 ' E diffusa la credenza che. rispetto alla discutibilità degli enunciati empirici - appartengano essi al senso comune o al linguaggio delle scienze - le formulazioni della matematica si differenzino qualitativamente. e si presentino come le più 'certe'. 'rigorose'.'infallibili'. Per un verso. un dominio privilegiato. quello matematico. fondato su pochi principi indiscutibili; per altro verso. l'ammassarsi disordinato di fenomeni. ipotesi. ideologismi che affiorerebbero dal divenire delle cose, dalla psiche individuale e collettiva. dalla storia. Un disordine redento, nella migliore delle circostanze, dalla sistematizzazione induttiva delle scienze della natura. Più ancora della riflessione teorica. l'operare stesso degli scienziati e dei ricercatori ha fornito. lungo tutto il secolo. non pochi appigli all'ansia di sicurezze e alla richiesta di illusioni che erano sottese all'immagine di un sapere matematico terso e incorruttibile. Di antica e radicata ascendenza è poi la visione secondo la quale l'ingresso del 'numero' -del calcolo e della quantificazione - in un campo della conoscenza. sia bastato per elevare quest'ultimo al rango di scienza. Come se il numero. per magica virtù. potesse liberare d'un sol colpo dalla cattiva contingenza e dai dedali dell'opinabile. Difficile sfuggire all'attrattiva esercitata dall'opinione corrente. suffragata per di più dall'assenso degli «autori». dei «grandi». Essendo tutti d'accordo. o quasi. scorgiamo pure nella matematica. nei suoi procedimenti e nel suo insegnamento, il controveleno capace di battere pregiudizi e inclinazioni dogmatiche. Invochiamo pure i risultati inconfutabili. la crescita ininterrotta di verità eterne ed immutabili che le «scienze esatte» saprebbero garantire:. Ma attenzione: cosl facendo. cancelliamo la storia ed insieme occultiamo la lotta e l'avventura attraverso le quali il complesso delle 'scoperte' ed ogni singola 'scoperta' sono giunte a fissarsi e a formalizzarsi. Per sbarazzarci della impurità dei percorsi. annulliamo gli stessi percorsi. e valorizziamo soltanto i risultati. i teoremi. che sembrano allora piovuti dal cielo. Senza neppure accorgercene. volendola sciogliere dalla compagnia dell'errore. convertiamo l'educazione matematica e scientifica in un «focolaio di autoritarismo». la tramutiamo nel «peggior nemico del pensiero critico e indipendente». Cosi. in un saggio del 1963 appena tradotto. lmre Lakatos- ungherese di origine. ma inglese di adozione-mette in guardia contro il misticismo autoritario della matematica «fonte di verità». E smaschera l'inganno teso dal deduttivismo cui preme scodellare. pronti all'uso. assiomi e definizioni. in un gioco di prestigio che esige dallo spettatoreciecafiduciae obbedienza. I n Dimostrazioni e confutazioni assistiamo al dipanarsi storico di una «congettura» classica. il teorema di Euler sul rapporto tra vertici. spigoli e facce di un poliedro. È un caso. un «campione» tra i tanti possibili. che consente di seguire passo dopo passo l'andatura della costruzione matematica. L'esposizione incuriosisce e agevola la lettura: si tratta di un dialogo tra un professore e un gruppo di studenti. ciascuno dei quali recita la parte di determinate posizioni che s'intrecciarono e si scontrarono nel corso di due secoli. Di queste. Lakatos mette a nudo la fallibilità. facendone risaltare al contempo la contraddittoria/erti/ità. E sferza ad ogni pagina la miopia di chi. ricercando ad oltranza nella matematica ordine ed armonia. inorridisce di fronte alle «mostruosità» che pure ne hanno assecondato la crescita. Ne viene una sconfessione di imposture divenute luogo comune. Da quanto Lakatos dice a proposito della matematica. la quale per essere significante deve necessariamente rinunciare alla certezza, si potrebbero forse trarre suggerimenti operanti su territori assai più vasti. Certezza e significato non sembrano più tollerare consolatorie coabitazioni. Ma c'è di più. Se nella matematica il compito di neutralizzare criticità e storicità è assolto dal deduttivismo che rimuove i tragitti poco 'nobili' della congettura e dell'errore, nelle scienze fisiche quello stesso ufficio è attivamente sostenuto dall'induttivismo. Dalla presunzione. in altri termini. che lo scienziato si ponga di fronte al 'dato' con la mente sgombra. lo 'veda' e lo registri 'obiettivamente', vi attui un limpido esperimento e ne generalizzi le conclusioni. Deduttivismo e induttivismo scorrono in tal modo. per Lakatos. come rami paralleli e concordi di uno stesso linguaggio corporativo che la comunità scientifica articola. a tutela del potere detenuto. Dove far leva per scalzare la duplice mistificazione voluta da una casta di 'esperti' gelosi delle proprie prerogative? Giova. a questo scopo. porre al centro dell'attenzione i periodi di crescita delle teorie. durante i quali l'intuizione. esplorando le zone di confine dei concetti. la Claudio Pogliano loro tensione e differenziazione. «incespica e sbaglia». e svela così l'inesperienza non più visibile nel prodotto finito e smerciato al pubblico. U na sollecitazione di poco dissimile proviene dal saggio ormai classico. risalente al 1958. dell'americano Norwood Russell Hanson. Altrettanto pronunciata vi è l'inclinazione sul momento della 'scoperta' dei principi esplicativi della fisica. a sondare la «geografia» di taluni passaggi che permisero il transito da dati anomali e sorprendenti a una 'teoria' capace di accoglierli e spiegarli. Anche qui, come in Lakatos. protagonista è la scienza in divenire. Il farsi dinamico della scienza. ilsuo operare processuale. più dei sistemi compiuti o delle presentazioni manualistiche. La fatica del 'trovare' un modello. più del suo uso regolare. È questa insistenza sulla 'frontiera' - comune a Hanson e a Lakatos - a indicare quanto «carico di teoria» sia il 'vedere' proprio delle scienze fisiche. Di fronte al sole posto all'orizzonte. Tycho Brahe e Keplero vedono lo stesso oggetto fisico? Hanno. si può dire. la medesima reazione retinica. Ma in realtà. il primo vede un sole mobile. il secondo un sole statico. li tolemaico Tycho vede cJ:ie l'universo è geocentrico; il copernicano Keplero vede che esso è eliocentrico. Qui sta il punto: ogni vedere è un vedere che. Vedere un oggetto equivale a vedere che quell'oggetto si comporta secondo le conoscenze di cui già disponiamo. ed entro il cui reticolo lo immergiamo. Il significato e la rilevanza dei fenomeni sottoposti allo sguardo sono nozioni che dipendono da ciò che già sappiamo intorno ad essi. Ma se questa predisposizione orientata è vera. se il vedere non è solo «copia visiva» degli oggetti. allora la fisica non può pm essere. come vorrebbe l'induttivismo dogmatico. semplice «apertura dei sensi al mondo». Si deve configurare al contrario come modo di pensare sul mondo. ricerca di intelligibilità, organizzazione concettuale degli oggetti. Sono pertanto le forme logiche del linguaggio a plasmare i fatti. che non si danno in qualità di enti raffigurabili ed osservabili. ma innescano piuttosto intrecci di nozioni teoriche preesistenti. E le connessioni causali. che tanta parte hanno nella rappresentazione mentale degli eventi fisici. sono introdotte dal nostro modo di progettare gli esperimenti. Solo una visione incorreggibilmente ontologica potrebbe pensare che il mondo sia tenuto insieme da una «colla cosmica» composta da quella catena di sequenze lineari che noi vi sovrapponiamo. B uona parte della polemica antiempiristica di Hanson attinge - ed è facile accorgersene - a luoghi canonici di una certa tradizione di pensiero; ma è da dire che essa riguadagna originalità e novità interpretativa col prospettare, a spiegazione di come si determini la 'scoperta' scientifica. il modello «retroduttivoit. In che cosa questo consista. è presto detto. li fisico non va alla ricerca di dati che confermino una legge già astratta a partire da altri dati. e neppure trova la legge enumerando e compendiando i dati dell'osservazione. Del pari. egli non deduce proposizioni osservative da ipotesi. Ciò che il fisico in realtà traccia- e che Hanson documenta con alcuni casi storici - è il disegno di un «modello,. concettuale, grazie al quale sia possibile organizzare i fenomeni nuovi in «sistemi,.. riconnettendoli ad altri gruppi fattuali già coordinati. Di conseguenza la ricerca dello scienziato procede alla rovescia. ed è volta a definire insiemi di formule concise. una struttura di simboli facendo interagire i quali appaia intelligibile ciò che gli accade di osservare. Sulla base di queste considerazioni. muta la conformazione della fisica che l'induttivismo ci ha costretti ad accettare. Non abbiamo più a che fare con una catalogazione scrupolosa e il più possibile completa di dati e di note osservative attraversati da catene causali. Non ci troviamo più di fronte all'archivio delle cose che accadono. Newton non è il notaio che pazientemente estrae relazioni funzionali da colonne di dati. ma piuttosto un «investigatore ispirato che. da un insieme di fatti apparentemente slegati (una corteccia. un'orma, un passo falso. una macchia). conclude: "l'assassino è il guardacaccia",._ Hanson. s'è già detto. condivide con Lakatos la visione del «far scienza» come avventura e rischio. Non stupisce dunque che della fisica delle particelle elementari- «fisica di frontiera» per eccellenza - egli evidenzi i lati che la assimilano ad una «filosofia naturaleit. impegnata in uno sforzo analitico del concetto di materia. Meglio della fisica classica. ormai «ben rifinita e tirata a lucido,.. l'odierna microfisica, i cui 'oggetti' escludono ogni visualizzabilità. lascia trasparire le scansioni logiche della 'scoperta'. i tornanti interamente 'concettuali' che l'ideazione dell'infinitamente piccolo deve risalire per approdare all'intelligibilità dei dati. D a un altro punto di vista ancora. la contestualità delle proposte di Lakatos e di Hanson s'impone, e circoscrive uno spazio profondo d'intesa tra i due. Per accedervi occorre però menzionare i contributi metodologicicomparsi tre anni fa nel volume a più voci Critica e crescita della conoscenza, che aveva il merito di rendere accessibile al lettore italiano il livello più alto del dibattito contemporaneo tra storici e filosofi della scienza. In quella sede Lakatos esplicitava. sul piano metodologico. la scommessa sottesa alla propria impresa critica. Una scommessa nella quale Hanson. tutto sommato. avrebbe potuto riconoscersi. Vediamo brevemente di che cosa si tratta. Da decenni. ormai. dal momento in cui relatività e fisica quantistica costrinsero ad un riesame dei quadri interpretativi classici. sappiamo che non si danno luoghi di verità nei domini delle scienze. Ci siamo poi accorti di quanta 'metafisica' grondino le teorie. e ci siamo arresi all'evidenza di un cammino storico del sapere che non cumula affatto conquista a con- • quista. ma anzi nega le conquiste precedenti. avviene per salti. attraversa refutazioni e rotture. Molti. presi dal panico di fronte a quest'universo sconnesso. corsero ai ripari. e ribadirono - si pensi al neoempirismo logico - la rasserenante corrispondenza tra linguaggio e realtà sensibile. Altri preferirono liquidare lo statuto stesso della scienza. e. decretandone la «bancarotta,.. non vollero più saperne delle sue -pretese conoscitive. Lakatos e. su un prospiciente versante. Hanson. non sono eredi né degli uni né degli altri. Pur riconoscendo. ed anzi sottolineando con forza il tramonto di ogni mito realistico e positivistico. entrambi assicurano di poter salvare ·ta razionalità della conoscenza scientifica. che non è frode o inganno per il solo fatto di essere indimostrabile. Sarebbe t_roppoaffermare che dalla scommessa essi siano usciti vincitori. Nondimeno. il loro tentativo di scandagliare i ritmi interni della crescita del sapere. e di sconfiggere un'oleografia edificante delle scienze. è tra i più densi ed avveduti.
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