Filippo Turati - Il delitto e la questione sociale

- 102 - Adunque. Quel ricorso di azioni e di reazioni che regge la inconscia natura ed è l'essenza e la condizione d'ogni esistenza e d'ogni sviluppo, e che i metafisici traducono nelle illusioni ormai sfatate del piano preordinato, della Provvidenza, della giustizia divina, ecc., si manifesta, come in ogni altro ordine di fenomeni, anche nella vita sociale. La volontà- cosciente dell'uomo può perturbarlo, falsarne le apparenze, ma non può distruggere le forze che lo muovono, le quali, deviate e compresse, riemergono in mille guise, e soyenti con effetti più deleterii di quelli che si volevano scongiurare. Tutto ciò che l'uomo può fare si è'studiarele leggi di detto ricorso, studiarle ampiamente e profondamente, per mitigarne i cozzi più bruschi, come fa quando guida l'elettricità col parafulmine, frange le correnti, argina i fiumi, ecc.: non però dimenticando che le forze si deviano e si trasformano, ma non si annul-- lano. Se il filo del parafulmine risprigiona la saetta in altri paraggi abitati, in vece di sparpagliarla nel sottosuolo, se l'argine rialza smo-- datamente, mercè i depositi, l'alveo del fiume, quelle provvidenze momentanee torneranno in maggiori disastri. Perciò, in casi dubii o complessi, l'astenersi da perturbazioni violente è il più saggio consiglio. - La inefficacia delle pene è appunto la reazionecon cui la natura delle cose punisce nella Società il delitto dell'iniqua repressione fatta subire al solo delinquente, per misfatti che la soci.età non prevenne e dei quali essa è complice : com~ plicità tant$ più funesta inquantochè a nessuna 81bhOtl-- -•"" Cléll11.,u

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