è: no. La soluzione unitaria fu, nonostante tutto, l'unica al momento realizzabile. <<Al momento realizzabile >>: da questo punto di vista, Cattaneo vive un dramma non diverso da quello mazziniano e dell'intera classe risorgimentale democratica, stretta in una alternativa senza via di uscita. Collaborare con l 'unica forza che disponga di quadri statali - esercito, burocrazia, diplomazia- organizzati ed efficienti, la monarchia piemontese, e rassegnarsi perciò a vedere le proprie principali istanze politiche snaturate o addirittura vanificate. Ovvero rifiutare ogni collaborazione, ma, con ciò stesso, condannarsi ad una impotenza di fatto. Garibaldi, come è noto, scelse la prima strada. Mazzini e Cattaneo, pur con le necessarie oscillazioni che le circostanze richiedevano, la seconda. A guardar bene è una sorta di divisione dei compiti: ché gli uni, saggiamente, badavano a trarre dalla situazione reale il massimo d'utilità possibile, gli altri, altrettanto saggiamente, a non compromettere il futuro. Senonché, nel seno stesso del Partito democratico, la posizione di Cattaneo è del tutto particolare. Priva del fascino mistico, e, apparentemente, della stessa poderosa forza di sintesi della predicazione mazziniana, appoggiata ad una vicenda umana cui il ricordo delle cinque giornate non basta a togliere il carattere di appartata e schiva riflessività, più da studioso che da politico, in nessun modo insomma << profetica >>, la dottrina cattaneana non trova interlocutori validi nel Partito d'azione. Paradossalmente è proprio Cavour che tende l'orecchio ad alcune delle sue formulazioni. Ciò non stupisce se si pensa che liberalismo e fiducia nella forza del progresso sono, nonostante tutto, caratteri comuni al democratico repubblicano come al conservatore monarchico. Senonché lo stesso Cavour, pur di tanto superiore alla classe dirigente che lo esprime e che ha contribuito a formare, non può prescindere dalla situazione di fatto. Non se ne fa, come è logico, nulla. 35
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==