circolo VIZIOSO che hanno abitato, e tuttora abitano, anche in Italia, e ognuno badando agli affari propri, i mercanti-editori, i produttori-autori e i critici-mediatori anche «di sinistra» o «organici» o semplicemente «democratici» ( 9). I problemi socio-culturali generali, che ne discendono, rimangono in ogni caso quelli estesamente posti già negli anni Quaranta da Horkheimer e Adorno. (10 ) La cultura di sinistra e lo «specifico» Dai numerosi e giusti rilievi di merito politico-culturale che nello studio esaminato di Ferretti sono presenti, se ne conclude- come Ferretti lamenta e come già molti a sinistra del P.C.l. hanno sempre ritenuto - che rispetto alla razionalizzazione e concentrazione capitalistica dell'industria editoriale italiana tra gli anni Cinquanta e Settanta e ai suoi effetti, la critica letteraria e la politica culturale in generale di sinistra non hanno svolto alcuna reale o efficace funzione antagonista. Di molti limiti e carenze Ferretti mostra critica consapevolezza. Ma non si domanda, ripeto, quali ne siano state le ragioni di fondo. E cioè non esamina le conseguenze culturali estese e profonde delle irreversibili scelte ideologiche e culturali, politiche e sociali di inserimento nel sistema dato - inserimento variamente motivato ma in realtà semplicemente difensivo e insieme competitivo - operate ca monte» dalla sinistra italiana «storica» sin dagli anni Quaranta. Non discuto, in questa sede, quelle scelte; dico soltanto che i problemi politico-culturali e letterari specifici, considerati per se stessi, irrelati rispetto a tutto il resto, non si chiariscono mai. Anzi, oggi, si deve dire che in realtà, nella razionalizzazione e modernizzazione capitalistica dell'industria editoriale italiana, la cultura di sinistra che ha avuto corso ufficiale come tale in questi decenni trascorsi è stata la punta ideologica e la forza sociale più avanzata, con funzione di amministrazione, di potere e di mediazione del consenso. Nel «mercato delle lettere» la cultura di sinistra alla quale mi riferisco ha assolto e assolve tuttora una funzione decisiva, mercenaria e subalterna in definitiva, benché anche di potere, con effetti Lf:llere (a cura di Antonio Porta) La posta che finora arriva a Alfabeta può essere cosi classificata: a. Lettere polemico-tecniche, cioè attinenti ad argomenti trattati dal nostro giornale, e tra le quali avete avuto già modo di leggere quelle di Mengaldo o di Pestalozza, per esempio. Si tratta di precisazioni e chiarimenti o di espressioni di netto dissenso. Cerchiamo, a questo proposito, di evitare repliche da parte nostra: è un costume diffuso che non ci piace. Non vogliamo tenere il coltello dalla parte del manico a tutti i costi. Il nostro è un giornale di confronti. b. Articoli scritti con molta buona volontà secondo il nostro stile. Occorre precisare che se è vero che quanto si pubblica sul giornale viene prima discusso alla redazione che «commissiona» gli articoli, è altrettanto vero che potrebbe succedere di passare un articolo arrivato con la posta. c. Racconti. Alcuni sono belli ma non abbiamo ancora deciso se pubblicare narrativa o no. Per il momento siamo per il no. Anche per questioni di spazio. Si vedrà. d. Poesie. Alcune le abbiamo ritenute da pubblicare: è il caso di Cervellino, che nessuno di noi conosce né ha mai visto. Altre abbiamo pensato di pubblicarle, com'è il caso di questo numero. nel.laposta, perché si tratta, a nostro parere, di poesie fortemente comunicative, che prendono decisamente il posto della tradizionale lettera. Poesie invece che lettere: ne arrivano molte. Non tutte comunicano qualcosa. Tutte vengono lette, come ogni altro scritto, con attenzione. ErrataCorrige Ci scusiamo di alcune inesattezze tipografiche nel n. 3/4, tutte lievi e non inequivocaboli fuorché nell'articolo a p. 9 di Eleonora Fiorani Leonetti Nuova sinistra e classici, dove l'ultimo disastrosi ai quali dovrà porre riparo un'altra e differente cultura di sinistra ... Senza tener conto di tutto ciò, l'enfatizzazione delle differenze di ideologia tra una casa editrice e l'altra, o del diverso valore politico-culturale tra singole personalità letterarie, risulta retorica e favorisce il perdurare di decennali equivoci dei quali occorre finalmente sbarazzarsi. E, sempre a proposito di facili equivoci, occorre dire che riguardo alla sostanza radicale dei problemi in questione, che un libro letterario-culturale o di altro genere «serio» sia venduto al supermarket cooperativo o nei banchi-libri dei Festivals de «l'Unità» piuttosto che nella libreria solita non cambia quasi nulla, mentre invece comporta una espansione del mercato a tutto beneficio dell'industria culturale e dell'autore bestseller fabbricato, che si guadagna la sua merda per vivere ... Ora, nella crisi ideologico-culturale (a parte il resto) che il paese vive in questi anni, è forse venuto il momento di domandarsi, con spirito autocritico ben più profondo di quello che Ferretti pur mostra, quanto la cultura di sinistra solita in questo trentennio abbia contribuito a mantenere il provincialismo dispettoso della cultura italiana in generale pur entro uno sviluppo capitalistico pieno della produzione e distribuzione di cultura e informazione e verità sociale d'ogni genere. Il fatto è - e sia detto senza mezzi termini - che, parallelamente allo sviluppo capitalistico dell'industria culturale in senso lato e internamente ad esso, negli anni Cinquanta e Sessanta, la cultura di sinistra solita in Italia si è formata e costituita come un vero e proprio apparato sociale di potere e di pressione: con sue specifiche funzioni rispetto al mercato e al sistema politico, con suoi privilegi, con un suo mercato specifico e una sua gerarchizzazione (nel mercato, nell'accademia, nell'industria editoriale}. Esso, dovendo far fronte a poca e debole concorrenza altrui, nella produzione, nella gestione e nell'amministrazione della cultura italiana in generale ha fatto il bello e il cattivo tempo, e i risultati ne sono stati nefandi in ogni campo e per la sinistra stessa. capoverso non va riferito a L. Geymonat ma deve essere collocato come terminale nella colonna 2 della stessa pagina relativa ad un libro di FerrajoliZolo. Lettera a Umberto Eco Egregio Signor Eco, ho letto il suo articolo del mese di maggio e mi permetto di scriverle. Mi perdoni se il mio modo di esprimermi non le sembrerà molto chiaro, se le parole non saranno scritte e usate nel modo più giusto, ma mi comprenda perché so che può farlo. Sono una casalinga con tre figli di 18 - 16 - 13 anni. Mio padre insegnante di latino e greco perseguitato dal fasciuo finì a Mathausen e tornò a casa per morire. Finché visse lui la mia preparazione fu quella delle sue fiabe meravigliose tratte dai racconti mitologici, sfogliavo libri d'arte e imparavo a riconoscere statue e quadri, imparavo a conoscere tante cose senza stancarmi perché vedevo solo bello. Morto lui a scuola ci andai ma non imparai nulla e non compresi nulla. Lavorai trovando comprensione e solidarietà, ciò di cui avevo bisogno. Poi i miei figli, il mio cercare di crescerli liberi e il mio profondo desiderio che andassero a scuola (per imparare a conoscere e scoprire). Ecco di nuovo il mio incontro col potere, infido, inutile, cattivo. Un piccolo liceo di una piccola città dove insegnanti cresciuti al tempo del fascismo, non sanno insegnare altro che quello che hanno imparato in un periodo squallido e crudele. La selezione è ilmetro per fare di questa scuola una buonascuola. lvotisono 7+, 3-. I miei figli a cui avevo regalato tanti libri e che amavano leggere non aprono più libri, la paura del voto, la gara vince, il migliore spirige a tradirsi tra ragazzi. Non creda che parli come la volpe che non può prendere l'uva, poiché i miei figli vanno avanti, ma stanchi, annoiati, delusi. I loro professori hanno potere, il po1eredi distruggere per lo meno per un po' il loro sapere e la loro curiosità. Perché le dico queste cose, perché uomini come lei dovrebbero davvero fare qualcosa. Leggo sempre i suoi articoli. E mi sono convinta che lei è onesto. Altri Appurati i procedimenti economicopolitici e gli effetti sociali e culturali specifici di formazione d'una industria capitalistica della produzione intellettuale e artistica (che Ferretti esamina per l'Italia recente) ( 11). si può con tutta tranquillità dire che nelle con.dizioni attuali del nostro paese il «mercato delle lettere» è principalmente costituito dall'intero universo della cultura di sinistra solita, come forza sociale e come gruppo di pressione e di potere gerarchizzato. È infatti il concetto stesso di mercato che, applicato ai problemi che Ferretti esamina, a me pare impropriamente usato, trattandosi di storia culturale esposta con ottica sommariamente sociologica. Nelle recenti e attuali condizioni di sviluppo-crisi (crisi dello sviluppo e sviluppo diversificato nella crisi) del modo di produzione capitalistico anche in Italia, non si dà alcun «mercato delle lettere»: si dà soltanto e per definizione il mercato universale, generale e transnazionale, nel quale entra in circolazione ogni genere di prodotto-merce, sottoponendosi alle leggi e agli sviluppi del mercato generale-universale. E quest'ultimo è l'istituzione pura e 'astrar-· ta' delle leggi e dei comportamenti imperscrittibili del mercato. cioè di ogni valore. Di tale 'universo' del valore di scambio, autore, mercante, critico e lettore sono semplici «rappresentanti» (per dirla con Kraus). Questo - e niente di meno che questo- è il contesto cui Ferretti avrebbe dovuto riferirsi volendo esaminare in esso il destino e la collocazione del testo. E l'altro punto vero è: in questo «contesto» che cos'è il testo? e chi in realtà lo produce? E dunque, ancora una volta: chi fa la letteratura? Ora, come nei suoi studi precedenti, anche nello studio qui esaminato Ferretti assegna un'importanza preminente al problema dello specifico letterario, pur entro un programma di lavoro che si propone di esaminare «il ruolo della critica letteraria ali'interno dell'industria culturale e dell'informazione, e della società nel suo insiene» (p. 209). Che nella situazione ch'egli stesso descrive il famoso «specifico» sia oramai assente o divenuto altro, Ferretti non sospetta. Nella presente situazione noi potremmo. al più. distinguere ancora tra letteratura d'evasione e letteratura d'espressione. avendo. la prima. una utilità edonistica fondata sulla ripetizione. e. la seconda, un'efficacia estetica contro questo mondo. Ma allora nessuna comparazione. neppure per rispetto al «mercato delle lettere». dovrebbe essere legittima tra. poniamo. Cassola e Roversi; e, inoltre, sull'esperienza del Gruppo 63 dovrebbe essere fatto ben altro e più approfondito ragionamento che non la semplice analisi delle «due anime» (una di sinistra e una di destra) del Gruppo 63 medesimo, inteso pur sempre, nel suo insieme, come semplice epifenomeno della modernizzazione dell'industria culturale italiana degli anni Sessanta. Ciò che Ferretti non sospetta è che quelle che egli stesso descrive nel suo studio sono precisamente le condizioni entro le quali la letteratura-espressione in quanto funzione estetica tende a scomparire, sono cioè le condizioni della inesorabile degradazione dello «specifico». A tale proposito devo dire a mio avviso che il recente rifiorire della poesia, magari giovanile e marginale, o viene ben compreso come sintomo di qualcosa d'altro (e non mi risulta che nessuno ci abbia provato, tranne, in parte, i critici di «Ombre Rosse»), oppure si deve tentare di normalizzare il fenomeno (e mi pare che ci provi lucidamente Gramigna sul n. 1 di Alfabeta). Lo specifico letterario è sempre stato un rapporto reale tra gli uomini ( 12); ora invece è un semplice rapporto di valore ( 13); cioè, per dirla marxianamente, ora è un rapporto tra uomini mediato dalle cose. In definitiva, dal punto di vista del valore d'uso la letteratura - sempre nelle condizioni che Ferretti descrive - scompare, mentre dal punto di vista del valore di scambio essa invece prospera. La contraddizione da studiare è tutta qui; ed in essa è lo «specifico», attualmente. Note ( 1) Suciòcfr. specialmentei due capitoli del libro compresifra p. 166 e p. 184. ( 2) Le rareeccezionisonostateesaminate da Ferretti a suo modo in L'autocritica dell'intellettuale, Padova, Marsilio, 1970; :na più a fondosvolsel'esameR. Luperini intelletuali hanno tradito il desiderio Per queste ragioni mi permetto di dei poveri di cultura, hanno tradito le scrivere ad Alfabeta e rifiuto di interlomamme come me. Io credo che anche il quire su un'esposizione incivile quale potere delle mamme sia grande, per quella fatta da Lorenzo Berni su Panoquesto il communismo ha perso in que- rama e anche con una chiassata inopste elezioni, per aver tradito ogni nostra portuna e fuori dal seminato quale speranza. appare l'articolo di Zevi sull'Espresso, Anche i suoi intelletuali si sono ac- dove vengono definiti colti, oggetti comodatinelloropiccolopotere,senza prodotti negli anni '50, che tutt'al più più girarsi. Pasolini è morto, ed era coi sono rappresentativi della sottocultura poveri, quanti ne sono rimasti. progettuale ed industriale iJaliana, in Mi perdoni e mi comprenda, se mi riJardo di trent'anni su quella europea risponde sul giornale non pubblichi il (basta fare i confronti trale sedi esposte mio nome. Saluti. e premiate in quegli anni con quelle t----------------f progettate da Mies, Le Corbusier, Lettera di Stefano Vallin di Rovigo Tante persone che abitano in tanti luoghi. Le comunicazioni tra loro non sono possibili, tutti sono isolati in case nelle quali arrivano libri e giornali da tutto il mondo (i vocabolari, come si sa, non mancano). Essi vogliono comunicare, ma non possono. Breuer negli anni '20). Dove si comprende che ancora oggi a distanza di ben 34 anni riemerge che il «culturale» è rappresentato dalla piaga della resistenzae non anche da ciò che è stato detto o fatto nel e dal '68 ad oggi. Con maggior dispiacere rifiuto anche di rispondere al pezzo di Gregotti sulla Repubblica del 23 giugno. Quel Gregotti che sul n. 2 di Alfabeta aveva fatto, nell'articolo Progettazione è una parola, una così lucida esposizione delle malattie che stanno distruggendo i progettisti italiani, e che non ha voluto cogliere nella mostra Design e Design il più che dignitoso lavoro, quasi di massa, svolto dai designers (cosa che non si può dire certo per l'architettura). Ma invece vorrei rispondere a Pedio, il quale correttamente dice che lagiuria è stata nominata da Mari, il quale Mari ________________ .,. conosce perfettamente il pensiero di Lettera a Gianni Sassi Dorjles, di Morello ed il mio, e conosce Allora cosa fanno? decidono di scrivere tutti usando il codice comune ad una casella postale che raccoglie, impagina, stampa e ridistribuisce il tutto ai miuenti con qualche copia in più in visione a coloro che, invidiosi, con mille lire vogliono diventare come loro, ma sono destinati a rimanere sempre al di qua. Alfabeta è forse questo? di Angelo Cortesi anche la logica culturale dell'ICSID (è Caro Sassi, Mi perme//o di disturbarti con questa mia letteraperché sei l'unico che conosco personalmente della redazione di Alfabeta, e con l'occasione mi complimento per la lezione di stile giornalistico che il tuo giornale sta dando, nello squallido panorama dell'informazione in Italia. Lezione confermata anche dallo splendido articolo apparso sul n. 3 dal titolo Con passo D'Oro a firma di Renato Pedio, che considero l'unico documento serio apparso su/l'argomento, dove con una lecita ottica -diparte vengono spiegati i fatti ed il loro susseguirsi nel tempo. l'associazione che riunisce le associazioni di design di tutto il mondo) di cui Soloviev (URSS) è ilpresidente e Pu/os (USA) è il vicepresidente. Ora io domando a Pedio, cosa avrebbe dovuto fare questa giuria di fronte a 1200 voci di prodotto, 500 delle quali almeno di ottimo livello? Avrebbe dovuto ripremiare solo i soliti sette o otto personaggi (Mari compreso) i quali hanno potuto scremare nel panorama nazionale ed internazionale le migliori e più qualificate aziende e con esse arricchirsi? Questo secondo Pedio sarebbe stato il grande atto di rivoluzione culturale? Oppure dal momento che esistono e che non sono stati loro a decidere di negliscrittiraccoltiora in Marxismoe intellettuali, Padova,Marsilio,1974. 3) Cfr. specialmenteil suo scritto Sopra l'avanguardia nella rivista«IlVerri»n. 11/ 1963:poi in Ideologiae linguaggio. Milano. Feltrinelli. 1965. ( 4) Cfr. G. Scalia La forza-lavorointellettuale. nella rivista «Classe e Stato», n. 1/1965;ora in DeAnarchia, Roma.Savelli. 1977. E un'ottima rassegna critica degli studi sullaproletarizzazionedei lavoratori intellettualie tecnicinel capitalismomaturo con riferimentoal casoitaliano, è contenuta nel cap. V di F. Barbano, Classi e strutturasociale in Italia. Studi e ricerche 1955-1975. Editoriale Valentino, 1976. ( 5) S. PicconeStella, Intellettualei capitale nella società italiana del dopoguerra, Bari, De Donato, 1972. ( 6)Tranne chesullarivista«Chefare?».e cfr. di essa specialmentei nn. 1/1967. 41 1968 e 1011972. (7) Su tali processicfr. «Le Monde diplomatique», Dossier O, L'Informazione accentrata, Torino, Rosenberg & Sellier, 1978;e, ingenerale,A. Mattelan, Multinazionali e comunicazionidi massa, Roma, Editori Riuniti, 1977. ( 8) Di tali rapponi Fe"rrettiesamina,ad esempio, il caso Morante, E mi domando per quale ragione, in contrapposto, non esaminiilcasodi autoricomeEmilioVillae MarioDiaconoche risultanoassaipiù emblematiciche non l'episodio delle poesie ciclostilatedi Roversi. Ma la ragione è semplice,pressola criticaletterariadi sinistra ilpoetaRoversi è moltopiùaccreditato dei poeti Villae Diacono. ( 9) In ciò sta pure il metodo d'analisi propostoda Ferretti nel suo studio, e che, nel dibattito italiano,dobbiamoessenzialmentea G. Scalia:cfr. scrittisuoiin «Perla critica»,specialmenten. 111973,e inoltre Prefazionea L'avanguardiadopola rivoluzione, quaderno 1 di «Per la critica», Roma, Savelli,1976,e Aperturasull'avanguardia inAA. VV., Nichilismoe imperialismo, Verona, Benani, 1978. ( 10 ) Il capitolocheessidedicanoall'industria culturale è in Dialetticadell'illuminismo, Torino, Einaudi, 1966. ( 11) Ma per un inquadramentogenerale del problemacfr. Horkheimere Adorno, op. cit.; C. Caudwell,saggiosuD. H. Lawrence in La fine di una cultura, Torino, Einaudi, 1949e 1976;K.Teige, Il mercato dell'arte, Torino, Einaudi, 1973. ( 12) Tale rappono - sul qualesi fondava la nozione di impegno - era decifrato e spiegatodal Sanre del 1947 in Checos'èla letteratura?, Milano,Il Saggiatore,1960. ( 13) R2.ppono,cioè, mediato dalla merce-libro;e come tale «mediazione»avvenga spiegautilmentein terminisemiotici U. Eco in Lectorinfabula, Milano,Bompiani, 1979. rifare il Compasso d'Oro, ma da esso sono stati sollecitati, era giusto come la giuria ha fatto, riconoscere che altri stanno lavorando seriamente anche se non per le multinazionali? E personalmente, dato che io sono il 'socialdemocratico' che ha progettato il citato Compasso d'Oro sulla scuola con le Regioni nel 1976, momento in cui a questo organismo viene dato potere, anno in cui vengono attuati i decentramenti scolastici, si parla di riconversione produttiva, risulta clamorosa la differenza tra qualità dei beni di consumo privato e servizi pubblici; che cosa ho fatto secondo Pedio, se non pensare ad una collocazione anche per gli studenti della scuola di Roma? Certo ho compiuto il delitto dell' ingenuità. Cordiali saluti. Lettera e poesia di Marina Pizzi di Roma .(nata il 5/5/1955) Una sola poesia vi mando sperando, le altre riempiono le attese capestro di chiuse riviste. E questo solo perché non conoscono il mio viso. La storia dell'intriso sigaretto Manuel, il poeta demerito e appestato, conciava nervi di sillogi domenicanti il dolore al futuro antonomastico di Questi cimbali neri. Pernottava i suoi riccioli sull'asfalto chierico del mondo starnutante l'osceniià in fronzoli dell'abbellanle. Brucava faine domestiche all'intreccio del sole con la Luna naufragante l'intendimento ali'abbraccio. Con mano sciamana frusciava sottane fra molli pilastri salpando all'america: lo strabocco la palpebra fulminava. Al cielo stradato in gnomico bitume, si stetle poi con madonnine anonime. ,,
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