Quaderni di cultura repubblicana

L'abolizione del feudalismo aveva deluso le miserrime masse contadine. Il legislatore di allora non comprese che la fine della feuda!ilà non stava tanto nel proclamarla pomposamente, quanto nell'attuarla effettivamente. Avrebbe dovuto e potuto disporre che, all'atto della proclamazione, venisse creato quasi un ordine nuovo completamente diverso dall'antico e nello spirito e nella lettera; ma invece ci si industriò con distinzioni sottili a distruggere il principio nell'atto stesso in cui veniva verbalmente posto. La colpa non fu in verità di Giuseppe Bonaparte, che, come re di Napoli, volle la legge. ma proprio di quella borghesia che l'ottimo sovrano si era proposto di sostituire alla vecchia aristocrazia come instrumentum regni. Ed è qui tutto il gran dramma della storia meridionale. Si volle dai ministri rispettata come proprietà libera tutta la somma dei diritti, rendite, prestazioni, senza distinzione se fossero abusivi ovvero no. Si ebbe scrupolo di attentare al sancta sanctorum della proprietà privata e il feudalesimo, abolito in diritto, sopravvisse alla sua stessa morte e t rovò nei galantuomini una classe più fresca e più energica nella difesa di quel cadavere non del tutto sotterrato. La delusione e il rancore delle classi diseredate non poteva non manifestarsi clamorosamente, tanto più che, dopo la legge eversiva della feudalità, tutti avevano sperato di poter divenire proprietari e di vedere appagata la fame di terra e di giustizia. Invece proprio allora cominciarono le grandi usurpazioni di terre da parte della nuova borghesia agraria: si arrivò sino all'accumulo di duemila ettari nelle mani di un solo proprietario; la mesta sequenza con cui Plinio indicò l'inizio della crisi del vecchio Impero Romano poteva ancora ripetersi, forse con maggiore amarezza: latijundia Italiam perdidere. Il demanio, che era di tutti, e specialmente dei poveri, fu assorbito e dilapidato da usurai, mercant i, banchieri. speculatori, legulei. " paglietta " di ogni genere, massari arricchiti e gretti in danno dei poveri contadini e braccianti, che si videro contrastati e negati anche quegli usi civici antichissimi che i feudatari accordavano. 22

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