Alfabeta - anno I - n. 5 - settembre 1979

oO -. corpo sociale» (Lyotard). Proprio aprendosi incondizionatamente al «suono sconvolgente della materia» (Artaud), è possibile invece alle musiche creative coniugare insieme trasformazione del linguaggio e trasformazione dell'esistenza. Sempre più profondamente, nel corso delle stagioni recenti, si è prodotta una straordinaria cospirazione di strutture musicali, strutture interiori di chi crea musica, strutture collettive, sociali e metropolitane. La natura molecolare e interstiziale della nuova musica è in questo senso il corrispettivo delle forme di vita dei grandi agglomerati urbani e delle tensioni che li attraversano. D'altra parte, la ricomposizione dell'universo sonoro oltre la sua compartimentazione in stili e generi fissi è la casella nuova che viene a scompaginare la scacchiera dei ruoli nell'ordinamento sociale (e questa medesima tendenza mi sembra stagliarsi anche sul terreno cinematografico, dove, da Jean-Luc Godard a Wim Wenders a Jon Jost, la molteplicità delle forme linguistiche afferma un'economia di desiderio irriducibilmente trasformativa). Guardando a fondo e senza inibizioni negli occhi della possibilità incondizionata, la musica prefigura dunque altri universi possibili e inceppa cosi i congegni di dissuasione impliciti nella norma stilistica. Reclamando il dispiego totale delle risorse creative - mente. corpo. inconscio. memoria. desideri, molteplicità interiori, relazioni, percezioni ... - essa incarna nel musicista il prototipo di una nuova figura di intellettuale come «uomo che ha bisogno di una totalità di manifestazioni di vita umane, uomo in cui la sua propria realizzazione esiste come necessità interna, come ~isogno> (Karl Marx). È in questa duplice pratica di ricomposizione - ricomposizione del linguaggio, ricomposizione delle risorse creative umane: ricomposizioni che modellano la naturalezza originaria su forme nuove, corrispondenti alle nuove forme dell'esistenza - che la musica sembra dunque dar corpo oggi a quella funzione anticipatrice e profetica che le è peculiare. Discog,af"iaminima della nuova musica Anthony Braxton: Creative Orchestra, Arista, 1976 John Cage: John Cage, Cramps, 1974 Company: 5-6-7, lncus, 1977 Brian Eno: Discreet Music, Obscure, 1974 Mauricio Kagel: Ludwig Van, Deutsche Grammophon Joan La Barbara: Tapesongs, Chiaroscuro, 1977 George Lewis: George Lewis - Douglas Ewart, Black Saint, 1978 Meredith Monk: The Key, Lovely Music, 1977 Musica Elettronica Viva: United Patchwork, Horo, 1977 Steve Reich: Music for 18Musicians, Ecm, 1978 Leo Smith: Divine Love, Ecm, 1978 Demetrio Stratos: Cantare la Voce, Cramps, 1978 Richard Teitelbaum: Time Zones, Arista, 1976 Robert Wyatt: The End of an Ear, Cbs, 1971 Vari: No New York, Antilles, 1978 USA, cine1ggd'artista L a domanda che più frequentemente è stata rivolta dai cineasti e dai critici a Milano, è stata questa: «Che ne è del nuovo cinema americano?». Chi ricorda le manifestazioni del 1967 intuisce che qualcosa è cambiato e che forse questo cambiamento non è del tutto positivo. È difficile rispondere a questa domanda, perché si riferisce ad un grande fenomeno nazionale, che riassume in sé più di un decennio. Per poter rispondere in modo esauriente, dovrò descrivere brevemente la storia del cinema americano d'avanguardia. Da quando è nato il cinema ci sono sempre stati in America film-makers indipendenti. Proprio dopo la seconda guerra mondiale, nel periodo in cui ci fu in America una rinascita spontanea nel campo della pittura, della danza e della poesia, quei film-makers, che avevano lavorato sempre indipendenti. cominciarono a considerarsi un gruppo. Uso questo termine con molta perplessità, perché una vera storia sociologica del cinema americano d'avanguardia dovrebbe essere la storia di un continuo e mutevole dibattito su questo termine inesatto «gruppo» di film-makers. Gran parte del merito di aver creato un'idea di unità tra questi film-makers dovrebbe andare a Maya Deren. I suoi primi film, prodotti proprio prima e dopo la fine della guerra, furono di grande ispirazione per parecchi giovani, fortemente appassionati dall'idea di fare del cinema: Kenneth Anger. Gregory Markopoulos, e Curtis Harrington avevano meno di vent'anni, quando videro i suoi film. Già nel 1950 ognuno di loro aveva prodotto parecchi film in proprio, soprattutto a Los Angeles. A San Francisco. nello stesso periodo, James Broughton e Sidney Peterson lavorarono insieme al loro primo film, prima di farne parecchi altri da soli. Mentre tutti questi film-makers studiavano le possibilità del cinema di rappresentare l'inconscio. il mondo dei sogni e i meandri della problematica della sessualità. altri film-makers in California rinnovavano il loro entusiasmo per il cinema grafico astratto. Un fenomeno simile, ma in qualche modo meno intenso si era avuto a New York. quando Maya Deren si trasferl là da Los Angeles alla fine degli anni '40. Tutta questa produzione cinematografica - è chiaro - molto doveva al cinema surrealista e dadaista degli anni ·20. I film di Léger. Duchamp. Man Ray. Buiìel ed altri erano nuovamente a disposizione delle sale americane. grazie alla distribuzione delle pellicole a 16 mm da parte del museo d'arte moderna. La giovane generazione di film-makers non era affatto inibita a trattare questo genere di film. sebbene esso non avesse avuto nessuna incidenza nel decennio precedente. li cinema d'avanguardia era quasi scomparso negli anni "30. Quando riapparve negli Stati Uniti dopo la guerra lo fece con molto maggiore forza d'urto di quanta ne avesse avuto inizialmente. Si deve ricordare che i primi registi d'avanguardia italiani, francesi e tedeschi erano prima di tutto artisti plastici. Difficilmente il cinema era il loro principale interesse. Facevano un film o forse alcuni film e poi si dedicavano alla pittura o alla scultura. I nuovi filmmakers americani volevano essere soltanto o almeno soprattutto cineasti. Maya Deren stessa fu molto polemica riguardo a ciò. Scrisse pure articoli teorici e pratici sul modo di fare film. Viveva in grande povertà. La maggior parte della sua produzione cinematografica si basava soprattutto sulle sue profonde letture. Essa creò anche una fondazione per sovvenzionare la produzione cinematografica d'avanguardia (The Creative Film Foundation), ma non riusci mai a raccogliere abbastanza fondi. Nel 1961 mori per emorragia cerebrale, dopo aver terminato soltanto sei film. 11 boom produttivo cinematografico in California e a New York negli anni '40 si deve alla fondazione di due società cinematografiche: l'Art in Cinema a S. Francisco e Cinema 16 a New York. Cinema 16distribul i nuovi film anche alle università e ai cineclub. Lo sviluppo, durante la guerra, della tecnologia a 16 mm e il conseguente uso che ne fece la TV furono altri importanti fattori nella crescita del cinema americano a circuito indipendente. Un film a 16 mm non solo era meno costoso di uno a 35 mm, ma era anche più facile da girare. Tutti i più importanti film-makers d'avanguardia degli anni '20 avevano bisogno di assistenza tecnica per i loro film a 35 mm. La nuova generazione avrebbe potuto far tutto da sola con una attrezzatura portatile. li termine «Cinema 16» esprime appunto questa rivoluzione tecnologica; proprio il formato del film (16 mm) finiva per divenire sinonimo della libertà che il regista poteva avere. La proiezione e la diffusione di questi film erano in gran parte limitate a poche grandi città. I cineasti non potevano né vivere né far film con i pochi soldi che realizzavano con queste proiezioni. li rallentamento che ci fu nella produzione cinematografica degli anni 'SO era un esplicito risultato della mancanza di fondi e del fatto che con i ricavi di un film non si riusciva a realizzare il necessario per finanziare il successivo. Quando Jonas Mekas arrivò negli Stati Uniti. come apolide della Lituania. cominciava a svanire lo slancio iniziale del cinema americano d'avanguardia. La sua rivista Film Cuhure. che usci per la prima volta nel 1955. entrò in contrasto dialettico con la nuova generazione di cineasti. Sebbene Mekas sostenesse in maniera ferma l'idea di un cinema non commerciale. fu sempre restio ad appoggiare il lavoro di questi produttori. on era ancora il 1961 quando formò il New American Cinema Group per riconfermare il ruolo del film-maker indipendente. Mekas anticipò allora qualcosa di completamente differente da ciò che sarebbe in seguito accaduto. Infatti pensava che un nuovo cinema americano intellettuale a 35 mm non sarebbe sorto in America come equivalente della Nouvelle Vague francese. Aveva alquanto sottovalutato l'influenza delle tradizioni dei luoghi d'origine. Uno dei compiti più importanti del gruppo NAC era quello di essere una cooperativa di distribuzione. La cooperativa di film-makers era appena sorta da meno di un anno quando passò completamente nelle mani delle prime avanguardie. Invece di diventare il centro di una nuova generazione di produttori di lungometraggi, che avrebbe dovuto includere Mekas e suo frate!Jo Adolfas, divenne il luogo d'incontro dove Anger, Brakhage, Markopoulos ed altri contemporanei di Maya Deren cercavano di diffondere i film che facevano da quindici anni. La morte improvvisa ed inaspettata di Maya Deren scosse molti film-makers. Fu proprio dopo il suo funerale, che Brakhage, Markopoulos e parecchi altri film-makers iniziarono a discutere con Mekas sui possibili modi di superare la loro situazione disperata. Mekas diede il suo pieno appoggio. La rubrica, in cui scriveva, sul Village Voice diventò la critica settimanale più influente sui film del circuito indipendente. Dedicò inoltre la maggior parte della rivista Film Culture agli scritti dell'avanguardia e ai saggi critici sui loro film. L a nuova cooperativa, rafforzata dalla pubblicità del giornale di Mekas, aumentò gradualmente le entrate, Le riviste e i giornali più importanti si interessarono improvvisamente a questo cinema, quando portarono la loro attenzione sulla maniera esplicita di rappresentare la sessualità. Questo nuovo interesse fu più negativo che costruttivo. Il tema sessuale non era mai stato l'argomento di punta del cineasta d'avanguardia americano. Nella sua ricerca di libertà artistica non aveva avuto alcuna inibizione nell'includere anche la sfera sessuale. La nuova attenzione della stampa popolare ingrandl e pubblicizzò questo aspetto aldilà di ogni aspettativa. Creò l'immagine di un 'gruppo' molto più monolitico ed integrato di quanto effettivamente fosse. Oltre a questo incubo della pubblicità, un processo pubblico per impedire la proiezione del film di Jack Smith Flaming Creatures ed anche la decisione del polemico artista pop Andy Warhol di dedicarsi più alla produzione cinematografica che alla pittura. ne intensificarono gli equivoci. Le sottigliezze grafiche di quei filmmakers che lavoravano ai margini dell'animazione passarono inosservate a causa della grossolana generalizzazione della stampa popolare. In questo periodo Robert Breer era tornato in America dopo molti anni. durante i quali aveva realizzato film da solo in Francia. Harry Smith aveva ultimato un film animato in modo molto complesso, al quale lavorava da anni. Jordan Belson ritornò a far film dopo un'interruzione di parecchi anni. Ci fu quindi un forte rinnovamento nel cinema grafico in quel momento, sebbene il peso de!Japubblicità cadesse sugli aspetti più sensazionali del lavoro di altri film-makers. Fu allora che Jonas Mekas ed io organizzammo la prima mostra internazionale del nuovo cinema americano. Nel 1963 e 1964 questa mostra fu portata in tutta Europa per presentare la produzione americana all'inizio degli anni '60 e per correggere i giudizi distorti della stampa popolare. In Italia questa mostra potè essere presentata solo al Festival di Porretta Terme. In Francia, Germania ed Inghilterra fu di grande ispirazione per la nuova generazione di film-makers, che fondò parecchie cooperative di distribuzione europee negli anni immediatamente successivi. Alcuni cineasti europei, che emersero da quel momento, si sono lamentati, perché gli Americani non hanno ricambiato abbastanza l'accoglienza favorevole ed hanno ignorato i loro film. All'inizio degli anni '70 molto dell'entusiasmo che aveva accompagnato il nuovo cinema americano sembrò invece riversarsi principalmente sulle produzioni provenienti dalla Germania e dall'Inghilterra e in minor misura dall'Olanda, Italia e Svezia. Peter Kubelka, il film-maker austriaco, che aveva ricevuto un'accoglienza più calorosa in America rispetto a tutti gli alri dell'avanguardia europea (in Europa è stato il primo in ordine di tempo) è stato sempre contrario ai termini generalizzanti come «avanguardia>, «sperimentale>, «underground>, ecc. A suo parere, i film realizzati come prodotti artistici senza il grande apporto di un'industria sono semplicemente film 'normali'. I film-makers recano un danno a se stessi, egli crede, quando si chiudono in un ghetto con le parole tipo «avanguardia», come se sperimentassero forme che potrebbero confluire più tardi nel cinema di mercato. In America nell'ultimo decennio il ruolo del cineasta si è profondamente 'normalizzato'. N egli ultimi anni il film-maker è diventato un membro accettato della comunità artistica. La maggior parte dei più importanti registiproduttori in America si guadagnano da vivere insegnando nelle università. Tutti i quattro rappresentanti invitati al Cineclub Brera (Robert Breer, Marjorie Keller, Sandy Moore e P. Adams Sitney) insegnano nelle università degli Stati Uniti. In questo periodo il governo americano ha promosso la creazione di un istituto. chiamato «The National Endowment for the Arts». che ha sovvenzionato direttamente alcuni film-makers. ma più generosamente ha dato fondi ad un gran numero di centri provinciali. che a turno invitano i cineasti a proiettare i loro film. Ci sono importanti centri che operano a Pittsburgh. Boston. Chicago, Boulder, Portland, Minneapolis. Philadelphia, ecc. L'inserimento dei film-makers neUe università associato alla crescita di questi centri locali ha effettivamente decentralizzato la produzione cinematografica americana. In nessun senso si potrebbe più dire del «gruppo> che lavora in questi giorni a New York o a S. Francisco. Resta ancora da vedere se questa situazione porterà o meno come risultato ad accademizzare la produzione cinematografica. È comunque certo che è diventato più facile per la generazione di film-makers che si imposero tra il '45 e il '63 continuare il loro lavoro. Di contro è diventato sempre più difficile per i giovani film-makers difendere la loro individualità e definire il loro stile in questo clima. Questa situazione è rappresentata direttamente nena rassegna dei film, che è stata proiettata al Centro Internazionale di Brera (Cineclub Brera) nel mese di maggio. Nel 1968 Jonas Mekas, Peter Kubelka; Jerome Hill, Stan Brakhage, James Broughton, Ken Kelman ed io fondammo l' Anthology Film Archives. Compito di questo istituto era queUo di selezionare il meglio del film d'avanguardia, presentare un repertorio continuativo e conservare i più importanti lavori del cinema d'avanguardia; ciò specie per il cinema americano. Naturalmente il problema deUa selezione dei filmdi questo repertorio sollevò molte controversie. L'istituzione di un archivio coincise storicamente con la nascita della critica della cultura storica e della ricerca sul cinema d'avanguardia. Un numero di film precedentemente ignorati sono stati oggetto di nuova attenzione e parecchi giudizi sono stati rivisti. U na cronologia lineare ha poco a che fare con il movimento reale e l'impetuosità della storia del cinema, che può essere tanto complessa ed intricata quanto la rappresentazione del tempo stesso nei film. Uno dei più importanti contributi 'moderni' al cinema americano indipendente fu dato dalla prima presentazione al pubblico dei film di Joseph Comell, la cui fama rimane legata ai suoi coUages pittorici surrealistici e alle sue «scatole d'ombra» piuttosto che ai suoi film, che prima erano sconosciuti. Ma il cinema ha sempre influenzato molto l'arte pittorica di Comell. Fin dall'inizio degli anni '30 egli fu un accanito collezionista di film; le immagini delle stelle di Hollywood appaiono nelle sue «scatole d'ombra>; scrisse anche film fantastici. che non furono mai realizzati. All'inizio degli anni '30 ristampò la copia di un film di Hollywood sulla giungla, East of Borneo, e lo mostrò ad un gruppo di artisti nella galleria di Julien Levy. Salvador Dalì diventò furioso e si comportò molto male a quella prima, apparentemente perché avvertì che Cornell aveva usurpato il suo ruolo di surrealista, che faceva anche film. Cornell non rispose alle provocazioni e non condivise mai

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