R. Tremelloni - Il socialismo contro la miseria ; G. Faravelli - Lotta su due fronti e alternativa socialista

tutto in una creacente apropor.tione tra popolazione e ricchezza, in una larga zona di miseria, in sperequazioni gravj tra regioni e claaai sociali, Noi ci troviamo oggi io un Paese che, avendo il 16-170/o della popolazione dell'intera area OECE, ne ha il 70/o del reddito. Il nostro reddito medio individuale è pari a un sesto di quello statunitense, a un quarto di quello inglese, a metà di quello francese. E' un reddito che, dopo di essere rimasto per molti anni al disotto del livello del 1913, ha solo ora raggiunto quel livello. Abbiamo dunque, noi della nostra generazione, la grave colpa di non aver materialmente progredito nella capacità reddituale individuale, mentre nel cinquantennio precedente al 1913 il reddito medio individuale era raddoppiato. Il grosso problema della fissità del reddito individuale durante decenni in cui altri Pacai lo hanno notevolmente elevato denota una struttura produttiva debole. Se esaminiamo il quadro delhi nostra popolazione, ci accorgiamo delle 1ue condizioni io rapporto alla vita produttiva. Abbiamo una popolazione attiva che è in una vercentuale tra le più has,:;e di Euroµ:1. La popolazione inattiva è pari al ~7°io di quell:. totale (in alcune zone come il Mezzogiorno, il 630/o). sono quindi 20 milioni di popolazione potenzialmenlf: attiva che Jevone\ provvedere al mantenimento di altri 26 milioni di 11nità. Un decimo della popolazione potenzialmente attiva è quasi cronic:lmente disoccupato. Agli inizi del secolo avevamo 160 mila disoccuvati; nel primo doi,oguerra giungemmo a quasi un milione; ora siamo sui clue milioni Questa tremenda spropor~ione tra l'aumento del reddito e della ricchezza del PaC8e e l'aumento della popolazion~ è aenza dubbio il fenomeno più grave al quale Jobhiamo porre rimedio. Jl ritmo dell'aumento della occupazione è stato lentissimo nella nostra i-toria unitaria. Nel sessantennio dopo l'unità siamo riusciti aJ occupare circa metà dellR popolazione addizionale; l'altra metà ha dovuto emigrare. (Se non foste avvenuta tale emigrazione, noi dovremmo oggi sfamare non più 46 ma 55 milioni di abitanti). E abbiamo 250 mila giovani che ogni anno si affacciano alle so· glie della vita la\lorativa: ma ai quali la aocietà risponde che - almeno nelle attuali condizioni - solo per un teno di essi è anicurat11 l'occupazione; un altro terzo dovrà emigrare e l"ultimo terzo èlovril provvedere con mestieri di ripiego, o almeno non ha alcuna certezza di sedersi al banchetto comune. Quali sono le condizioni materiali di questa popolazione? Noi dobbiamo porre sotto il focus della lente coprattutto un terzo circa della popolazione, cioè quella parte che potremmo chiamare deg~ economiC'amente deboli. Abbiamo anzitutto un decimo deMa popo• lasione che è in condizioni di indigenza assoluta (circa 4 milioni iacritti nell'elenco dei poveri); abbiamo quattro decimi delle famiglie italiane che hanno un reddito familiare medio inferiore alle mille Z7 B :J oteca Gino Bianco

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