aperto da Bobbio nel '76 in Mondo operaio e mira a capovolgere l'assunto bobbiesco. che era «democrazia e socialismo». chiedendosi invece se il capitalismo possa tollerare la democrazia. L'copuscolo marxista» a cui ci riferiamo contiene quattro saggi. di cui uno iniziale firmato da entrambi gli autori. che appunto stiamo citando. su cli caso italiano» (ed uno finale. pure a due. su «marxismo e questione criminale»). Ciò che definisce il caso italiano. nella critica degli autori. è l'unione in corso fra statalismo borghese e statalismo etico-pedagogico e disciplinare di «marca gramsciana». L'attuale involuzione autoritaria. che viene riconosciuta non solo italiana ma propria dello stato tardo-capitalistico. non è dunque riferita a problemi strutturali e socio-economici. quanto piuttosto a problemi istituzionali. e si caratterizza come discorso complesso e nuovo sul potere. Il filo preciso dei saggi è un tentativo di vera e propria correzione del marxismo per la sua «inidoneità scientifica ad analìzzare la fenomenologia del potere politico» (raccogliendo perciò ampiamente le riserve e le modificazioni che attorno alla nozione appunto di «potere» sono state presentate via via). Citiamo con precisione per chiarire questo punto di fondamento della ricerca. nella sua propria argomentazione: «nonostante che il potere borghese sia costantemente e violentemente denunciato nei classici marxisti come una forma di oppressione e di garanzia dello sfruttamento. nessuna attenzione è dedicata al problema della «difesa» del proletariato dal potere borghese. né alla analisi tecnica dei meccanismi attraverso i quali il potere diviene limite. condizionamento e impedimento concreto della libertà sociale e individuale. Nonostante la sua originaria. profonda ispirazione libertaria. la tradizione marxista tende a risolvere interamente l'analisi del potere nel problema della conquista rivoluzionaria del potere» (p. 19). Ferrajoli analizza la trasformazione del sistema rappresentativo (con fitti riferimenti a Offe ed Agnoli. i teorici tedeschi della nuova generazione che sono divenuti internazionalmente noti) esaminando tre livelli del depotenziamento delle sue basi democratiche. Sono questi: 1) la crescente impotenza del «popolo» (o corpo elettorale) nei confronti della rappresentanza politica; 2) la crescente impotenza della rappresentanza politica. e della politica tout court. e parallelamente della legalità. nei confronti degli apparati burocratici dello stato; 3) la subalternità crescente dell'intero apparato statale rispetto alla logica oggettiva e autonoma di sviluppo del capitalismo. proprio per le funzioni essenziali. che l'apparato statale ha. di pianificazione e regolazione interna dell'accumulazione capitalistica. Il giudizio a cui Ferrajoli perviene è il seguente: cnon basta riproporre la vecchia contrapposizione tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta»; «nel contesto del capitalismo maturo il sistema democratico-rappresentativo è solo falsamente democratico ed è sempre meno rappresentativo. e sta d'altro canto rivelandosi[ ...] un gas velenoso per "il fantolino cosi delicato delle libertà civili e politiche"» (quest'ultima è una espressione bobbiesca). Dunque cuna rifondazione realistica della stessa democrazia politica e dei diritti di libertà è possibile solo al difuori del capitalismo e delle strutture burocratiche-rappresentative da esso sviluppate»: con strutture. secondo Ferrajoli. in cui venga meno il «formalismo delle rappresentanze• (p. 63). tutt'uno. s'intende. con la socializzazione dei mezzi di produzione. Per Zolo la crisi si profila ormai «come un elemento interno della gestione tardo-capitalistica dello sviluppo»; e la definisce come elemento cintra-sistemico». in una situazione di complessiva «crisi di legittimazione dello stato uscito dalla resistenza e modelllltndalla costituzionerepubblicana» (p. 73). E Zolo a teorizzare eia funzione rivo I uzionaria di un garantismo tardo-capitalistico». in quanto non si tratterebbe, con esso, di un garantismo «formalistico-difensivo». ma. egli dice, c1J. cuna repllca perllDente. difensiva e offensiva. alla morfologia diffusa e capillare del nuovo dominio e dei suoi apparati di legittimazione» (p. 98): che Zolo marcatamente denuncia come «regressione assolutistica e nuovo feudalesimo istituzionale». Un largo dibattito è stato suscitato da questi problemi. anche con riferimento diretto al lavoro e alla corrente di cui sono ponatori Zolo e Ferrajoli; si tratta infatti di una matrice utile della più sostenuta ed aperta pubblicistica di denuncia negli stessi quotidiani e settimanali italiani. Ci è utile riferirci a una recensione del libro da parte di Augusto Illuminati. apparsa nell'edizione italiana della Monthly Review (febbraio-marzo '79). Il suo giudizio è che gli autori separano la legge - della cui sovranità sono mantenitori - dalla statualità. Ne conseguirebbe un recupero dell'cindividuo astratto» e del «formalismo dell'universalità». Secondo Illuminati gli autori procedono dunque a una nuova fondazione antropologica del marxismo. in cui sostituiscono ai rapporti di produzione eia costituzione trascendentale dei soggetti»; con ciò la loro posizione presenta. accanto al merito di una polemica rivelatrice. un carattere contraddittorio. Precisiamo ora che il nostro punto di vista di recensori non è 'ortodosso' per il fatto che oggi non si sa più che cosa ciò vuol dire; e il mantenimento di principi del leninismo è stato in questi anni assai dubbio; possiamo dire che il nostro punto di vista svolge il leninismo colla nuova analisi. sia economico-sociale che politica. ln tal senso Ferrajoli e Zolo sono oggi interlocutori importanti. E tuttavia viene da essi un azzeramento dei motivi di fondo (nella tradizione anzitutto engelsiana. di cui è critico negativo Zolo con altri lavori. specialmente La teoria comunista dell'estinzione dello stato. Bari. De Donato. 1974) di quella «politica proletaria» che sola inequivocabilmente permette una differenziazione fra l'organizzazione di classe e ogni altro «partito». fra l'analisi basata su un metodo e ogni altra attenzione all'economico-sociale. Geymonat e la critica della tradizione Geymonat si collega ai grandi teorici torinesi. a lungo misconosciuti in Italia. del principio del Novecento. Peano. Vailati. Racconta il suo rapporto con Enriques ed esamina la 'sconfitta' di lui - e della cultura scientifica e anche del materialismo dialettico - difronte all'umanesimo storicistico di Croce e di Gentile. Siamo nel capitolo due. intitolato «Ricette». dell'intervista. che al principio ha posto il problema dell'attuale concezione di «relatività delle conoscenze scientifiche». E negli anni Trenta il giovane Geymonat per «sei mesi» entra alle riunioni del Circolo di Vienna (iniziatore del nepositivismo o empirismo logico) con attenzione particolare per Schlick. Nell'acuta interrogazione dei curatori del libro si fa già fitta ed esauriente la precisazione. pur breve: per esempio sui rapporti fra i viennesi e Wittgenstein; sugli pseudo-problemi dati dal cattivo uso del linguaggioe sulla «coppia linguaggio comune / linguaggio formale» (che non va «intesa in modo rigido» come contrapposizione irriducibile). E ancora: sul valore di «demarcazione» - piuttosto che di significanza -da dare alla famosa proposta di Popper d'impiegare la falsificabilità. invece che la verificabilità. come criterio differenziante fra scienza e pseudoscienza... Ma non si tratta solo di una ricostruzione critica e biografica. per quanto affascinante. Si tratta di un fare i conti. attraversando tutta la tradizione intellettuale e politica italiana. Le «ricette» del titolo a cui accennavamo. poco sopra. sono le scienze. che per Croce erano «ricette di cucina». E non più a Croce ma anzi a Gentile. assai gravemente. Geymonat vuole connettere un influsso sul «marxismo italiano». a partire da Gramsci stesso. nel suo ripensamento coerente di oggi. Il nostro scopo di lettura. qui. è rintracciare ed esporre. in termini informativi e critici iniziali. alcuni recenti apporti politici di Geymonat. orientando il lettore italiano giovane. È noto che Geymonat. attivo con responsabilità diretta nella Resistenza,ha ritrovato e rivalutato nei pieni anni Sessanta (con freschezza anche sul contesto storico-sociale) la posizione di Engels e Lenin. il rapporto fra scienza e marxismo. con rigore nuovo. Si è trattato. per un certo tempo. di una contrapposizione interna allo storicismo dominante nello stesso partito comunista (e ciò figura per esempio in un fascicolo speciale di Critica marxista dove pare che il tema di scienza e marxismo sia svolto da due correnti. con saggi via via alternativi). Ma mentre gli interessi scientifici e quelli politici stanno in lui insieme. col carattere fondativo che la ricerca scientifica ha nel marxismo. viene più di recente ad emergere una radicalizzazione o estremizzazione: come propria di tali interessi correlati nella loro esigenza di globalità. Approfondendo la disanima della posizione di Geymonat. risulta che il suo centro di riflessionefon<l~mentale è la teoria della conoscenza. Da ciò proviene il suo ripetuto intervenire sui rapporti tra filosofia e filosofia della scienza. tra scienza e cultura. E ciò spiega il suo percorso stesso. così scandalosamente «controcorrente». dall'empirismo logico al materialismo dialettico. Portatore critico in Italia delle tematiche neopositivistiche in un clima allora dominato anche in campo marxista dallo storicismo (il «Diamat» ha poco contato). ne ha successivamente indicato i limiti. con proprie ricerche e con la diffusione dei nuovi indirizzi epistemologici. Ci sembra che due temi di differenziazione dall'empirismo logico costituiscano il perno iniziale del lavoro di Geymonat dell'ultimo periodo (che. aperto dalla direzione enciclopedica della Storia del pensiero filosoficoscientiftco» nel '70-'73. ha sviluppo col trattato «Scienza e realismo» del '77. e «Contro il moderatismo». serie polemica del '78, e ora l'attuale intervista). Questi due temi sono: la storicità della scienza. cioè il suo dinamismo processuale. interno e complessivo. con valore teoretico correttivo in Geymonat verso i limiti del convenzionalismo; l'esame del patrimonio tecnico-sperimentale e del suo rapporto con quello teorico. rompendo la dicotomia classica fra tecnica pura e teoria pura. e ponendo l'esigenza d'una considerazione globale della scienza stessa. Alla luce di questa ricerca Geymonat ha ricuperato e rivalorizzato il materialismo dialettico engels-leniniano nel confronto e utilizzodei punti alti dell'epistemologia contemporanea. col sostenere che la conoscenza ha i caratteri. insieme,della oggettività e della relatività. tradizionalmente posti sempre in antitesi. E disarticolando quindi l'oggettività dall'assolutezza e la relatività dal soggettivismo. Di qui il nuovo apparato categoriale che permette il superamento critico del convenzionalismoed è insiemeTelaborazione di una propria proposta nei nodi principali del dibattito marxista e della nuova sinistra: la totalità. la prassi, la dialettica. Le accurate precisazioni attuali che erano già interne alla linea del trattato «Scienzae realismo» risultano qui. nell'intervista. limpidissime a proposito della dialettir,. (che è intesa non più come logica ma come met0do). Citiamo due risposte. «C'è in Mao il definitivo abbandono dello schema triadico. Punto fondamentale della dialettica è la contraddizione». «L'abbandono della tradizione hegeliana è molto più esplicito (che in Lenin). Il processo dialettico che Engels - ancora influenzato da Hegel -vede giungere in fondo ad una conclusione. è per Mao un processo senza fine» (p. 115. subito dopo un accurato rilievo sulle posizioni di Foucault). Si osservi pure come Geymonat, fra gli studiosi del maoismo (Masi. Rossanda. Fortini. Leonetti). si presenta attento soprattutto ai principi e al rapporto fra teoria della conoscenza e complessiva teoria marxista. E tuttavia ladialettica diviene vivamente «generatore di modelli» (p. 122). strumento adeguato alle totalità intese come fluide e contraddittorie: e si tratta di modelli «costruiti localmente allo scopo di scoprire la razionalità di quel particolare caso di mutamento scientifico esaminato» (p. 122). Il prolungamento teorico-politico potenziale. o ben iniziato. con cui oggi Geymonat estremizza il· suo discorso pur mantenendo insieme gli interessi scientifici e politici. mentre si trova ora in questi anni difficili a fare il suo bilancio. risulta già qui. Sul versante storico-critico egli colpisce intanto. nel periodo dalla Resistenza ad oggi, un elemento che altri ha visto come riduttivo o involutivo ed egli invece definisce nettamente nei termini di «moderatismo»; è il classico vizio del potere in Italia ed è il suo obiettivo polemico politico-culturale nella raccolta di scritti che è appunto intitolata Contro il moderatismo (anche nel partito comunista). Ciò che è estremamente singolare in questo passaggio elaborativo in corso - e di cui non si è ancora discusso come occorrerà - è l'intenzione geymonatiana di applicare «l'analisi epistemologica delle strutture formali» all'ordinamento politico-giuridico (cfr. nell'intervista le pp. 124-25). A questo proposito Geymonat osserva: queste ricerche «sono formali. ma non per questo formalistiche»; e va criticato l'atteggiamento frequente presso i marxisti secondo il quale una teoria che non ha «immediato contatto con la realtà» traviserebbe la realtà. La parte finale dell'intervista. con ••1111~~~=::-::::--;~ 1 iii due capitoli che sono significativamente indicati come «Incubi: il ventennio democristiano» e «La lanterna magica: dopo il '68». perviene a una nuova e fermissima caratterizzazione della figura sociale che egli ipotizza come «intellettuale non-conformista», eeludendo ogni regresso all'intellettualedi tipo illuminista e sostenendo «una profonda frattura tra partiti e masse». Si tratta. egli dice. di un problema aperto: ma «non riusciremo mai a risolverlo senza riconoscerlo come tale. chiaramente. spregiudicatamente» (p. 129). Un altro orientamento lucido e utile possiamo ricavarlo da un giudizio espresso in Contro il moderatismo (Milano. Feltrinelli. 1978. p. 215): è nostro compito intervenire. senza mezzi termini. sul divario che continuamente si presenta tra forza e ragione. e sui suoi complessi motivi. combattendoli radicalmente. In particolare ci sembra che non si possa continuare a fraintendere la politica degli attuali partiti comunisti come «marxismo scolastico». E ci sembra che abbia ragione Sebastiano I 1mpanaro (nelle note al suo scritto «Nuova sinistra e regime autoritario». in «Quaderni piacentini». N. 70-71. maggio 1979) a rilevare la presenza <lei«peggiori luoghi comuni antileninisti» e soprattutto a rilevare che è necessario oggi fare i conti rolla questione della dittatura proletaria. non serve esorcizzarla: occorre «far si che !"istanza 'sovietica'. della democrazia consiliare. acquisti tanta forza da impedire la degenerazione della dittatura del proletariato in dittatura sul proletariato». Poiché il vessato problema di socialismo e democrazia si è tanto complicato. anche qui presso Zolo e Ferrajoli. la riprecisazione classica può servire; e. continuando con Timpanaro, «oggi nel capitalismo maturo il potere è molto più ramificato e capillarmente diffuso in tutta la società» ma è sbagliatissimo pensare «che non esista. anche nel capitalismo maturo. un 'punto critico' aldilà del quale la borghesia vede minacciato mortalmente il suo potere. e rompe le regole <leigioco e instaura la sua dittatura».
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