Alfabeta - anno I - n. 5 - settembre 1979

Lacomunicazionaentagonista: •• • •• V i è un passaggio nell'articolo di Mario Corti in cui, e questo è straordinario per un'esterna, viene centrato perfettamente il problema di come collocare e interpretare il fenomeno dell'ediloria alternativa (o marginale, o antagonista o militante, ecc.) e cioè quando si dice che questi testi edilorioli «non provengono dal 'basso', non denunciano la subalternità sociale, bensl un rifiuto sociale di cui si fa simbolo e modello esemplare la vicenda narrata, il testo scritto». A questa definizione aggiungerei che la stessa struttura tecnica, tipografica, distributiva, commerciale, rientra o tende a rientrare nel modello culmrale stesso per cui si può dire che la creazione del testo, la sua produzione e veicolazione sono il frutto di un unico processo antagonista appunto e che come tale si dà formule organizzative ed economiche diverse e il cui sperimentalicon la società, con le manifestazioni del sociale. I n questa generale prospettiva, riprendiamo Minuto per minuto della Oppezzo: a prima vista sembra che non vi avvenga nulla; la protagonista è legata a una catena di montaggio del suo vivere, a un catalogo di gesti condizionati: la sveglia, l'ufficio, la spesa, i pasti, un vivere dove niente ha sapore («La vita ci avverte della sua presenza e ci sfugge. O noi le siamo sfuggiti. Troppo distanti da iei, ormai. Da noi stessi•, p. 42). Ma a poco a poco la struttura di drammatizzazione prende rilievo nella crescente tensione bipolare fra lei, la donna, e la ditta: da una parte c'è la ditta con la sua dotazione di fatiche puntuali, di razionalissima barbarie, dove tutte le azioni diverse sono uguali, e ugualmente insensate, segnali di una incombente rigorosa follia universale; dall'altro c'è lei, carica di lucidità sempre maggiore, ma anche di ansia crescente di fronte allo spreco di vita, al bisogno di autenticità e comunicazione. L'antitesi tematica si riflette a livello di forma dell'espressione in uno stile tagliente, a frasi brevi, spesso nominali (cioè senza forma verbale esplicita), con forti chiaroscuri. Al contrario, in Le mani e la follia di Marco Ercolani lo scontro drammatico fra protagonista e società sfocia nella discesa del personaggio, questa volta maschile e omosessuale, verso una follia ora visionaria ora delirante; simbolo del sociale è la «strada•, attraversata da arcangeli, demoni frenetici e loro imperfetti umani facsimili; simbolo del protagonista le sue «mani,., che egli sempre si guarda come esercizio corroborante. Questo libretto, diario di un pellegrino sulla strada della propria disintegrazione attraverso stretti corridoi della follia. ci si presenta come «Supplemento,. della rivista quadrimestrale Con ciò sia cosa che. di cui lo stesso Marco Ercolani è uno dei redattori; illuminante al proposito uno sguardo al n. 5 (settembre 1978) della rivista. dove Ercolani. in un articolo dedicato ad Antonin Artaud (L'opera per/ella come sepolcro), colloca la scelta della follia da parte del poeta «al punto estremo di un discorso sulla parola•. in quanto la follia può essere «mezzo di disintegrazione e di ricreazione di una parola-cadavere. parola che è solo pietrificazione e suicidio dell'uomo•. La follia. dunque. come carica al contempo negativa e positiva. pozzo senza fondo in c.ui scagliare qualcosa e attingerne il diverso; in altre parole. il tema della follia come scelta trasgressiva: e ancora una volta viene alla memoria l'ideologia eversiva che sta dietro la celebrazione del fol/11s e della festa follorum nel Xli secolo. e on 8/a ... bla ... di rivoluzione qua.ii fantapolilica nel XXVIII secolo di Enzo G. si muta orizzonte: sullo sfondo non più una generica soc1eta neocapitalistica e tecnologica additata come il nemico del vivere; sullo sfondo c'è il Potere. entità presente sempre e processi!r1an1uat1v1 smo culturale ed economico si colloca come segmento in costruzione all'interno di una società complessa in crisi. Fare quindi il bilancio di una realtà di questo tipo costringe a suddividere apparentemente in se/lori organizzativi aspelli diversi di un circuito culturale ed economico che è invece in realtà strettamente interdipendente nella sua trasversale disomogeneità. Chiarito questo e premettendo che è a mtt'oggi impossibile (come è giusto che sia) fornire dati esaustivi di tipo statistico, si può tracciareun'arbitraria radiografia delle strutture organizzative dell'ediloria autogestita. L'occasione per una riflessione di questo tipo ci è stata data dalla Prima Mostra dell'Editoria Dire/la tenuta a Piacenza nell'ottobre '78. Partendo da questi dati e unendoli ad altri già conosciuti o successivamente verificati possiamo delineare un panorama di questo tipo: sempre insondabile, cosi presentata da Francesco, il protagonista, poco prima di morirne vittima: «Voglio dire che le cose hanno preso il sopravvento. Hanno preso il posto della vita. Dovrei spendere le mie energie migliori per le cose e al centro delle cose vi è il potere che assorbe in continuità. Noi dovremmo continuamente alimentare questo circuito. È la dimensione a cui vogliono condannare: la dimensione della divisione continua, alienante e accumulata nella storia, che possiede il suo centro non in me o in te o negli altri Assistenti, ma fuori di noi ... nel Potere,. (p. 155). Il libretto appartiene a quel sottogenere della fantascienza che è la fantapolitica, qui assunta come generatrice di una Grande Allegoria del Potere dal terribile significato; alla vita del pianeta sovraintende un demiurgo, cioè la «Organizzazione mondiale della Pace», che con scientifiche ramificate metodologie distrugge scismi, eresie e provocazioni. La specie umana, indirizzata dai Predisposti, esseri-prodotti della bioingegneria e della biochimica applicate, accetta apaticamente le regole del gioco, ipnotizzata dal divino Ordine. Il protagonista, sempre più politicamente eretico, interessa il lettore in particolare per due aspetti: da un lato, in tutte le sue esperienze, anche le più vitali, si sente che egli in effetti si sta preparando, avviando a morire, il che puntualmente avviene alla fine del libro, dove un gran Giuri lo elimina come eversore. D'altro lato, la vicenda di Francesco appare allegoria del fatto che il punto di partenza trasgressivo deve essere «individuale•, come mette a fuoco anche il prefatore al libretto, che si firma Lucio: «Francesco non è la folla che si rihclla: non è la trasformaA) CASE EDITRICI: tra 90 e 130 (la jlu11uazionetra le due cifre è determinata non tanto dai problemi economici, quanto da alcuni fattori strettamente legati ai bisogni reali: 1°) Fasi di grande sviluppo del «movimento» o della sua deriva/Va/e per tu/li il mov. 77. 2°) In relazione al punto I°, la non codificabile volontà o bisogno di pubblicare. 3°) Le oscillazioni economiche delle strullure organizzative parallele (centri sta"}pa, centri di distribuzione, librerie editrici). La somma dei titoli circolanti era a Piacenza di 61700 di cui circa 21300 di letteratura o poesia con una forte preminenza della seconda. B) CENTRI DI DISTRIBUZIONE: quelli organizzati sul territorio nazionale come diretta espressione della produzione antagonista sono 2: la zione di un sistema: è solo lui- Francesco-individuo; Francesco-pensante; Francesco-che si scopre e si ribella; il primo germe che corrode e dà il via alla corrosione ad opera di altri come lui». Comincia a prospettarsi, nei tre libri citati, se pure in modi diversi, il tema costante della necessaria opposizione individuale-sociale come avvio per la creazione di un diverso sociale; non la classe, dunque, ma la coscienza individuale s'innalza alla funzione di cardine dell'intero processo di ribaltamento. S iamo agli ultimi due testi, i più densi e anche i più attraenti in certo qual modo, soprattutto quello di Bruno Brancher, attraversato da una carica ironica piuttosto rara in questo contesto culturale; e perciò lo teniamo a chiusa del discorso. Da dove il titolo del libro di Maria Marino: Non sparate sul pianista? Non dal film propriamente, ma dalla rievocazione di un episodio di guerriglia urbana: «Più volavano i proiettili, più la musica cresceva, ritmica, imponente, meravigliosa. Era Antonio che suonava sul pianoforte a coda in mezzo alla barricata la musica che era in noi. E sulla schiena aveva un cartello con su scritto Non sparate sul pianista,.. (p. 26). Questo libretto è sul piano strutturale il meno afferrabile, in quanto messo insieme giustapponendo elementi di diario di un autonomo giovanissimo, discorso metanarrativo dell'autrice col suo personaggio, poesie, lettere, manifesti rivoluzionari, racconto di operazioni di vari Collettivi; a sfondo gli scontri fra autonomi e polizia a Roma. Bologna. Milano. Testo non riassumihilc quindi: ma suhito Coop. Puntirossi e la Coop. NDE. In p.articolarela NDE è passata in 3 anni da un fatturato di 70180milioni al fatturato di I miliardo circa nel /978. Esistono inoltre una serie di altri centri di distribuzione (una decina) assai più piccoli, ma non per questo meno utili, di cui è assai difficile quantificare il potenziale economico. C) LIBRERIE EDITRICI: comprendendo in questa definizione anche le Coop. Universitarie che sono andate via viaampliando il loro campo di intervento in questi ultimi 3 anni, sono una cinquantina le librerie con un forte collegamento al fenomeno dell'ediloria direi/a. D) CENTRI STAMPA: è questo uno dei fenomeni più recenti la cui evoluzione è solo agli inizi, ma si può affermare fin d'ora che una decina di questi centri è funzionante con maéchine offset piane e che queste strul/ure colpisce il fatto che, mentre è il più direttamente politicizzato, è stranamente, o forse no, il più lirico («sapere dov'è nascosto l'oro dei poeti», p. 50), il più vitalisticamente ilare: «Vale la gioia, vale la gioia di vivere, / è da questa gioia contraddittoria / che si scontra con ogni sorta di mostri, I che nascerà la mia rivoluzione» (p. 51). Il protagonista passa per assemblee, ospedali psichiatrici, «espropri proletari», e la musica continua a suonargli dentro: «Uno dei giorni più belli della mia vita fu quando andammo a bruciare la sede della Bassani-Ticino [ ...] Quando vidi le fiamme divampare mi strappai il passa-montagna e lo lanciai in aria ballando e cantando per la strada». Naturalmente solo un libro costruito come questo con una certa dose di irrazionalità poteva finire ultragioiosamente con l'utopia scesa in terra e divenuta la realtà della rivoluzione. I tratti segnalati qui, mentre portano a congetturare un'ingenuità poco passibile di spiegazione politica, costruiscono il libro come una sorta di sogno,.uno di questi sogni dalle immagini un po' caotiche che sono spesso i più simbolici; quelli cioè dove ogni sequenza presa in sé ha corrispondenza col reale, mentre dal concatenamento di tutte le sequenze nasce lo stravagante del sogno per rapporto al reale stesso. N iente di tutto questo in Disamori di Bruno Brancher: l'autore non è un ragazzo, è uomo cresciuto nelle strade del quartiere della «mala» milanese, passato per autenticissime esperienze, quali miseria nera, furti, carcere, lavoro in miniera, lavoro in «Lotta Continua». e ancora la strada. Da tale ricchcZ7.adi ostinata cspcricnhanno già una media capacità sia professionale sia di riproduzione economica. Precisando ancora una volta la arbitrariasuddivisione qui elencata (ad esclusione forse della Coop. NDE) diremo che in realtàqueste strutture si intersecano spesso a vicenda in una interdipendenza funzionale la cui trasversalità con il movimento reale è il punto di pregio e di debolezza. Stante questa premessa ed aggiungendo a quanto elencato la componente in crescita del- /' editoria «pirata» (vedi a questo proposito /'esaurientearticolo di M. Grassi e G. Mazzone su Prima n. 65), si può approssimare un giro d'affari di circa2 miliardi di cui un 20% coperto da letteratura, poesia o comunque da pubblicazioni, riviste incluse, che 'contaminano' i generi. za viene a questo libro ciò che non c'è in nessuno degli altri del genere:. una virtù della testimonianza che è fatta di saggezza e di ironia, due incomparabili qualità. Brancher ci racconta la sua vita. Benissimo, un diario in prima persona non sarebbe una novità. E invece qui di novità ce ne sono almeno due meritevoli di essere segnalate. La prima consiste nel fatto che l'autore racconta a due livelli contemporaneamente, perché c'è sempre in lui l'intrusione del mondo fantastico nel mondo reale, come in un minuscolo Don Chisciotte: vi è quello che egli sogna e crede di incontrare, e vi è quello che incontra realmente; le sventure si producono sempre per la forza conse-- quenziale con cui si impone il secondo punto di vista, quello degli altri, della società. Secondo aspetto nuovo di questo diario: esso ci guida a mettere a confronto l'abissale differenza fra gli anni Cinquanta e l'oggi. Ecco le zone Ticinese, Genova, Romana (la «leggendaria piazza Vetra», come ben la chiama Primo Moroni, prefatore del libro) negli anni Cinquanta-Sessanta, quando gli operai e i «sbarbà de vita», cioè i giovani irregolari, vi convivevano fantasiosamente. Ed ecco l'oggi: gli operai sono saliti verso l'universo della piccola borghesia e al posto degli «sbarbà de vita» è giunto il racket della «mala» organizzata; un mondo quasi mitico si è completamente disintegrato, è scomparsa la «strada» dei Disamori, dove regnava una sparsa dinastia di personaggi come la prostituta Zarina e, perché no?, lo stesso Brancher. Vorrei concludere: i messaggi dell'editoria alternativa sono segni culturali di singolare nettezza (anche se in alcuni di essi non mancano farragini verbali). La loro distanza dai testi creativi dell'editoria ufficiale si avverte subito; c'è un fondamentale cambio <lipunto di vista, donde anche la preminenza che assume la funzione socioideologica, per noi lettori, rispetto a 4uella artistica dei testi, come già risultava dall'elenco sopra dato delle costanti tematiche. In questi libretti si parte perlopiù dall'individuo per giungere alla identificazione di gruppi forniti di interna coerenza, indi a un rapporto nuovo fra i gruppi, che prometterebbe una nuova socialità. Processo speculare, dunque capovolto, rispetto a quello dei «modelli» di classe. «Da me viene il nuovo, da te viene il nuovo, e insieme lo costruiremo» dice un canlO goliardico francese del Xli secolo; non pare ci siano di mezzo otto secoli. Borges postillerebbe che la «Biblioteca è illimitata e periodica»! La massa di questi piccoli testi di autori in genere molto giovani è una realtà con cui la cultura dovrebbe fare i conti; e se non li fa. peggio per lei. Se crede di far gravare l'interdizione del ,ilenzio. risolvendo tutti i suoi problemi con i cosiddetti «giornali popolari» da una parte e la cultura specializzata dall'altra, rivela un eccesso di miopia alquanto pericoloso alla sua stessa circolazione. i::

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