Quaderni di cultura repubblicana

Con le sue sot tili distinzioni e le meditate e approfondite investigazioni dei problemi sociali andò sempre cercando quello che lo dividesse dalle mutevoli e facilmente suggestionabili maggioranze. È facile intuire perché Colajanni preferisse la cattedra, la tribuna parlamentare e il libro al comizio. Era e volle essere un coerente e chiaroveggente demolitore di illusioni, e il comizio serve spesso ad accendere appunto i fuochi di paglia delle illusioni. Professore di statistica all'Università di Napoli, era laureato anche in medicina, e ci teneva a premettere sempre al suo nome e cognome la qualifica di <<dott.>>. Se la medicina è la scienza che studia le cause delle malattie, e quindi i rimedi, anche la sociologia, sperimentalmente coltivata con la guida della statistica, doveva essere per lui la scienza delle cause delle malattie sociali, e quindi dei rimedi. La presenza del medico si avverte sempre nello svolgimento del suo pensiero scientifico e della sua azione politica. Pieno di slancio passionale in ogni atto di fede idealistica, si faceva guardingo, prudente, riservato nella prognosi, si rivelava preciso nella diagnosi, lucidamente convinto e convincente nella indicazione dei rimedi. Era sempre un medico al capezzale di un ammalato, scartando ogni inconsulto ottimismo e dissipando tutte le ombre del pessimismo anticostruttivo. Gli piaceva insomma di <<insegnare », perché il lungo s tudio e il grande amore dei problemi sociali gliene dava il diritto. Nello scrivere preferiva le argomentazioni alle parole, e mostrò qualche volta una scarsa dimesticatezza con le veneri dello stile; perciò mi toccò sorridere cordialmente quando una volta lo sentii dire, con amabile innocenza, che egli era uno dei pochi <<letterati>> italiani invitati a collaborare ad un grande giornale sudamericano. Con la << letteratura>>, se Dio vuole, parente stretta del <<verso che suona, ma non crea», non ebbe proprio nulla a che fare. Il suo sti le era nudo, scarno, asciutto; parlava e scriveva senza enfasi, e il calore della sua emozione si rivelava soltanto con l'improvviso arrossamento del lucido cranio, e un tremito nervoso delle mani, sulle quali si disegnava l'arabesco delle vene turgide, simile a quello delle tempie. Gli occhi vagavano intorno investigativi, dopo di essersi posati, più severi che indulgenti, sul viso attonito dei suoi interlocutori. Occhi ostentatamente grifagni, dietro le lenti accura4

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