Angelo Maria Ricci - Elegie ed epicedi

57 E riheo da' begli occhi il bel sereno De' dì passati, in che per suo diletto Cantava i fiori che invidia n' avieno! Or poichè entrò nel vedovo mio letto Il vivo n1armo _dell'estinta . sposa, E più che il dubitar potèo l'affetto, Parve1ni in giù venir l' Ornhra atnorosa Lungo un raggio di sol calando al })asso, Come favilla cl1e su i fior si posa; E in 1nen cl1e il dico sospirando ( al1i lasso!) Trasfonùersi, e baciar candida al pari, E informar tutto, e irradiar quel sasso. Quindi un' aura passar con1e -pe' rari Boschi soffio cl1e increspa la laguna,. · E fiutando il mio vel tro alzar le na;ri: Che se una spera dell'obliqua luna Dolce penètra nel romito ostello, E iml)ianca il caro sasso all'ora bruna, Tutta mi sembra ri~edere in quello Colei c]Je a fianco n1i dormia talora, Come pallido fior sovra i l I'Uscello. E se un bel raggio della prima aurora Seguendo i plenilunii sereni De' color della vita il marmo in fiora,

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