Quaderni di cultura repubblicana

il parere dei moderati, con alla testa il podestà, Gabrio Casati, un primo armistizio di due settimane chiesto da Radetzsky; quindi, il giorno seguente, un secondo, questa volta di tre soli giorni. La proposta di un agente piemontese, perché la città faccia dedizione a Carlo Alberto e ne ottenga in cambio l'aiuto militare, viene ugualmente respinta. Si continua a combattere, finché la sera del 22, l'esercito di Radetzsky, forte di centomila uomini, è costretto ad abbandonare, in piena rotta, Milano. Ma la vittoria, così inaspettatamente e gloriosamente raggiunta, funge proprio da fattore dirompente della fittizia unità dei giorni della rivolta armata. Da una parte ci sono i moderati, gli aristocratici e l'alta borghesia terriera, con Casati alla testa, dichiaratamente filopiemontesi; dall'altra Mazzini e i suoi, anch'essi ostilissimi ai Savoia, ma più possibilisti: disposti cioè a mettere alla prova le intenzioni effettive di Carlo Alberto, salvo poi, una volta che la verifica avesse dato i prevedibili risultati negativi, prendere in mano l 'iniziativa di una nuova azione armata, questa volta democratica e repubblicana, contro l'Austria. La posizione di Cattaneo: nessuna annessione al Piemonte, al contrario, rapida creazione di strutture poli tiche e militari proprie e, solo in segui to, un'alleanza di guerra amiasburgica, ma da pari a pari, finisce per rimanere completamente isolata. I moderati hanno buon gioco ad additarlo come un teorico, un velleitario facinoroso e inconcludente, forse, perfino un agente provocatore austriaco. I mazziniani dal canto loro, pur apprezzandone la statura morale e le doti di capo e di organizzatore, hanno nel massimo sospetto quel federalismo che ad essi ricorda ad ogni passo Gioberti e la intera parte clericale. Del resto lo stesso uomo Mazzini è agli antipodi, come mentalità e comportamento pratico, dell'uomo Cattaneo. Su tutta la situazione sovrasta poi l 'enigma Carlo Alberto: il Carignano dichiara di voler combattere solo per la 8

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