Angelo Maria Ricci - Elegie ed epicedi

t07 Nè gl ' incresca veder fatto più bello ' Il val or, che s' inaspra al duro stento, E fa talor di se sconcio modello; Chè in poter de' Celesti il rr1ovimento Risponde al muover dell' eterna mente, E bello senza sforzo è l'ardimento. Ma quando la mia tenero-dolente E ·legia giunga alle superne soglie, Ove l'idea della beltà non ;mente ; D 'Ercole chiami la rosata moglie, Chiami la giovinetta Ebe, che in velo D'etere sottilissimo s' avvoglie, E Venere del n ar figlia e del cielo, E le tre Grazie a lei devote ancelle, Che del suo figlio non sentiro il telo ; E dica lor, chia1nando anco le stelle In testimonio de' lamenti suoi , (Che al suo dolor s'accorderanno anch'elle ) Dica umiln1entc: ov' eravate voi Quando morte rapì quei, cl1e sol degno D'alzare i vostri a ltari era fra noi ? E percbè ne formaste il divo ingegno, E percl1è vi tnostraste ~ q~ ello ignude, Tra voi caste arri cl endo al bel disegno ,

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