Alfabeta - anno I - n. 5 - settembre 1979

'riflusso'. Ed eccoli Il i giovani dati per dispersi. suicidi, dediti alla droga, alla disperazione e alla discoteca. Tranquilli. smirichionati. vogliosi di contarsi, di trovare una strada per comunicare tra loro senza mediazioni spettacolari. Tutto ciò era eccessivo. Occorreva barare. L'afflusso doveva diventare esso stesso segno di riflusso. Ci pensava Epoca ad annunciare Al concerto suona il riflusso (30 giugno). Ci pensava la prima pagina del Corriere della Sera (16 giugno) che titolava Sessantamila giovani suonano il rock del sentimento e del disimpegno. Ci pensava L'Espresso a trasformare Demetrio Stratos, iscritto al PCI, in simbolo dell'anticomunismo giovanile con una allucinante copertina intitolata Miti giovanili: Stratos sì, Longo no (L' Espresso, 1°luglio). Ci pensava l'ineffabile Giorgio Bocca a generalizzare. come gli è solito. l'osservazione delle proprie figlie in un disinteressato invito al PCI a non rincorrere «le passioni giovanili» che «sono temporali estivi imprendibili e imprevedibili» (L' Espresso, 24 giugno). Tutto ciò che i Bocca non capiscono - concerti pop o scioperi spontanei - viene immediatamente classificato nel bollettino metereologico, bollato di irrazionalità, che non vale neppure la pena di comprendere. È di fronte a questa intellighentsia delirante che rivendico la razionalità storica dei comportamenti gionnili, la lucida critica della «cultura» a cui non sfuggiranrio né la politica né l'economia. Attendiamo con malcelata impazienza le repliche triviali sui crimini del «socialismo reale» e sulla mancanza di alternative alla «società industriale» cui si opporrebbe il luddismo dei giovani: qualcuno si potrà incaricare di illustrare i crimini del capitalismo reale e la totale mancanza di razionalità della sua economia «industriale» che sta cessando di essere un'economia e di essere industriale. È verissimo. al fondo dell'Arena sta la questione sociale. Il PCI il 3 giugno ha dimostrato nelle cifre quello che già prima si era visto nella qualità del suo rapporto con le nuove generazioni. Ma quello che sfugge ai nostri osservatori imparziali è che non soltanto il PCI, ma quasi tutte le altre istituzioni della politica e della cultura riscuotono la fervida indifferenza delle nuove generazioni. A loro sembra che, dal momento che i giovani non si curano di quello che loro vorrebbero. allora non si curano di nulla. Non è un caso che la stampa già «extraparlamentare». con Loua Continua alla testa. ha validamente gareggiato con la stampa «borghese» in sottili distinguo. sciocchezze spicciole e accurate analisi del «ruolo del morto> nella riuscita del concerto (come metro di bassezza si prenda Fabrizio Zampa sul Messaggero del 16giugno). I gruppettari. con le loro problematizzazioni inconcludenti. hanno dimostrato di essere forse i più infastiditi da simili eventi che sfuggono sistematicamente al loro controllo. mentale prima che politico. Essi sono in prima fila nel gridare al «riflusso> perché non possono ammettere flussi che non passino per i loro filtri. Capire è la parola che più ricorre negli articoli e nelle lettere che continuano ad apparire sulla loro stampa. ma più si sforzano e meno capiscono. La critica della cultura e dell'ideologia che ora affiora alla superficie colpisce il loro ruolo di gestori dell'ideologia e della cultura «per giovani>. La «burocrazia diffusa> inventata da gruppettari e autonomi per controllare meglio ciò che non controllavano più come burocrazia dichiarata non serve a molto. Vorrebbero «servire il movimento>. ma il movimento si serve da solo. Chi vede in tutto ciò solo anarchia e irrazionalità scopre a sue spese la razionalità storica di questo processo. Segnaldi alle' d,fgria lternativa Bruno Brancher Disamori Milano, Squilibri Ed., 1977 pp. 98, lire 2.000 Enzo G. Bla... bla... di rivoluzione quasi fantapolitica nel XXVIU secolo Milano, Libro Poppy, 1978 pp. 170, lire 2.800 Maria Marino Non sparate sul pianista Pavia, Ed. Libro libero, 1978 pp. 123, lire 2.000 Piera Oppezzo Minuto per minuto Milano, La Tartaruga, 1978 pp. 117, lire 3.000 Marco Ercolani Le mani e la follia Centro Grafico Sant'Olcese «Il Torchio», 1979 pp. 86, lire 1.000 e 'è un sentiero che a un certo punto si biforca; può essere utile imboccarlo prima della biforcazione, risalendo per un attimo agli anni Settanta: allora le caseeditrici più avvertite crearono collane di testi «irregolari», documenti di vita o testimonianze sociali, i cui autori, estranei al sistema letterario, offrivano gli esiti di una propria singolare esperienza; erano pastori, operai in fabbrica, emigranti, detenuti, drogati, donne del Sud, ecc. Ecco la collana «Franchi narratori» di Feltrinelli, che metteva e continua a mettere il lettore a contatto abbastanza diretto con le realtà regionali, i diversi strati sociali, le condizioni di questo nostro paese che vanno sempre al dilà di ogni pur vivace immaginazione (il trentesimo volume della collana. Vittorio Borelli, Diario di un militante. è fresco di stampa). Così Einaudi offriva in due bei libri del 1973 e 1975 le esperienze di forzato e di contrabbandiere di Aldo Pomini, e De Donato negli anni Settanta quelle pugliesi di un emigrante (Marco Di Mauro) e di una tarantata (Annabella Rossi). Questi prodotti, rilevanti inprospettiva antropologico-sociologica, a volte anche belle sorprese per il critico letterario. sono passati per i canali del normale circuito editoriale, donde la loro brava etichetta pubblicitaria di «letteratura selvaggia» o «emarginata». hanno richiamato e richiamano su di sé in particolare l'interesse dei sociologi della letteratura e dei linguisti. questi ultimi volti alla affannosa ricerca di primi vagiti sintattici del nuovo «italiano popolare». Naturalmente non è di questi testi che qui ci si vuole occupare. ma di altri che una frequente disattenzione accomuna ai precedenti. benché le due serie non abbiano quasi niente in comune. E non Io hanno perché a un certo momento (anni 1977-1978) qualcosa di nuovo è accaduto, per cui il sentiero delle testimonianze è giunto a biforcarsi; sul nuovo tracciato, ecco i testi che ci interessano. Ne abbiamo scelti cinque per il pacchetto bibliografico, ma ne potevamo mettere una trentina, alcuni già esposti alla mostra dell'editoria alternativa di Piacenza nel 1978; sia detto subito che il tipo di prodotto, dalla liberissima vita, non è di facile enumerazione e che spesso può anche toccargli una caducità finale, esito di cui gli autori non paiono preoccuparsi. Ci domandiamo: c'è qualcosa che accomuna veramente questi libretti? Qualcosa che suggerisca l'idea di un fenomeno culturale nuovo, di un segnale luminoso a intermittenza, traducibile in messaggio? Direi proprio di sl. Partiamo dall'esterno: li riunisce in primo luogo una certa tipologia comunicativa, che investe l'emittente, la sede di stampa, il canale distributivo, il destinatario. Si tratta infatti di testi scritti da giovani e giovanissimi, pubblicati da un'editoria alternativa a quella ufficiale per consapevole scelta degli autori stessi. A volte il rifiuto delle sedi ufficiali di stampa è precisamente e insistentemente denunciato; ad esempio, in copertina al «Libro Poppy» di Enzo G. si legge: «su questo libro Mondad'ori e simili non possono mettere le grinfie». La «Poppy-bastardi carta stampata» è una cooperativa. si definisce «non-casa editrice». ma «modo di incontro» culturale nuovo e democratico; stampa anche una rivista/ Promessi Poppy (si apprezzi la figura della traductio o gioco di parole su uno dei titoli più illustri della nostra letteratura); orbene, il numero O della rivista, dal titolo Storie, storielle, storiacce quasi normali da cani bastardi, informa nel quarto di copertina: «Ovviamente, muovendoci fuori e contro il sistema editoriale in mano a quelli, possiamo contare prevalentemente sulla diffusione diretta> e segue l'indirizzo della cooperativa. Sono in genere sedi di edizione: tipografie, centri grafici, dove il testo è composto e litografato, editrici di gruppo quali «Edizioni Squilibri», «La Tartaruga», ecc. Dunque, editoria alternativa significa anche, mirabilmente, editoria 'povera'. La distribuzione ha luogo in librerie esse pure in certo senso alternative e povere, frequentate da giovani, studenti e no, che sono in effetti i destinatari designati dei libretti come pure dei numerosi fogli e periodici in ciclostilo ivi diffusi: fogli che compaiono e spariscono, nascono e muoiono, come i fiori di prato alla periferia di Milano; qualcuno però lo si trova sempre. Da ogni grande città, ma anche dal fondo remoto di parecchie città di provincia, giungono luci e segnali di questi centri di distribuzione del 'diverso', che si possono collegare, in una visione trasversale del fenomeno, ad alcune radio libere, a spettacoli para teatrali e a riunioni di gruppo o di gruppi. La maggior parte della gente non si è accorta di nulla, naturalmente, come nel Xli secolo ben pochi degli intellettuali formatisi entro i modelli della cultura allora egemone, la feudale, si resero conto di una dicotomia, cioè divisione, biforcazione che si stava producendo fra i testi della cultura ufficiale e le manifestazioni svariate del diverso, del trasgressivo, di cui si facevano portatori i derici vaganJes ( che va tradotto «intellettuali irrequieti>), gli histriones o attori di un nuovo teatro satirico popolare, gli studenti universitari e la vasta striscia culturale della goliardia. E proprio da ll, invece, a guardare bene la storia, venne fuori a poco a poco la nuova civiltà urbana dei liberi Comuni. A rendere più ardua in ogni epoca la conoscenza dell'operazione culturale trasgressiva, nel medioevo come oggi (pure in termini sociologici e storici diversi), sta il fatto che la società costituita e la sua cultura ufficiale tendono perversamente a quella particolare forma di difesa dei propri modelli e stereotipi culturali che Juri Lotman chiama «l'arma della dimenticanza»: si producono cioè più o meno consciamente dei meccanismi di esclusione, si gestisce un'interdizione del silenzio all'interno degli organi deputati alla comunicazione (mass-media, per esempio). E allora, parliamone di questi testi aperti verso il diverso, il discorde e che. si hadi bene. per lo più non provengono dal «basso>, come quasi tutti i documenti di cui si parlava prima, stampati dall'editoria ufficiale, ma da una sorta di nuovi giovani clerici vagantes (nel senso tutto medievale del termine), che non denunciano una subalternità sociale, bensi un rifiuto sociale di cui si fa simbolo e modello esemplare la vicenda narrata, il testo scritto. Ciò consente di affermare che qualcosa d'altro accomuna i libretti e librettini alternativi, oltre al tipo di emittente, di distribuzione e di destinatario: li accomuna il punto di vista dell'alterità. Donde la presenza di alcune costanti tematiche: 1) si racconta l'esperienza dura di un giovane, uomo o donna; 2) impossibilità interiore ed esteriore per il protagonista, che spesso parla in prima persona, di inserirsi nel contesto socio-tecnologico odierno, di assoggettarsi alla sua quotidiana violenza; 3) ansia di una liberà nuova, intesa come liberazione; 4) incomunicabilità sociale e, quindi, solitudine del giovane, che sfocia in soluzioni alternative (lotta, carcere o droga); 5) costante sogno di una comunità umana diversa, che può a seconda dei testi configurarsi come interminabile utopia o possibilità prossima futura; 6) un finale in cui il protagonista o si libera dalla schiavitù dell'organizzazione capitalisticotecnologica o, nella lotta per raggiungere lo scopo, soccombe: cioè protagonista alla fine o libero o morto: Esempio sottile del primo finale offre il libro di Piera Oppezzo, Minuto per minuto: la protagonista, impiegata in una ditta e inchiodata alla macchina da scrivere, vivesolo nell'incessante attesa della pausa da un lavoro che le si presenta come violenza e distruzione di energie; alla fine, d'un tratto, il coraggio di far piazza pulita, di licenziar- ,i; ecco le parole finali del libro: «Solo una giusta posizione di partenza, prima di prendere lo slancio». Ancora una riflessione di natura generale sul corpus o insieme dei testi, e quindi anche sugliesemplari qui scelti a rappresentarlo: nella prospettiva <lei sistema letterario, e quindi dei generi, i testi occupano un'area che va <laidocumento al diario, al racconto; si oscilla, inoltre, tra la funzione esclusivamente socio-ideologica, che meriterebbe un approfondimento semiotico 4ui impossibile per limiti di spazio, e un'incidenza della letterarietà con gradazioni varie di livello artistico. Si è preferito scegliere, ovviamente, dei libretti leggibili 'anche' in chiave di prodotti letterari o almeno di una suggestiva autenticità: segni, presagi di possibili nuovi destini. n punto di vista dell'alterità, cioè di 4ualcosa che è e vuole essere trasgres- ~ivo,alternativo, produce una struttura di drammaùzzazione che è comune ai cinque libretti, e in più una nozione <lipersonaggio protagonista come individualità necessariamente in antitesi

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