Alfabeta - anno I - n. 1 - maggio 1979

fascista è più di una boutade. è un invito alla confusione. Perché allora il fascismo. essendo dappertutto. in ogni situazione di potere. e in ogni lingua. dall'inizio dei tempi. non sarebbe più da nessuna parte. Se la condizione umana è posta sotto il segno del fascismo. tutti sono fascisti e più nessuno lo è. Col che si vede quanto siano pericolosi gli argomenti demagogici, che vediamo abbondantemente usati a livello giornalistico quotidiano. e senza le finezze di Barthes. che perlomeno sa di usare paradossi e li adopera a fini retorici. Ma più sottile mi sembra il secondo equivoco: la lingua non è ciò in cui il potere si iscrive. Francamente. non ho mai capito il vezzo francese o francesizzante di iscrivere tutto e veder tutto come iscritto: in parole povere. non so bene cosa voglia dire iscriversi. mi pare una di quelle espressioni che risolvono in modo autorevole problemi che non si sanno definire altrimenti. Ma anche a prendere per buona questa espressione. direi che la lingua è il dispositivo attraverso il quale il potere viene iscritto là dove si instaura. Voglio spiegarmi meglio. e per far questo passo al terzo libro del mio pacchetto. l'impegnativo studio di Georges Duby sulla teoria dei tre ordini. D uby parte dagli Stati Generali. all'alba della rivoluzione francese: Clero. Nobiltà e Terzo Stato. E si chiede da dove venga questa teoria (e ideologia) dei tre stati. E la trova in antichissimi testi ecclesiastici di origine carolingia, in cui si parla del popolo di Dio come diviso in tre ordini. o partiti. o livelli: quelli che pregano. quelli che combattono e quelli che lavorano. Un'altra metafora. che circolava in epoca medievale. è quella del gregge: ci sono i pastori, i cani da pastore e le pecore. In altri termini. a dare un'interpretazione tradizionale di questa tripartizione, c'è il clero. che dirige spiritualmente la società. gli uomini d'arme che la proteggono e il popolo che mantiene entrambi. È abbastanza semplice, e basti pensare alla lotta per le investiture e al conflitto tra papato e impero che abbiamo studiato a scuola, per capire di cosa si stia parlando. Mli Duby va al di là dell'interpretazione banale. In più di quattrocento pagine di eccezionale densità, percorrendo le vicende di questa idea del periodo carolingio alla fine del dodicesimo secolo (e per la sola Francia), egli scopre che questo modello di ordinamento della società non è mai uguale a se stesso. Riappare sovente, ma con i termini ordinati diversamente; talvolta assume anziché una forma a triangolo una forma a quattro termini; le parole usate per designare gli uni o gli altri cambiano. talora si parla di milites. talora di pugnatores. talora di cavalieri; talora di clero. talora di monaci; talora di agricoltori. talora di lavoratori tout court. talora di mercanti. È che nel corso di tre secoli avvengono numerose evoluzioni della società europea. e si stabiliscono diversi giochi di alleanze: tra il clero cittadino e i signori feudali. per opprimere il popolo; tra clero e popolo per sottrarsi alle pressioni della classe cavalleresca; tra monaci e signori feudali contro il clero cittadino; tra clero cittadino e monarchie nazionali; tra monarchie nazionali e grandi ordini monastici ... Si potrebbe andare all'infinito, il libro di Duby ci appare come potrebbe apparire a un lettore del tremila uno studio sui rapporti politici tra democrazia cristiana. Stati Uniti. partito comunista e confindustria nel nostro secolo in Italia. Dove ci si accorge ben presto che le cose non sono sempre così chiare. come appaiono. che espressioni canoniche come apertura a sinistra o sviluppo economico assumono significati diversi non dico nel pass:ire da Andreotti a Craxi. ma persino all'interno di un congresso democristiano e nello spazio tra due consultazioni elettorali. Quelle polemiche medievali che ci parevano così chiare. con un gioco delle parti così ben definito. sono invece assai sottili. E si giustifica qui il fatto che il libro di Duby sia così denso. così affascinante e noioso al tempo stesso. così difficile da dipanare. privo di riassunti immediatamente comprensibili: perché esso ci pone di fronte a un flusso di manovre vischiose. Quando il monaco cluniacense parla di divisione tra chierici. cavalieri e contadini. ma sembra agitare il fantasma di una divisione a quattro. aggiungendo a questo asse ternario. che concerne la vita terrena. un asse binario che concerne la vita soprannaturale. e in cui la terna precedente si oppone ai monaci. mediatori con l'aldilà. ecco che il gioco cambia infinitesimalmente e si allude al predominio che gli ordini monastici vogliono prendere sugli altri tre ordini. in cui il clero urbano assume pura funzione vicaria. e il rapporto si pone direttamente tra monasteri e struttura feudale. Accade che ciascuna di queste formule. così simili eppure così diverse. si innervi su una rete di rapporti di forza: i cavalieri saccheggiano le campagne. il popolo cerca un appoggio e cerca di difendere i prodotti della terra. ma tra il popolo già emergono coloro che possiedono del proprio e tendono a volgere la situazione a proprio favore. eccetera eccetera ... Ma questi rapporti di forza rimarrebbero puramente aleatori se non fossero disciplinati da una struttura di potere. che renda tutti consenzienti e disposti a riconoscersi in essa. A questo fine interviene la retorica. ovvero la funzione ordinatrice e modellizzatrice del linguaggio. che con spostamenti infinitesimali d'accento legittima certi rapporti di forza e ne criminalizza altri. L'ideologia prende forma: il potere che ne nasce diventa veramente una rete di consensi che partono dal basso. perché i rapporti di forza sono stati trasformati in rapporti simbolici. S i delinea allora, a questo punto dell~ mia lettur~ ?i testi così diversi. una oppos1z1one tra potere e forza, opposizione che mi pare sia totalmente cancellata nei discorsi che oggi circolano quotidianamente, dalla scuola alla fabbrica al ghetto, sul potere. Lo sappiamo, dal sessantotto a oggi la critica al potere e la sua contestazione si è molto deteriorata, proprio perché si è massificata. Processo inevitabile e non staremo a dire (con bel piglio reazionario) che nel momento in cui un concetto diventa alla portata di tutti si sfalda. e che pertanto esso avrebbe dovuto rimanere alla portata di pochi. Al contrario: è proprio perché doveva diventare alla portata di tutti, ma che diventandolo avrebbe rischiato lo sfaldamento, che diventa importante la critica delle sue degenerazioni. Dunque, nei discorsi politici di massa sul potere si sono avute due fasi equivoche: la prima, ingenua. in cui il potere aveva un centro (il Sistema come signore malvagio coi baffi che manovrava dalla consolle di un calcolatore malefico la perdizione della classe operaia). Questa idea è stata sufficientemente criticata, e la nozione foucaultiana di potere interviene appunto a mostrarne l'ingenuità antropomorfa. Di questa revisione del concetto si può trovar traccia persino nelle contraddizioni interne ai vari gruppi terroristici: tra coloro che vogliono colpire il «cuore» dello Stato a coloro che invece disgregano le maglie del potere alla sua periferia, nei punti che direi «foucaultiani» in cui agisce il secondino, il piccolo commerciante, il capocottimista. Ma più ambigua permane la seconda fase, in cui troppo facilmente si confondono forza e potere. Parlo di «forza» anziché. come mi verrebbe spontaneo. di causalità, per i motivi che vedremo. ma partiamo subito da una nozione abbastanza ingenua di causalità. Ci sono cose che causano altre cose: il fulmine brucia l'albero, il membro maschile insemina l'utero femminile. Questi rapporti non sono reversibili. l'albero non brucia il fulmine, e la donna non insemina l'uomo. Ci sono invece rapporti in cui qualcuno fa fare a qualcun altro delle cose in virtù di un rapporto simbolico: l'uomo stabilisce che in casa i piatti li lava la donna. l'inquisizione stabilisce che chi pratica l'eresia sarà bruciato sul rogo e si arroga il diritto di definire cosa sia eresia. Questi rapporti si basano su una strategia del linguaggio che. riconosciuti labili rapporti di forza. li ha istituzionalizzati simbolicamente. ottenendo il consenso da parte dei dominati. I rapporti simbolici sono reversibili. In principio basta che la donna dica di no all'uomo perché i piatti li debba lavare lui. che gli eretici non riconoscano l'autorità dell'inquisitore perché esso sia bruciato. Naturalmente le cose non sono così semplici e proprio perché il discorso che costituisce•simbolicamente il potere deve fare i conti non con semplici rapporti di causalità ma con complesse interazioni di forze. E tuttavia questa mi pare la differenza tra potere. come fatto simbolico. e causalità pura: il primo è reversibile. in fatto di potere si fanno le rivoluzioni. la seconda è solo contenibile o imbrigliabile. permette delle riforme (invento il parafulmine. la donna decide di usare anticoncezionali. di non avere rapporti sessuali. di averne solo di tipo omosessuale). Il non sapere distinguere tra potere e causalità porta a molti comportamenti politici infantili. Abbiamo detto che le cose non sono così semplici. Sostituiamo alla nozione di causalità (unidirezionale) quella di forza. Una forza si esercita su un'altra forza: esse si compongono in un parallelogramma delle forze. Non si annullano. si compongono secondo una legge. Il gioco tra forze è riformistico: produce compromessi. Ma il gioco non è mai tra due forze. è tra forze innumerevoli. il parallelogramma dà origine a ben più complesse figure multidimensionali. Per decidere quali forze vadano opposte a quali altre, intervengono delle decisioni che non dipendono dal gioco delle forze. ma dal gioco del potere. Si produce un sapere della composizione delle forze. Per tornare a Duby. quando i cavalieri esistono. quando entrano in gioco i mercanti con le loro ricchezze. quando i contadini si muovono migratoriamente verso la città spinti dalle carestie. si ha a che fare con delle forze: la strategia simbolica. la formulazione di convincenti teorie dei tre o dei quattro ordini, e quindi il configurarsi di rapporti di potere. entrano in gioco a definire quali forze dovranno contenere quali altre. e in quale direzione dovranno marciare i parallelogrammi derivanti. Ma nel libro di Duby, almeno per il lettore distratto, il gioco delle forze rischia di scomparire di fronte all'argomento dominante, che è costituito dal risistemarsi continuo delle figure simboliche. Prendiamo allora l'ultimo libro del pacchetto, quello di Howard sulla storia delle armi nell'evoluzione della storia europea. Ne parleremo solo in iscorcio, invitando il lettore a dilettarsi per conto proprio con questo libro affascinante che parte dalle guerre del periodo feudale per arrivare a quelle dell'era nucleare, denso di aneddoti e di scoperte imprevedibili. Nel 1346, a Crecy, Edoardo III introduce, contro la cavalleria nemica, gli arcieri con arco lungo. Questi archi lunghi. che scagliano cinque o sei frecce nel tempo Ruscue Mitd,e/1 /A.t:.U.C.) che una balestra scaricava un solo verrettone. esercitano una forza diversa contro la cavalleria. La sconfiggono. La cavalleria da quel momento è indotti! ad appesantire l'armatura: diventa meno manovrabile. e non serve più nulla quando scende a piedi. La forza del cavaliere armato diventa nulla. Questi sono rapporti di forza. Vi si è. 1\!11im.\ .~-;. n \ v'i'ò)l:,1·, 7 \. I' 1);~-:ll'.\ 1:, alfabeto n.I, maggio 19 9, pagina 4 reagisce cercando di imbrigliare la forza nuova. Si riforma cioè l'intera struttura dell'armata. Per composizioni del genere. la storia d'Europa procede. gli eserciti diventano qualcosa di diverso. Si ricordi il lamento dei paladini ariosteschi sulla feroce cecità dell'archibugio. Ma ecco che i nuovi rapporti di forza. nell'imbrigliarsi a vicenda e nel comporsi. creano una nuova ideologia dell'esercito. e producono nuovi assestamenti simbolici. Qui il libro di Howard sembra procedere inversamente da quello del Duby: dalla forza, indirettamente. alle nuove strutture di potere. mentre l'altro andava dalla formulazione delle immagini del potere ai rapporti di forze nuove e vecchie che vi si sottendevano. M a se non si riflette abbastanza su questa opposizione. si cade in forme di infantilismo politico. Non si dice a una forza «no. non ti obbedisco»; si elaborano tecniche di imbrigliamento. Ma non si reagisce a un rapporto di potere con un mero e immediato atto di forza: il potere è molto più sottile e si avvale di consensi ben più capillari, e rimargina la ferita ricevuta in quel punto, sempre e necessariamente periferico. Per questo si è di solito affascinati dalle grandi rivoluzioni, che appaiono ai posteri effetto di un solo atto di forza il quale. esercitandosi in un punto apparentemente insignificante. fa ruotare l'asse intero di una situazione di potere: la presa della Bastiglia, l'assalto al Palazzo d'inverno. il colpo di mano alla caserma Moncada ... E per questo il rivoluzionario in erba si affanna a riprodurre atti esemplari di questo genere, stupendosi che non riescano. E che l'atto di forza «storico» non era mai atto di forza, ma gesto simbolico, trovata teatrale finale che sanciva, in modo anche scenograficamente pregnante, una crisi di rapporti di potere che si era diffusa e capillarmente. da lungo tempo. E senza la quale il pseudoatto di forza tornerebbe a essere soltanto mero atto di forza, senza potere simbolico, destinato a comporsi in un piccolo parallelogramma locale. Ma come può un potere. che è fatto di una rete di consensi. disgregarsi? È La risposta di Foucault è: «Vorrebbe dire misconoscere il carattere strettamente relazionale dei rapporti di potere. Essi non possono esistere che in funzione di una molteplicità di punti di resistenza. i quali svolgono. nelle relazioni di potere. il ruolo di avversario. di bersaglio. di appoggio. disporgenza per una presa( ...] Non c'è dunque rispetto al potere un luogo del grande Rifiuto - anima della rivolta. focolaio di tutte le ribellioni, legge pura del rivoluzionario. Ma delle resistenze che sono degli esempi di specie: possibili. necessarie. improbabili, spontanee. selvagge, solitarie, concertate. striscianti. violente irriducibili, pronte al compromesso, interessate o sacrificali [... ]I punti. i nodi, i focolai di resistenza sono disseminati con maggiore o minore densità nel tempo e nello spazio, facendo insorgere talvolta gruppi o individui in modo definitivo. accendendo improvvisamente certi punti del corpo, certi momenti della vita. certi tipi di comportamento (...] Molto più spesso si ha a che fare con punti di resistenza mobili e transitori, che introducono in una società separazioni che si spostano, rompendo unità o suscitando raggruppamenti, marcando gli individui stessi, smembrandoli o rimodellandoli( ...]» I n questo senso il potere, in cui si è, vede nascere dal proprio interno la disgregazione dei consensi su cui si basa. Quello che mi preme, nei limiti di questo articolo. è di rilevare l'omologia tra questi processi continui di disgregazione descritti (in forma abbastanza allusiva) da Foucault e la funzione che Barthes assegna alla letteratura all'interno del sistema di potere linguistico. II che ci indurrebbe forse a fare anche qualche riflessione su un certo estetismo della visione foucaultiana, proprio nel momento in cui egli (si veda l'intervista del '77 in appendice al volumetto citato) si pronuncia contro la fine dell'attività dello scrittore e contro la teorizzazione della scrittura come attività eversiva. O a chiederci se Barthes non faccia della letteratura (nel momento in cui dice che è possibilità aperta anche allo scienziato o allo storico) una allegoria delle relazioni di resistenza e critica al potere nell'ambito più vasto della vita sociale. Quello che sembra chiaro è che questa tecnica di opposizione al potere, sempre dall'interno e diffusa, non ha nulla a che vedere con le tecniche di opposizione alla forza, che sono sempre esterne, e puntuali. Le opposizioni alla forza ottengono sempre una risposta immediata, come nell'urto tra due palle di biliardo; quelle al potere ottengono sempre risposte indirette. Proviamo un'allegoria, da bel film americano degli anni Trenta. Nel quartiere cinese una gang mette in opera il racket delle lavanderie. Atti di forza. Si entra. si chiedono i soldi, se la lavanderia non paga si fracassa tutto. II lavandaio può opporre forza a forza: spacca la faccia al gangster. Il risultato è immediato. Sta al gangster esercitare il giorno dopo una forza maggiore. Questo gioco di forze può indurre ad alcune modificazioni di imbrigliamento nella vita del quartiere: porte blindate alle lavanderie, sistemi di allarme. Parafulmini. Ma a poco a poco il clima viene assorbito dagli abitanti del quartiere: i ristoranti chiudono prima, gli abitanti non escono dopo cena. gli altri negozianti ammettono che è ragionevole pagare per non essere disturbati ... Si è instaurato un rapporto di legittimazione del potere dei gangsters, e vi collaborano tutti, anche coloro che vorrebbero un sistema diverso. li potere dei gangsters inizia ora a fondarsi su rapporti simbolici di obbedienza, in cui l'obbediente è tanto responsabile quanto l'obbedito. In qualche modo, ciascuno vi trova il proprio tornaconto. La prima disgregazione del consenso potrebbe venire da un gruppo di giovani che decidono di organizzare ogni sera una festa con mortaretti e draghi di carta. Come atto di forza esso potrebbe forse intralciare il passaggio - o la fuga dei gangsters, ma in tal senso l'azione è minima. Come aspetto di resistenza al potere la festa introduce un elemento di confidenza, che agisce da disgregatore al consenso dettato dalla paura. Il suo risultato non può essere immediato; soprattutto non si avrà risultato se alla festa non corrisponderanno altri atteggiamenti periferici, altri modi di esprimere il «non ci sto». Nel nostro film potrebbe essere il gesto di coraggio del giornalista locale. Ma il processo potrebbe anche abortila domanda che si pone Foucault sempre nella Volontà di sapere: «Bisogna dire che si è necessariamente "dentro" il potere. che non gli si "sfugge", che non c'è. rispetto a esso, un'esteriorità assoluta. perché si sarebbe immancabilmente soggetti alla legge?» A pensarci bene è la constatazione di Barthes quando dice che non si esce mai dal lin_guaggio.

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