Schtroumpf,&~Dnrdang Peyo Dpuffissimo- L'uovo dei pufli - L'•ppreodista puffo - I pufli neri Frrenze, Salani, 1979 quattro volumi lire 3.500 cadauno D ovuti al genio del disegnatore belga Peyo (la cosiddetta scuola francofona del fumetto è in gran parte belga. basti pensare allo Hergé di Tintin ), gli Schtroumpf- in italiano i Puffi - sono una delle creazioni più graziose e avvincenti del fumetto comico odierno. Già introdotti in Italia dal Corriere dei piccoli, ora vengono pubblicati dall'editore Salani, in albi cartonati, a colori, e a questi primi quattro albi ne seguiranno, per lagioia dei lettori grandi e piccini,altri sei. Dei lettori piccini qui non ci occuperemo: diremo al massimo ai genitori che le storie dei Puffi sono deliziose, fiabesche ma piene di humour, un occhio al fantastico e un occhio ai problemi delrattualità. ben disegnate. comprensibili per tutte le età, e quasi educative. Non c'è purtroppo il sesso, perché i Puffi sono una tribù di nanetti blu tutti maschi (tranne una Puffetta che fa apparizioni occasionali e piuttosto fantasmatiche), tanto che non si capisce come si riproducano. Forse si diventa puffi per cooptazione, come all'università. Ma questo ai piccini non ditelo. Ditegli semmai che se saranno buoni potranno diventare, un giorno, puffi anche loro. È come una comune di autonomi, ma senza giradischi e armi improprie. Un Macondo vero. Un segno dell'età dell'oro, l'Egloga Quarta con un pizzicodi sette nani, ma meno oleosi. Adesso parliamo per i grandi. Perché le storie dei puffi hanno un grande rilievo filosofico. o almeno semiotico. Sono una meditazione pratica sul funzionamento contestuale del linguaggio e non possono che piacere a me che ho appena scritto un libro sull'attività cooperativa nell'interpretazione dei testi. Dunque i puffi vivono nella foresta. sono blu. piccolissimi, di età indefinita. salvo il Gran Puffo, che è vecchio e ha la barba bianca (i puffi vivono in una società gerontocratica perfetta dove tutti sono più o meno infanti e c'è solo un anziano, depositario autoritario ma paterno di tutta la saggezza, compreso il laboratorio alchemico dove distilla filtri ineffabili e segreti). Hanno un nemico, un mago di formato umano (i puffi sono alti come un fungo ben messo). uno stregone cattivo che nella traduzione italiana si chiama Gargamella e che cerca sempre di catturarli e scoprirne i segreti. Tutti i puffi si chiamano Puffo e si assomigliano come gocce d'acqua. Ciascuno è peraltro diverso. c'è il puffo scontento. il puffo secchione con gli occhiali, il puffo goloso. il puffo ambizioso. eccetera. Ma poiché. come si è detto. ogni puffo si chiama Puffo. li si distingue solo dalle azioni che compiono e dalle cose che dicono. Una volta decidono di fare le elezioni (per prendere il potere in assenza del Gran Puffo) e ciascuno vota naturalmente per Puffo. cosi viene eletto Puffo. ma come capita è difficile definire chi sia (anche se un puffo prende poi il potere sugli altri puffi. combinando un sacco di gu-1ie instaurando il culto della personalità). Essi vivono nel paese dei Puffi. nel villaggio Puffo. sotto alla catena dei monti Puffi. vicino al ponte sul fiume Puffo e al lago Puffo. Cosa fanno i Puffi? La domanda mi pare idiota. Naturalmente puffano. tutto il santo puffo. Puffano puffi. si puffano a vicenda. si scambiano puffi. e uno puffa l'altro. Quando uno puffa. gli altri lo puffano. e il puffo che ne segue è di solito molto puffo. Qui ho confuso forse le idee al lettore. perché gli ho dato provocatoriamente una idea del linguaggio puffo. ma non gli ho permesso di capire cosa dicessi. In questo senso non ho parlato in puffo nel modo corretto: perché la qualità del puffo è che lo si capisce benissimo. Anche se-e qui veniamo al punto- in questo linguaggio, ogni volta che è possibile, nomi proprii e comuni. verbi e avverbi vengono sostituiti da coniugazioni e declinazioni della parola «puffo,.. Questo nella traduzione italiana di Josè Pellegrini. Infatti nell'originale francese. i Puffi si chiamano Schtroumpf e schtroumpfano. Si potrebbe dire che ciò cambia molto le cose sul piano fonetico, ed è vero. Ciononostante non è queste il guaio di questa traduzione. peraltro fatta con grazia. È che essa è timida. Pensando che i piccoli lettori non capirebbero bene il linguaggio puffo. Pellegrini riduce le sostituzioni. Puffa meno di quanto dovrebbe schtroumpfare. Diamo subito un esempio. Nella storia Il puffissimo, un puffodecidedi conquistare il potere e inizia una campagna elettorale. Nell'edizione italiana la prima parte del suo discorso suona così: «Domani voi andrete alle urne per puffare il vostro puffo. A chipufferete i vostri voti? A un puffo qualunque che non vede al di là del proprio naso? No! Vi occorre un puffo forte su cui voi possiate puffare senza puffa! E io son quel puffo! Forse qualcuno che stasera non è presente oserà puffare che iovado puffando onori! Ma questo è indegno di un puffo,.. Il testo francese invece suona: «Demain, vous schtroumpferez aux urnes pour schtroumpfer celui qui serà votre schtroumpf! Et à qui allez-vous schtroumpfer votre voix? A un quelconque Schtroumpf qui ne schtroumpfe pas plus loin que le bout de son schtroumpf? Non! Il vous faut un Schtroumpf fort sur qui vous puissiez schtroumpfer! Et je suis ce Schtroumpf! Certains - que je ne schtroumpferai pas ici - schtroumpferont que je ne schtroumpfe que Ics honneurs! Ce n'est pas schtroumpf!,._ Come si vede, undici puffi contro quindici schtroumpf. Ma continuiamo, nella vignetta seguente lo schtroumpf candidato dice: «lo voglio il puffo di tutti e mi pufferò sino alla morte perché la puffa regni tra voi. E quello che io puffo lo pufferò! Puffi, ecco il mio programma. E sono quindi convinto che voterete per me! Viva i puffi! Viva io!,. Il testo francese introduce undici schtroumpf contro i sette puffi dell'italiano. e suona: «C'est votre schtroumpf à tous que je veux et je me schtroumpferai jusqu'à la schtroumpf s'il faut pour que la schtroumpf règne dans nos schtroumpfs! Et ce que je schtroumpfe, je le schtroumpferai! Schtroumpf, voilà ma devise! C'est pourquoi tous ensemble, la schtroumpf dans la schtroumpf, vous voterez pur moi! Vive le pays schtroumpf! Vive moi!». La differenza è notevole. Non solo come sinfonia di starnuti, ma anche perché il discorso francese, pur essendo egualmente comprensibile, crea qualche ambiguità in più e consente il divertimento di interpretare nel modo 'corretto' le schtroumpferie del parlante. Dà più spazio al lettore, e schtroumpfa sino al limite. Che è poi la virtù del linguaggio schtroumpf. Q uanto si è detto consiglierebbe di condurre il nostro discorso suglioriginali. ma tutto sommato possiamo continuare lavorando sulla traduzione. anche perché qualche maledetto schtroumpf mi ha schtroumpfato la mia collezione di Peyo originali. Se lo schtroumpfo. lo schtroumpfo. Ovvero. se lo puffo gli faccio una puffa cosi. ve lo puffo, sulla puffa dei miei puffi. Mi avete capito benissimo. E ciò malgrado il linguaggio puffo sembra mancare di tutti i requisiti necessari a una lingua funzionante. Infatti una lingua tende a crescere elaborando per ogni significato(o se volete, e in questa sede non voglio sottilizzare, per ogni cosa da indicare) un significante, ovvero una espressione identificabile. Quanto più una lingua è duttile, quanti più sinonimi possiede (più parole per una sola cosa), e se conserva degli omonimi (una sola parola per due cose), deve risolvere seri problemi di rappresentazione semantica. Cosi è pur sempre un guaio che da noi la parola «granata» indichi un frutto, una bomba e una scopa, e incidenti del genere complicano i dizionari, che - se sono ben fatti - devono introdurre istruzioni per la disambiguazione. D'altra parte i logici e i filosofi del linguaggio, non sapendo (come è loro costume) definire il significato, tentano sovente di ridurlo alla sinonimia (il significato di «nave» è «battello»). La sinonimia assoluta non esiste, è ovvio (è diverso chiamare il proprio genitore «padre» o «papà») ma, meglio che niente, il test della sinonimia talora serve. Immaginatevi dunque una lingua che non solo non ha sinonimi, ma è fatta di una immensa quantità di omonimi. Certo, dove tutti i termini sono omonimi tutti sono anche sinonimi (nel senso che ogni puffo è chiaramente un puffo). ma come capirsi? Secondo i principi della linguistica tradizionale (o linguisticadella frase) la lingua puffa non dovrebbe permettere la comunicazione tra i membri del gruppo. Follia: i puffi si capiscono benissimo e noi capiamo loro. Questo significa che la lingua puffa risponde alle regole di una linguistica del testo: ogni termine è comprensibile e rapportabile ad altri solo se lo si vede nel contesto e lo si interpreta alla luce del «tema» o topic testuale. Non solo. Noi ci accorgiamo che possiamo comprendere il puffo perché ogni Puffo usa il termine «puffo» e i suoi derivati solo e sempre in quei contesti in cui una frase del genere è già stata pronunciata. «Ho puffato un puffo» rischia di essere incomprensibile, ma «pufferò sino alla morte» e «tutti insieme. la puffa nella puffa» dicono molto bene guel che vogliono dire (o puffare). E questo per il semplice motivo che sono espressioni prefabbricate. La lingua puffa ci insegna che se noi comprendiamo le lingue non-puffe è perché anche queste ultime giocano per la maggior parte non solo su contesti capaci di disambiguare le frasi, ma anche sullo sfondo di una lingua già parlata, e messaggi-tipo già ipercodificati. Infine. se due persone che litigano si dicono «io ti puffo la testa» o «io ti spacco la puffa», noi comprendiamo cosa stanno dicendo perché facciamo ricorso a sceneggiature di azioni che fanno parte della nostra competenza enciclopedica, ovvero del nostro sapere sociale. li Grande Puffo parla in puffo quando descrive le proprie operazioni alchemiche, ma noi lo comprendiamo perché possediamo già sufficiente informazione intertestuale sulle operazioni alchemiche. Tra l'altro, questo fatto ci dice perché queste storie sono buone per i bambini: da un lato essi le capiscono benissimo, perché un bambino parla in puffo, e come avrebbe dovuto dire Freud esclama «puff-puff» quando nasconde e fa riapparire un oggetto per significare presenza e assenza della madre. D'altro lato essi, per capirle meglio, sono costretti a riferirsi alla lingua adulta per disambiguare le espressioni che, per essere disambiguate, richiedono una buona competenza di sceneggiature culturalizzate e di luoghi comuni codificati. D'altra parte noi comprendiamo cosa un puffo dice perché (siccome ci muoviamo in un fumetto) noi vediamo cosa fa. La lingua puffa sarebbe incomprensibile se fosse tutta scritta o tutta parlata, senza riferimento alle immagini. Limite del fumetto? Macché! Una lingua umana è parlata a fumetti. Infatti noi la parliamo nelle circostanze concrete di emissione o di enunciazione. In verità la nostra lingua umana puffa sempre. Noi diciamo «questo» e «quello» e sarebbero espressioni incomprensibili se, nel contesto parlato, o nella circostanza esterna (rinvio alla percezione. a quanto si vede, si tocca o si è visto e toccato prima - o annusato) noi non vedessimo a fumeui quello di cui si parla. (Buona indicazione per i pedagogisti: il fumetto rappresenta una situazione comunicativa molto più affine a quella normale di quanto non riesca a fare un libro tutto scritto: la vita è a fumetti - e anche la semiotica: ogni segno è interpretato da altri segni, e non tutti appartengono allo stesso sistema. il visivosi incrocia con l'auditivo, gli oggetti interagiscono con le parole e se io dico «dammene una» indicando un pacchetto di sigarette. in effetti dico «puffami una puffa», solo che non me ne rendo conto. L'oggettopacchetto è un puffo.) L a lingua puffa è parassitaria rispetto all'italiano (o al francese, o ad altra lingua-base: infatti, e ciò è importante, si può parlare puffo in qualsiasi lingua): dell'italiano assume la maggior parte del lessico e tutta la sintassi. Vi aggiunge una sorta di sotto-lessico molto ristretto, composto della parola «puffo» e delle sue coniugazioni e declinazioni (più tecnicamente: il lessicoè composto di un lessema, «puff», a cui vengono legati vari monemi, anche questi presi a prestito dalla lingua base). Ma questo sottolessico, come si è visto, è talmente omonimico che il suo dizionario si riduce a una sola definizione: «per puffo si intende un puffo che puffa puffamente». Purtuttavia i puffi sono capaci di associare il loro lessema tuttofare a contenuti diversi e a concrete situazioni di riferimento: ma la regola di questa associazione non è stabilita dal lessico, bensi dal contesto, e quindi ilvero significato del termine è il suo uso. I puffi conoscono Wittgenstein, oppure Wittgenstein conosceva i puffi (mi riferisco non tanto al Puffus logico-puf fo quanto alle Ricerche puffe). Da un altro punto di vista (un altro?), i puffi sono fedeli alle ricerche di linguistica testuale e di pragmatica del discorso, per cui ogni testo è una macchina pigra che richiede una attiva cooperazione interpretativa da parte del suo destinatario, chiamato a connettere le porzioni testuali ad altri testi precedenti e presupposti. Si noti che in una storia Gargamella, lo stregone cattivo, che si esprime in buon italiano (o francese), si trasforma per arti magiche in puffo e si reca nel villaggiopuffo per nuocere ai suoi piccoli nemici. Ma deve limitarsi a strisciare lungo i muri senza rispondere a quanto gli viene chiesto perché egli non conosce il linguaggio dei puffi. Come è possibile, se abbiamo visto che la lingua-base è uguale alla sua, e per il resto il lessico ha solo un lessema, riconoscibilissimo?Gargamella conosce lessico e sintassi dei puffi, ma non ne conosce la vera semantica, perché essa è una semantica compromessa con una pragmatica. Potremmo supporre che la regola linguistica dei puffi è: «sostituisci ogni termine della lingua-base con "puffo" quando puoi farlo senza eccessiva ambiguità». E Gargamella non sa quando può farlo. Perché? Perché per poter parlare puffo occorre non solo conoscere la grammatica della lingua-base, ma anche le sue regole (ipercodificate) di intertestualità. Egli non conosce quelle porzioni di lingua già-parlata che permettono ai puffi di puffare quando sullo sfondo della loro .... .... "' .s ~ Cl.. °' " °'
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