Una città - anno V - n. 44 - ottobre 1995

midollo spinale, che è il primo relais di computer che percepisce l'evento, si instaura un percorso, che è del tipo: segnale, segnale doloroso, risposta di difesa. Automantenendo i I segnale. i I cerveIlo e quindi il midollo spinale, il sistema nervoso. cioè, diventa plastico, non è più rigido, aumenta le percezioni perché mette a disposizione delI' evento un insieme di campi che vengono come ammorbiditi. come invitati a capire un segnale che prima per loro non era attivo. Così la seconda volta avrai a disposizione più radio-trasmittenti che trasmettono il segnalee te lo amplificano nel cervello con un meccanismo che aumenta il riconoscimento degli eventi. Il cervello che, a quel punto. ricono. ce tutti i segnali come veri, ha delle risposte. che devono essere conseguenti all'evento. Ma se la risposta non può esserepiù conseguente,perché nelr ambiente non esiste più la ferita cicatrizzata. ma deriva dal suo interno, pian piano la capacità di inibire diventa minore. perché non può produrre sempre un'inibizione sovraliminare. Quindi il soggetto diventa un soggetto che al minimo sfioramento avverte dolore. diventa un soggetto depresso.Anche qui c·è un meccanismo biologico importantissimo ed interessante. che riguarda le morfine endogene, che, teniamolo presente. sono statescoperte solo nel 1973. quindi molto recentemente. Allora, il soggetto diventa depresso perché di fronte al dolore i circuiti delle morfine, vere e proprie tappe nel cervello per ridurre le percezioni esterne. agiscono aumentando la produzione interna inibitoria. e sono collegate con gli stessi neuroni che producono la serotonina cheè un sistema coinvolto nella depressione. Quindi aumentando la deplezione di questesostanzeo l'inefficacia. il soggetto diventa depres o. Arriverei a dire che le stesseculture che I" uomo ha costruito attorno al dolore avevano alla basedei significati biologici. on acaso tutta la cultura orientale che è unacultura di autoinibizione verso il mondo esterno. e quindi di riduzione della sofferenza. si regge sulla riflessione e quindi sull'aumento di produzione di sostanze endogene interne: il kharma. che poi ognuno può chiamare come vuole. Il mondo cristiano. invece, che è un mondo aperto al l'esterno. non a caso ha nelle suecategorie culturali la sofferenza e la passione: appassionarsi vuol dire partecipare. aprirsi e quindi ricevere eventi che sono anche sofferenza e che vanno a trasformare elementi biologici. E dirci che non è un caso se stiamo assistendo a trasformazioni culturali che avvicinano l'Occidente al1·oricnle. Ciò detto. io rispetto profondamente la cultura della soffc• renza come trasformazione. come percorso di dignità, come crescita di un soggetto. Quel lo che non riesco ad accettare è !"ostilità verso i tentativi di togliere quell'eccesso di sofferenza. che va a rendere indecorosa la vita del la persona che lo subisce, gli fa perdere tutti i valori che poteva acquisire anche Coop. Cento Fiori LAB. ART. f ITOPREPARAZIONI Via Draqoni. 39 - Forlì Tel. 0543/401248 - Estratti idroalcolici in diluizione 1: 10 da pianta fresca spontanea o coltivata senza l'utilizzo di prodotti di sintesi. - Mace1~ti di gemme. - Opercoli di piante singole e formulazioni con materia prima biologica o selezionata. - Produzioni su ordinazione 1anco in un percorso difficile, lo fa diventare un '•rifugiato•· impossibilitato a rendereespressionedella propria vita. E' in questo senso che dico che il dolore va tolto: va tolta quella quota che rende indecorosa la dignità del soggetto. che lo porta a doversi lamentare, a piagnucolare per ricevere quello che deve. che lo obbliga a rendersi schiavo di chi lo circonda. Uno nell'ospedale non deve provare il dolore per consuetudine. deve provare il dolore se non si riesce a deviarglielo. Poi. a volte. c'è da parte del paziente un'autocostrizione, troviamo spessomolti pazienti che dicono: "piuttosto che prendere troppi farmaci preferisco stare con un po' di dolore•·. E" una saggia attenzione. perché prima di lasciarsi imbottire di farmaci è anche bene cercare di sopportare. sotto dolore l'eutanasia non è più una scelta Il problema è definire con queste persone quand'è importante sopportare, per quanto e di quanto. La gente è portata ad aspellarc sempre il dolore successivo. cerca di resi• sterenella speranzache prima o poi passi. Ora. però, nell'herpes. nella nevralgia po. !erpetica. quindi nel '·fuoco di sant·Antonio··. nona caso considerato una maledizione divinaperchéè un virus chedal ganglio spinale rimane lì tulla una vita poi a un trailo scoppia senzache ancora ne sappiamo il motivo, resistere al dolore senza intervenire vuol dire far crollare una diga. Dopodichéètroppo tardi, perché ogni giorno che passaquel nervo si brucia. come un filo della luce che pian piano si sfrangia. Al Iora se tu non intervieni in tempo utile con tecniche adeguate per proteggere da questa degenerazione, dopo quindici, venti giorni fai fatica ad intervenire. E' per questo che il messaggio che noi stiamo lanciando èquello della tempestività. Il casodel Fuoco di Sani' Antonio è indicativo proprio perché il dolore, cd è qucqa la trasformazione copernicana che noi volevamo fare, non è più un sintomo. ma è tutta la malattia: quel nervo. infatti. è comunqueunnervodegeneratoequella malattia si esprime attraverso il dolore, non a11raversola febbre o altro. Quindi il dolore deve essere considerato, entro certi livelli. una malattia con una sua complessità biologica. di cui ricercare i segni, capire lecaratteristiche. trovare una sua dimensione. La Chiesa mantiene tuttora un pregiudizio negativo di fondo? C è stata una grossa trasformazione resa possibile non solo dall"approfondimento teorico e teologico sulla sofferenza, indo110anchedalle nuove conoscenze scientifiche e tecniche, masopra11u11d0al1·esplosione del problema dcli' eutanasia di fronte alla sofferenza diffusa anche dall" Aids. Il rischio dell'eutanasia ha reso urgente un ripensamento. come da tempo era iniziato nelle Chiese Protestanti e ha acceso un interesse per quella via che. in mezzo agli antipodi rappresentali dall'eutanasia e dall'accanimento terapeutico, cerca di salvaguardare in ogni caso la dignità del soggetto attraverso la liberazione dal la sofferenza. In assenzadi terapie del dolore la Chiesa ha avvertito che. una volta scatenato. il percorso dell'eutanasia rischia di diventare quello più facile per gli Stati. E credo che, anche politicamente. dobbiamo evitare la facilità del gesto dell'eutanasia che oggi è una scelta, ma con una pistola alla tempia. Creiamo innanzi1u110una condizione in cui sofferenza edisagio siano allontanati. La scelta ultima sarà mediata e meditala dalla coscienza, e forse saràmeno facile. Dicevi che la battaglia vera è per la riduzione della disabilità ... Sarà la ballaglia del Duemila: la prevenzione della disabilità. Mentre. ti amo andando verso una grande tecnocrazia della medicina e di tante altre scienze, abbandoniamo lungo la strada la disabilità comune. li rischio, cioè. è che ci sia una diffusione della mala11iaa basso impatto tecnologico ma di grande impallo sul 1·organizzazione sociale dei rapporti. dei sentimenti e delle affc11ività. Noi abbiamo gli ccccs~i dei pac~i 1ipic::amcn1edis.- sociali: in rianimazione persone di ottantacinque anni con emorragia intracranica che costano uno, due milioni al giorno. la cui morte è certa ma da cui non sappiamo distaccare il respiratore per una paura giusta, un insieme di atLeggiamenti di rimozione verso il dare la morte. Dall'altra parte, non abbiamo neancheil problema di "staccareo non staccare" sentendoci evenlualmenle colpevoli, perché una terapia non èmai iniziata: un milione di soggetli restano nell'indifferenza.Non avendo un evento acuto che li rende paralitici, ma solo un evento che li rende sciancati. non vengono trattati. Da una parte speseenormi per obiettivi impossibili da raggiungere. dall"altra assenza di spesesuobiettivi che potrebbero esseremigliorativi della qualità di vita. Una delle funzioni dei reparti di terapia antalgica èproprio creare dei luoghi dove la gente possa trovare un riferimento per le proprie specificità. Per fare questo, è ovvio. bisognerebbe avere più personale, avere percorsi specialistici, reparti autonomi come il nostro. Naturalmente bisogna cominciare a considerare il dolore una priorità fra le altre. perché è comunque qualcosa che stravolge la qualità di 1u11auna strutLura familiare, modifica comportamenti. atteggiamenti non solo di chi ne soffre. ma anche di tulio un nucleo familiare. se l'avessi saputo ••• sono tre anni che soffro Quindi dev'essere considerata una malattia con un proprio carallere di urgenza sia medica chesociale. Per far questo bisogna costruire economie ad hoc, che non vuol dire necessariamente spendere molto. Se c'è una strategia terapeutica che costa poco. che ha pochi materiali da vendere e poche ditte da sostenere è proprio quella della terapia del dolore. L'unica fase reale nella medicina, specialmente nel dolore, è trasferire la sofferenza dalla mente in voce e quindi dare alla voce valore semantico, che permetta l'ascolto e UNA ClffA' . cercare poi di costruire un percorso che dia dignità. Non si tratta, cioè, di togliere la voce. di fare in modo che il sofferente stia muto, ma di perme11ereun colloquio normale senza dover urlare tragicamente. Non poche volte da noi sono arrivate personeche hanno detto: "ma, se sapevo così. se me l'avessero detto prima, è tre anni che soffro come un cane". Ma la gente che soffre come un cane non è ascoltata, perché non la si vede neanche, perché chi soffre non si mette a urlare in piazza, dopo un po' si stufa anche di chiedere al medico. Quando i miei colleghi mi dicono: "perché non lo fa l'oncologo, perché non lo fa l'ortopedico?", io rispondo: "se non l'hanno fallo finora vuol dire che non rientra più nella specificità del loro quotidiano mestiere". E in effetti se un oncologo ha parlato con te mezz'ora sul come curarti, quando poi tu incominci a lamentarti del tuo dolore Lidirà: ·'va bene prenda questo", manon ricomincia afareun'altra visita. Se invece quello stesso paziente va da uno checura il dolore e può parlare per mezz'ora di quello che è il suo dolore. si libera e racconta quel lo chedall ·altra parte non ha più voglia di raccontare, perché tanto non cambia niente. Noi diciamo che ci vuole qualcuno che si faccia carico di questo contributo, perché altrimenti la gente si rinchiude. non ha più voglia di parlare con nessuno, sta in casa, diventa un dolore muto, diventa una sofferenza inevasa. invisibile perché la gente non ha una virulenza nel volersi manifestare, non ha neanche l'aggressività di chi sente di avere un diritto. Ecco perché è una battaglia di cultura politica. Il volontariato è una parte importante della struttura sociale, ma non può supplire a un'insufficienza di diritto. Dello questo, sinceramente non vedo roseo il futuro. Con l'economia che c'è, in realtà ci stanno chiudendo e fondamentalmente di queste cose non frega niente a nessuno. Non a caso, fino a poco tempo fa, ci dicevano che questa medicina doveva essere allocata nelle cliniche private, perché era un lusso, una medicina del di più. •

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