Una città - anno IV - n. 35 - ottobre 1994

di proble • • I • • • us ,z,a L'E RGE LEGA ZIE Gli strappi alle regole indotti da un clima di emergenza che da anni trasforma il reo in un nemico e il giudice in un combattente. L'impopolarità del garantismo e il rischio per la sinistra di trovare nei giudici un palliativo all'impotenza. Una rivoluzione culturale che imponga pene alternative alla cella. Intervista a Luigi Monconi. luigi Manconi, sociologo, senatore verde è autore di Solidarietà, egoismo e, con Laura Balbo, de I razzismi possibili e I razzismi reali. Ha curato Legalizzare la droga. Una ragionevole proposta di sperimentazione. Si ha l'impressione di avere un ministro della Giustizia più garantista della gente, di noi stessi. E' stato giusto opporsi al decreto Biondi? Quel decreto, c'è poco da fare, era molto brutto. Era difendibile solo l'ispirazione, ma se l'ispirazione la traduci in un decreto classista, dove a essere penalizzati sono i più deboli, per giunta autori dei reati meno gravi, allora non c'è nessun garantismo. Perché deve stare in carcere uno per scippo e non uno che ha dato una mazzetta di mezzo miliardo? I reati sarebbero stati classificati come più o meno gravi sulla base delle disponibilità economiche, della forza delle classi sociali, del potere dei ceti. Anche nel momento in cui noi assumiamo, come io assumo, un punto di vista garantista (e tendenzialmente abolizionista nei confronti del carcere), e comunque liberale e libertario nei confronti della pena, il problema dell'equità tra reati diversi si pone in ogni caso. Dobbiamo, cioè, far riferimento a dei criteri condivisi per decidere che comunque un furto è meno grave di un omicidio, qualunque sia la temperie culturale e il momento politico. D'altra parte, sì, è sempre forte ormai la tendenza a essere subalterni all'attualità politica e ad accettare lesioni al diritto in ragione dell'emergenza del momento: si compila, così, una gerarchia dei reati, stilata in base agli umori del1' opinione pubblica e si violano le regole in nome di esigenze che, di volta in volta, sono l'ordine pubblico, un nemico particolarmente efferato, la ragion di stato. Ma questo è sostanzialismo giuridico. Ed è una presenza inquietante nella storia italiana, che non è appannaggio solo della destra o solo della sinistra, ma circola in tutti gli schieramenti politici e culturali. Non è quello che ritroviamo sia con il decreto Biondi e con le proposte del pool milanese di Mani Pulite? L'emergenza come vizio di fondo del problema italiano della giustizia? Alla successione di emergenze non c'è mai fine e ogni emergenza giustifica una forzatura più o meno brutale nei confronti del sistema delle regole. Il disegno di legge del pool Mani Pulite va decisamente in questa direzione. Ma più che di una cultura propria della magistratura italiana parlerei di un senso comune che si intreccia con una cultura giuridica consolidata. Il senso comune è in generale insofferente, se non ostile, alle regole, che scambia per formalismo astratto; la cultura giuridica italiana è spesso ideologicamente sostanzialista, cioè trasforma quell'umore diffuso in un'ideologia, poi in una prassi giudiziaria, infine in legislazione e diritto, scarsamente preoccupati dei diritti individuali e delle garanzie della persona. Tutto ciò ha radici antiche, ma si è evidenziato intorno alla metà degli anni '70, quando, col terrorismo, il senso comune, la legislazione e la giurisprudenza assumono questa idea del nemico principale, che determina l'accelerazione di alcuni meccanismi, la forzatura di alcune regole e la violazione di altre. La storia italiana è stata funestata negli ultimi quindici anni da tre gran- B dj emergenze: terr:co, ma( ' corruzione politica e a ognuna di queste ha corrisposto uno strappo nelle regole del diritto. Ora, questo strappo è sempre passato attraverso la successione di cui ti dicevo: ha sempre avuto bisogno del I' inidividuazione non di un reato, non di un reo, ma di un nemico. Si è verificato uno spostamento sul terreno semantico concettuale della politica. Sì, c'è stata la trasformazione della fattispecie penale in discorso ideologico e la trasformazione dello stesso operatore di giustizia in combattente e della sua attività giudiziaria in "lotta": in una dimensione agon·istico-morale, dove il diritto subiva forzature. Ma bisogna essere onesti: )'Italia ha vissuto davvero fasi eccezionali; questa successione di emergenze non avveniva dentro una normale fisiologia di rapporti sociali, ma dentro un quadro frequentemente alterato. Una parte del garantismo italiano, moderato e di destra, o radicale, interpreta il protagonismo della magistratura o come l'espressione del partito dei giudici o come la manifestazione del comunismo nelle procure o, ancora, come l'esito di un complotto anti-istituzionale. Io non la vedo assolutamente così, e se alcuni giudici hanno sicuramente perso il controllo della situazione e hanno voluto giocare un ruolo da protagonisti e altri rispondevano ad interessi politici, va anche riconosciuto che la supplenza dei giudici è stata in primo luogo il prodotto della situazione e, per certi versi, ha svolto un ruolo positivo. Ora, quando tutto ciò supera certi livelli, si precipita nel disastro. E l'iniziativa del pool Mani Pulite sicuramente eccedeva le proprie funzioni istituzionali, perché, lungi dall'essere un'attività di consulenza, ha assunto decisamente la dimensione di un'iniziativa politica, pienamente e squisitamente politica, e per giunta ispirata dal lavoro congiunto di rappresentanti della magistratura e avvocati di inquisiti, al fine di elaborare norme di cui quegli stessi inquisiti potrebbero beneficiare. Non solo: le modalità dell'annuncio, la platea scelta, tutto assumeva l'aspetto non già di un contributo a un lavoro parlamentare, ma di un'iniziativa che cercava consenso, spostava posizioni, interveniva sui rapporti di forza, surrogava, o comunque faceva un'attività di lobbying nei confronti dell'attività parlamentare. Il che, a mio avviso, configura qualcosa di molto simile ad una violazione delle regole primarie dello Stato di diritto, che hanno il loro fondamento -non un elemento tra gli altri, ma il fondamento essenziale- proprio nella suddivisione rigorosa e intransigente dei poteri. E in questa divisione, al potere giudiziario spetta applicare le leggi, non farle. Questo giudizio riguarda il metodo adottato dal pool, ma c'è anche un discorso da fare riguardo al merito: in quel progetto viene prevista qualcosa di simile ad un'impunità per chi confessa e fa chiamata di correo. E' l'ennesima conferma che se tutte le emergenze producono leggi d'emergenza, il caposaldo di tutte le leggi d'emergenza è la trascrizione giuridica della delazione. E' come se l'unica chance che resta alla magistratura inquirente sia lo scambio tra impunità relativa, o assoluta. per chi è disposto a confessare e l'acquisizione, attraverso la chiamata di correo, di prove relative a reati commessi da altri soggetti. E non è:unceaso che col terro- - ~ CO rismo, con la malia e con la corruzione pubblica il primo provvedimento periodicamente elaborato abbia riguardato appunto i pentiti. Ma alla gente sembra interessare solo la soluzione dei problemi, sembra esserci pochissima sensibilità alle garanzie, ai soprusi... C'è una constatazione drammatica da fare: il senso comune giustizialista e sostanzialista prevale largamente. Le posizioni di cui stiamo discutendo sono state in questo quindicennio, e continuano ad essere, posizioni di estrema minoranza. Il senso comune, anche di sinistra, sta tutto con i flussi di mobilitazione emotiva contro il nemico terrorista, mafioso e corruttore; e nel corso di tale mobi Iitazione emoti va non si bada ai dettagli, non ci si può concedere il lusso di curare le forme, non c'è tempo da perdere. Con periodica regolarità, chi solleva un problema di garanzie viene considerato sostanzialmente un complice. Questo continuo uso dell'emergenze tu non lo vedi in termini di volontà lucida di qualcuno? E' un circuito perverso fra massmedia, classe politica, magistratura, ma sarebbe un grave errore dire "il governo organizza ...". Il governo non organizza niente, anche se, forse, vorrebbe farlo: si tratta di un u I corpo sociale, di un sistema di istituzioni e di poteri che vivono in maniera febbricitante. E di volta in volta queste febbri prendono dei nomi diversi per ragioni corpose, obiettive, molto serie e materiali: il terrorismo c·è stato, la criminalità organizzata c'è, la corruzione c'è stata e c'è. Bisognerebbe che il corpo sociale e il sistema delle istituzioni e dei poteri fossero in grado di reagire razionalmente, ma, purtroppo bisogna riconoscere che questo non succede. E allora, la più ovvia delle risposte irrazionali è esattamente quella di esaltare il pericolo e di mobilitare emotivamente la collettività intorno a questa guerra simulata che si rinnova. Esiste il partito dei giudici nella sinistra? No. Esiste una fortissima sudditanza ideologica e psicologica della cultura di sinistra nei confronti dei giudici. Questo perché la magistratura, nell'ultimo ventennio, è stata attraversata da tensioni poderose, che l'hanno dislocata in maniera molto diversa rispetto al passato; quindi la democratizzazione e l'orientamento a sinistra della magistratura è stato un fatto imprevisto e molto gratificante per la sinistra stessa. D'altra parte, la magistratura, rivelandosi capace di operare laddove la politica non riusciva a operare, ha esaltato la propria capacità di supplenza: e così l'impotenza della sinistra si è trovata risarcita dalla potenza della magistratura. 11caso più clamoroso è quello attuale: la sconfitta della Dc è frutto più dell'azione della magistratura che di quella degli avversari politici. Infine, la magistratura è apparsa come un potere dello Stato schierato dalla parte dello Stato, un potere fedele e leale: e la sinistra (che ha con lo Stato un rapporto nevrotico) ha molto apprezzato che un ordine come la magistratura, pur trasformandosi politicamente, rimanesse leale. Da qui quella sudditanza psicologica. E' una sudditanza pericolosa? Certo. Anche perché, in realtà, la sinistra è stata sempre scarsamente garantista. Al suo interno, le componenti autoritarie e sostanzialiste, anche illiberali e forcaiole, sono state sempre maggioritarie rispetto a quelle garantiste e libertarie. Ciò detto, essendo questo un terreno strettamente legato alla questione della libertà e delle libertà, mi sembra fondamentale per la sinistra praticarlo con coraggio e anticonformismo. Insisto da tempo, quasi ossessivamente, sulla necessità di un profondo mutamento culturale, nella mentalità collettiva e nella giurisprudenza, a partire da ITA' un concetto tanto elementare quanto impopolare: la detenzione in carcere non è runica forma possibile e, addirittura, pensabile di sanzione. E. invece, il senso comune, l'opinione pubblica e il diritto tuttora ritengono che la detenzione in cella sia pressoché runica, e comunque la principale, forma di pena. Le forme alternative di sanzione di cui parlavi, quali possono essere? La detenzione domiciliare o anche altre? E' necessario rendere le forme alternative alla carcerazione non già fonne sostitutive e discrezionali, ma pene principali. E I' assegnazione del la pena al ternati va va sottratta al potere discrezionale del magistrato di sorveglianza o del giudice. Deve diventare, al contrario, una pena tassativamente attribuita in presenza di determinate condizioni. Va indicato, cioè, un criterio obiettivo: per tutta una classe di reati si deve prevedere una sanzione diversa dalla cella (lavoro durante il giorno, pernottamento in strutture carcerarie a custodia attenuata o al proprio domicilio, con limiti e vincoli) o forme di risarcimento sociale o lavori di pubblica utilità. Insomma, come diceva una formula assai felice, liberarsi dalla necessità del carcere. • L'impunità per il delatore, speculare all'aggravio delle pene, a conferma dell'uso improprio della carcerazione preventiva praticato finora. Il positivo accordo sull'estensione del patteggiamento. Un salutare ritorno a un clima di normalità e di confronto. Intervista a Giuliano Pisapia. Giuliano Pisapia è avvocato penalista presso il Foro di Milano. Volevamo sapere il tuo parere sulla proposta dei giudici del pool Mani pulite per uscire dall 'emergenza nella lotta alla corruzione. Ritengo che il metodo usato dai magistrati del pool Mani pulite e da alcuni avvocati per proporre questo disegno di legge all'opinione pubblica, al ceto politico e al Parlamento, sia inaccettabile e addirittura controproducente rispetto agi i scopi che si prefiggeva, al di là della sicura buona fede di chi l'ha proposto. Innanzitutto perché ciò che è stato proposto alla stampa, all'opinione pubblica, agli operatori del diritto e al parlamento non erano delle indicazioni, ma un vero e proprio disegno di legge. con uno schema ben definito nei suoi concetti di fondo. e senza un preventivo confronto con gli altri operatori del diritto. E' inaccettabile in secondo luogo perché è stato anticipato da una serie di interventi di carattere politico in cui si poneva questa soluzione giudiziaria come l'unico modo per eliminare le controversie. le tensioni, le contraddizioni oggi esistenti tra magistratura. ceto politico e imprenditori, e come l'unico modo per risolvere il contenzioso giudiziario tra politici e imprenditori per arrivare a un vero e proprio patto sociale. Questo chiaramente a mio parere è stato un vero e proprio atto politico che sicuramente esce da quelli che sono i compiti del magistrato. Niente evidentemente di illecito e illegale ma qualcosa di sicuramente inopportuno equi ndi anche controproducente perché, al di là delle intenzioni che, ripeto. potevano essere anche positive, non ha portato a un dialogo, ma a uno scontro con chi ha opinioni diverse e, soprattutto, con quelli che dovevano essere gli interlocutori di questo progetto. Mi sembra che ancora una volta si ponga il problemadell'attualesquilibrio esistente tra i diversi poteri dello stato. Avrei preferito che questo progetto di legge o questo schema di progetto, anziché all'opinione pubblica, alla stampa o agli imprenditori. fosse stato mandato alle sedi competenti come sono le commissioni ·'Giustizia'· della Camera e del Senato chiedendo eventualmente un· audizione perché evidentemente chi ha formulato il progetto ha esperienze sicuramente utili per il dibattito in corso su come uscire da tangentopoli. Un ·u1teriorccritica, e questa è chiaramente una critica che riguarda solo alcuni dei soggetti che hanno collaborato a quel progetto. riguarda il messaggio che è stato lanciato all'esterno: chi non condivideva quel decreto o aveva qualche cosa da nascondere o era favorevole ali' omertà o addirittura era complice di chi per anni aveva inquinato la vita economica, politica e sociale italiana. Un metodo decisamente inaccettabile se si vuole un confronto e si fanno delle proposte, e non invece imporre semplicemente le proprie idee. Nel merito? Nel merito mi sembra assolutamente ingiustificata da un lato l'impunità e dall'altro l'aumento di pena rispetto a chi ha avuto la stessa condotta illecita. Questo progetto propone che chi commette un reato e lo confessa, accusando i complici, entro tre mesi dal momento in cui è stato commesso, possa usufruire di una vera a propria impunità, e che r altro soggetto, invece, abbia addirittura pene molto più alte di quelle previste attualmente. Può essere certamente utile alla collettività concedere anche forti sconti di pena a chi arriva. dopo aver commesso un reato, a un reale comportamento di ripensamento, ma non ritengo che si possa arrivare ali' impunità. E clall' altro ritengo che non sia tanto 1· aumento clipene a essere un deterrente rispetto al fatto che si commettano altri reati in futuro. quanto proprio il senso cli impunitll. Il livello estremo di corruzione raggiunto nel passato è stato raggiunto non a causa della levità delle pene -che lievi non erano. perché attuaimente possono arrivare fino a 12 anni di reclusione- ma proprio per l'impunità che si era creata. Quindi ricreare una situazione di possibile impunità può essere estremamente grave. Teniamo presente che in una situazione ben più grave. come quella della malia, in cui al collaboratore anche comprensibilmente, lasciando perdere le discussioni se sia giusto o sbagliato, siamo spinti a fare anche ponti d'oro per arrivare all'accusa dei complici e per cercare di entrare in quelli che sono i meccanismi o le responsabilità della situazione mafiosa, ebbene, anche in quel caso, la collaborazione con la magistratura non ha comportato l'impunità. Ancora più grave. poi. la proposta del pool perché l'impunità non sarebbe neanche condizionata alla non commissione di altri reati: qualora fosse approvato questo disegno di legge. si creerebbe la situazione di chi, commesso un reato. accusato i complici e avuta quindi una sentenza di non punibilità.commettesse un altro reato analogo. non dovrebbe neanche scontare quello precedente, il che sarebbe assolutamente controproducente proprio rispetto agli obiettivi che ci si propone. Personalmente sarei molto più favorevole a forti ~conti di pena. a situazioni di pena che poi possano anche non essere scontati in carcere. ad esempio con provvedimenti di condono. con la sospen-

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