Alfabeta - anno I - n. 5 - settembre 1979

Il sounddegll.,janni '80 Jean François Lyotard A partireda Marx e Freud Milano, Multhipla, 1979 pp. 260, lire 6.000 Anthony Braxton For Foor Orchestras Arista, 1978 Brian Eno Music for Airports Ambient, 1978 David Tudor Micropbone Cramps, 1978 S e la Music for Airports di Brian Eno risuonasse nelle sale di Linate; se Microphone di David Tudor si propagasse sui convogli e alle stazioni della metropolitana; se dal palco di un comizio sindacale a Mirafiori si irradiassero le Four Orchestras di Anthony Braxton; allora Jean François Lyotard vedrebbe soddisfatto il desiderio che lo muove quando sostiene che «non basta che un avvenimento sia avvenimento nel suo campo, bisogna ora che il campo stesso diventi avvenimento». Perché «mostrare la censura del pathos e del logos all'interno dei luoghi istituiti per l'ascolto è accettare la censura del desiderio nella distribuzione dei ruoli sociali, è mantenere la decostruzione al suo posto autorizzato». Sgretolare il muro del suono delle segregazioni, dunque; smagliare il vischioso reticolo dei limiti. Su questo percorso lastricato di potenzialità senza fondo si sta producendo una rigogliosa effusione di flussi creativi, che vanno mutando profondamente il paesaggio e gli orizzonti dell'universo sonoro. Il senso di questa corrente espansiva è duplice: per una sconcertante schizofrenia, infatti, la più prefiguratrice delle forme espressive è ancora sotto l'effetto di un antico letargo. Mentre giunge a incrinare la separazione del campo musicale. alla nuova ondata trasformatrice tocca così simultaneamente divincolarsi dalla stretta asfissiante della separazione nel campo musicale. Nell'ordine dell'abitudine la musica viene infatti autoritariamente ed arbitrariamente smistata in generi delimitati da rigidi posti di blocco. Complice di questo artificio dispotico è quel dispositivo di occlusione di ogni soffio vitale che è la critica, che proprio attraverso l'arte di sezionare perpetua il proprio potere di sanzionare (di tutto questo in Lyotard non si trova traccia: prima ancora che per quanto scrive, Lyotard va dunque letto per il fatto stesso di citare insieme Luciano Berio e Frank Zappa, di scrivere ad un tempo di musica come di cinema come di pittura, e di non incanalarsi nemmeno nell'alveo dell'estetica). Gravide di palpitanti intuizioni linguistiche, aperte alla sfrenatezza della possibilità, desiderose di scandagliare se stesse oltre ogni identità fissa, le nuove tendenze non possono sottostare ancora all'ordine dei limiti territoriali. naturalmente. Alla domanda dove sta andando la musica, la risposta può dunque finalmente essere che sta andando dappertutto. Non c'è scorcio dell'universo che queste musiche-con le quali «quel che è in causa non è una significazione, ma un'energetica» • (Lyotard) - siano disposte a precludersi. Sotto la spinta prorompente di questa voglia d'ubiquità, il tappo dei generi non può che saltare. Prende dunque corpo quello che Daniel Charles definisce «l'allontanamento da ogni tentativo di centralità». li sistema nucleare degli stili deflagra. Fino a tempi recenti infatti (fatta luminosa eccezione per John Cage). nessuna innovazione di linguaggio. sostituendosi al predominio di altri stili. aveva resistito oltre un certo limite alla tentazione di fondare se stessa come norma ulteriore. cristallizzandosi in un codice di regole fisse. Incurante di ogni stile, la nuova efflorescenza è dunque assolutamente refrattaria a farsi essa stessa stile. «Scelgo di partire da venti o trenta posti in una volta e di sviluppare ognuno di essi» spiega Anthony Braxton. E sulle ali di questa sensibilità polimorfa, la musica sta vivendo in queste stagioni una proliferazione incontrollata di forme. Alla molarità delle condensazioni stilistiche, le nuove costellazioni vanno sostituendo la propria illimitata molecolarità._ Scaturendo da sorgenti altre fra loro, questi flussi creativi scoprono dunque su questa frequenza liberatoria le proprie affinità elettive. Anthony Braxton, George Lewis, Leo Smith, Roscoe Mitchell districano l'espressione nera-americana dai grumi di un 'identità fissa e sbizzarriscono la sua naturale tensione trasformativa verso un'inaudita molteplicità formale e pulsionale. John Cage, David Tudor, Mauricio Kagel, Steve Reich, Peter Gordon, Demetrio Stratos, Richard Teitelbaum scrostano ogni residuo di accademismo da un'area contemporanea ed elettronica già da tempo presa a miriadizzare i propri itinerari. Brian Eno, Robert Wyatt, Robert Fripp e l'ala più sperimentale del rock dell'eccesso {Mars, Dna, Teenage Jesus) introducono sulla scacchiera piatta del pop l'imprevedibile casella della chance, trasfigurandone finalmente i connotati. Derek Bailey, Evan Parker, Han Bennink schiudono alla musica improvvisata europea la prospettiva di un'identità non più subalterna. Joan La Barbara, Jeanne Lee, Patty Waters, Meredith Monk, il Femminist Improvising Group suscitano gli splendidi germogli di un'espressività femminile autonoma. S ull'onda di queste correnti multiformi, la musica sperimenta ogni più impercettibile sfumatura di quell'arcobaleno che unisce realtà del linguaggio e linguaggio della realtà. Si profonde dunque simultaneamente su diverse linee di scorrimento: 1) musiche che dilatano i confini delle proprie fonti originarie. Patti Smith, Velvet Underground, Jimi Hendrix, Art Ensemble of Chicago, Ceci) Taylor. Albert Ayler. Giacinto Scelsi Morton Feldman ... Il processo di trasformazione del linguaggio rimane all'interno di un'unica costellazione. Qui «è il linguaggio a fissare i limiti. ma è ancora esso a oltrepassare i limiti e a restituirli all'equivalenza infinita di un divenire illimitato» (Gilles Deleuze); 2) musiche che ricompongono l'universo sonoro. Anthony Braxton, Richard Teitelbaum, George Lewis, Musica Elettronica Viva, Company, Robert Wyatt, Eno ... Osmosi di flussi formali diversi. Riunificazione trasversale dello spazio musicale. Se, come arguisce Deleuze, «il problema dei recinti presuppone innanzitutto l'esistenza di uno spazio libero», qui, appunto, la musica smette di costeggiare 'assumendolo come unità di misura', il limite dei recinti, e si slancia a sperimentare la vertigine degli spazi liberi; 3) musiche che connettono con altri emisferi espressivi. Meredith Monk con il teatro. Merce Cunningham, Sun Ra, Jeanne Lee con la danza. Patti Smith con la poesia. L'Art Ensemble of Chicago con le sue maschere e il suo uso totale dello spazio scenico. Il desiderio espressivo eccede il territorio musicale e si propaga a linguaggi di diversa natura. Anche qui si manifesta dunque una spasmodica tensione a ricomporre: 4) musiche che si combinano con le forme dell'esistenza. John Cage e la grande rivoluzione copernicana prodotta attraverso il piccolo gesto di rovesciare il microfono per dare la parola all'angolo della quinta strada come anche a boschi e treni (su questa medesima lunghezza d'onda, Anthony Braxton ha appena creato una composizione per quattro camion). David Tudor, Brian Eno e le loro musiche per ambienti. La funzione squisitamente vitale dell'espressione neraamericana. Dove la musica circola nelle vene della vita e in esse immette la linfa della propria energia inventiva. L ungo ciascuna di queste piste, si dispiega la rigogliosa tendenza alla ricomposizione, contro ogni logica di separazione, di cui la musica è impregnata. Far musica è dunque dipanare un flusso sempre aperto e sospeso, sempre suscettibile di nuovi mutamenti. È dare respiro alla forma e forma al respiro, sbarazzandosi di ogni sorta di censure e rimozioni. La musica viene cosi ad affermare un'economia di desiderio brulicante di intensità trasformative, tutta protesa a mutare, insieme con le forme del proprio linguaggio, quelle della percezione e dell'immaginario. Quanto più le correnti della ricomposizione distendono il proprio respiro, tanto più rivelano la deperibilità di quelle lingue ancora attestate sulla vischiosa linea dei limiti. L'ironia, la trasgressione, la dissacrazione (tratti somatici caratteristici della nebulosa rock come anche della scena radicale europea) più che in virtù di una propria autonomia espressiva spiccano infatti ancora in rapporto al limite da cui deviano, appaiono inestricabili da esso. Sempre più, cioè, la trasgressione dei limiti si accascia sul limite della trasgressione. Alla liberazione dello spazio musicale dal dominio dei confini, i flussi creativi accoppiano la velocità spasmodica dei ritmi di trasformazione. Come scrivono Deleuze e Guattari «la musica non ha mai cessato di far passare le sue linee di fuga come altrettante molteplicità di trasformazione: anche rovesciando i propri codici che la strutturano e la arborificano». Quando cioè ancora l'inchiostro r.on è asciutto sulle effusioni creative recenti, per le nuove musiche è già tempo di altre sperimentazioni, di altre scoperte. E questa sensibilità parossistica per la forma, questa velocificazione dei ritmi di trasformazione del linguaggio, scongiurano da scorie e stratificazioni, non consentono che la polvere sollevata torni a depositarsi. Dovunque il movimento creativo si propaga su questi ritmi, qui la musica non si richiude su se stessa, non dà luogo alla propria rappresentazione. E oggi, da Cage a Braxton a Eno, è questo il ritmo organico della musica. Se così non fosse, se cioè tanta totalità e urgenza non scaturissero da un'esigenza vitale, da un impulso interiore, ' mai si sarebbe prodotta una così lussureggiante proliferazione di forme. Quando infatti il problema della ricomposizione della musica si è posto a partire da considerazioni meramente intellettuali o grammaticali, il linguaggio non è mai decollato da terra e mai si è proiettato oltre orizzonti davvero angusti. È il caso del gelido connubio fra jazz e classica consumato nella provettadel thirdstream; è ilcasodella sventurata fusione fra rock e jazz, lobotomizzata per arroganti assilli mercantili; è il caso, ancora, dei troppi pasticci gastronomici - da Eisler fino a Rock in Opposition, per non parlare che dei piatti meno indigesti- cotti sul fuoco del realismo socialista. Manca a queste musiche, come mancherà eternamente a. ogni linguaggio che non nasca da desideri espressivi assolutamente illimitati, la capacità di percepire «ogni rumore come suono: il rumore del corpo e i rumori inascoltati del

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