Una città - anno IV - n. 31 - aprile 1994

Bi socialista. Quei famosi trattati per la spartizione del mondo di Yalta e Potsdam, su di noi hanno avuto questo effetto: un turbine che ci ha schiacciato tutti. Epoi la vita italiana diventava sempre più ripiegata su se stessa, non ci si occupava quasi di quanto succedeva nel mondo, mancavano le informazioni più elementari, per esempio, su quello che stava avvenendo nell'altra parte dell'Europa, ormai separata. C'erano solo campagne di propaganda dove tutto appariva o bello o brutto. Succedeva più o meno lo stesso in tutti i paesi occidentali, ma qui in Italia c'era questa prevalenza democristiana, clericale. E' stato un grande disincanto. lo ingenuamente miero immaginata che, caduto il fascismo, I' ltaliasarebbediventatacome la Francia e l'Inghilterra, un paese cioè dove ci sarebbe stata una piena democrazia, con il rispetto delle persone, dei diritti umani e civili. E invece veniva fuori un paese oscurantista, bigotto, con la religione usata come strumento poiitico, con il vecchio mondo fascista che pian pianori tornava a galla, con la solita retorica italiana. dopo, da entrambe le parti, un grande conformismo Enon è che la sinistra si comportasse molto meglio. Certo, sosteneva le lotte degli operai e dei contadini poveri, impediva la clericalizzazione totale detr Italia, difendeva le libertà elementari. Ma in sostanza contrapponeva una religione a un'altra reiigione, un'ideologia ad un'altra ideologia. E usava le stesse armi della retorica. Ad esempio, il modo di presentarsi dei politici era più o meno simile: in tutti i comizi si urlava sempre, c'erano sempre masse osannanti, insomma si faceva appello agli impulsi più elementari. E nella vita quotidiana quali furono le ripercussioni di questa politica polarizzata? Furono ovviamente molto brutte, perché tutti eravamo diventati molto conformisti, settari, dogmatici o in un senso o nell'altro. Era difficile parlare, intendersi, le amicizie si incrinavano, le persone cessavano di frequentarsi. Era una specie di malattia collettiva. Ma questo è durato pochi anni, nel periodo più acuto della guerra fredda, quando negli Stati Uniti c'era il maccartismo. Ma l'atmosfera è rimasta a lungo segnata da quell'ondata di oscurantismo che sollecitava una mentalità del tipo "dio, patria e famiglia'' e rafforzava tendenze fascistoidi e certe propensioni qualunquiste un po· tipiche degli italiani. Per la sinistra una svolta salutareè stata quella del' 56, con il XX congresso del partito comunista sovietico. la destalinizzazione e i movimenti popolari in Polonia e in Ungheria. Sia pure con fatica e lentamente si è capito che bisognava riconsiderare anche il proprio modo di essere comunisti o sociaIisti. Si è cominciato a essere meno credenti e più laici, e questo ha migliorato anche molti rapporti personali. Non ci si è ancora resi ben conto quanto si debba a quei movimenti di opposizione nell'Est e quanto abbiano aiutato a cambiare la nostra mente. Allora lavoravi a Rinascita. Hai conosciuto bene Togliatti che oggi è considerato unanimemente una delle anime nere della storia italiana. Ho lavorato a Rinascita più tardi, nei primi anni Sessanta, quando la situazione era già molto diversa. E' difficile parlare di Togliatti proprio perché è stato oggetto di tante polemiche. Mi pare però molto ingiusto il modo in cui è diventato una sorta di capro espiatorio di tutte le nefandezze del comunismo. Era certamente un personaggio che aveva vissuto. partecipato e collaborato alla terribile fase dello stalinismo negli anni Trenta con responsabilità di primo piano. Quando l'ho conosciuto io, verso la fine della sua vita, mi pareva molto segnato da quelle esperienze, e anzi, forse a Botteghe Oscure era il ~oloche ne avesse tratto qualche insegnamento. Gli altri dirigenti comunisti erano tutti, come dire, più ~pcnsierati e trionfalistici. Togliatti, invece. sembrava abbaI ILICORRIERE ESPRESSO ~~©(UJ GROUP INTERNATIONAL FORLI' - P.zza del Lavoro, 30/31 - Tel. 0543/31363 - Fax 34858 RIMINI - Via Coriano 58 - Blocco 32/C - Gros Rimini Tel. 0541/392167 - Fax 392734 SERVIZIO NAZIONALE E INTERNAZIONALE 70 SEDI IN ITALIA 1anco stanza consapevole di quante tragedie si fosse lasciato alle spalle. Mi ricordo che in quegli anni la Pravda dava spesso notizia di riabilitati tra gli scomparsi nelle grandi epurazioni, persone che lui aveva conosciuto e ne parlava con evidente tristezza, oppure rimorso, chissà ... Inogni caso il giornale che lui dirigeva pubblicava più informazioni sulle incrinature del mondo comunista dell'altra stampa di partito, e anche al tempo del conflitto tra Urss e Cina era relativamente aperto alle discussioni. Se ne parlava spesso in redazione. Il suo moderatismo, tanto criticato dal movimento del '68, credo gli fosse suggerito proprio da quelle esperienze. la sua ossessione era evitare la guerra civile Aveva fatto e visto molte guerre civili e la sua ossessione doveva essere di non fame un·altra. Si poteva intuire dai suoi accenni alla guerra di Spagna. che per lui era certo stata una pagina molto nera. Quella preoccupazione non era notoriamente condivisa da tutti i dirigenti del Pci, e credo che un giorno gli verrà riconosciuto il merito storico di avere evitato una guerra civile in Italia, e non si continuerà a parlare soltanto della sua "doppiezza", che era una caratteristica dell'epoca largamente diffusa. In quell'Italia del dopoguerra ben pochi erano democratici fino in fondo e con convinzione. Hai accennato al '68. Cosa ne pensi adesso, a distanza di tanti anni, alla luce di quanto era successo prima e doveva succedere dopo? E' stato certamente un altro momento magico, liberatorio. un momento di svolta per la modernizzazione del1·1 talia. Forse non era nelle intenzioni dei sessantottini modernizzare l'Italia, ma in realtà è quello che è avvenuto. Quella ribelIione antiautoritaria ha dato una scossa salutare a un paese che si stava incartapecorendo, e ha permesso nei decenni successivi tutte • • ------------- staz1on1 SENl'INELLE DELLA REALl'A' Accade che una lampada filtrando fredda da una vetrata italiana getti un arco di luce fino a una cucina di campagna, fino all'immagine di una dacia dove un bicchiere gelato, tintinna. Può accadere che le forme del nostro mondo, ciò che accompagna con gli uccelli il mattino: la tazza, il latte, la fiamma, i suoni confusi oltre le piante e le pareti siano illuminati davvero solo dalla distanza e resi concreti solo dall'astrattezza di una voce. Esistono poesie capaci di farci sentire il quotidiano come un miracolo e non come una condanna, versi che possiamo pensare scritti soltanto vicino a una minestra che bolle, ad una sedia intiepidita dal fuoco. Capiamo che finché vivremo gli oggetti saranno, come nel racconto chassim di Rabbi Luria, mischiati alle parole: terracotta e luce, pesantezza della materia e lievità della conoscenza. Così è in Boris Pasternak e Anna Achmatova, poeti del dettaglio per i quali il tappeto, la brocca, il lenzuolo sono le fessure da cui lasciar irrompere l'universale. Così è per Bella Achmadulina una delle voci più intense della letteratura russa contemporanea. Di lei non ricorderemo né la folgorante bellezza né i celebri amori ma le fisse visioni della sua poesia: l'anellino ghiacciato, il servizio da the, il grammofono, la candela sul tavolo. Ricorderemo i luoghi: Peredelkino e l'Arbat evocati dal breve cenno delle stagioni, da una traccia di neve, dalla caduta delle mele. Allora basteranno pochi versi a dire il fuoco di quest'opera: farsi sentinelle della propria e dell'altrui realtà fino a toccare un linguaggio che mediti con pudore e forza, con la semplicità ;i di un gesto usuale su tempo e spazio: "Cosa awiene tra questo I e quell'istante? I Come a lungo si prolunga questo quelleriformccivilichehannocam- I nell'animo si rafforza I e matura l'ombra di un oggetto biato ta nostra società. Non credo lasciato cadere nel fitto dei secoli. I Forse non è in questo la soluzione del mestiere I la cui regola è: paura mortale e valore I eliminare lo splendore dalla vita quotidiana I bruciare completamente I e guadagnare il suo immortale riflesso?" che senza quel momento liberatorio, di rottura, i cambiamenti sarebbero venuti per normale evoluzione storica, sotto la spinta dello sviluppo delle forze produttive, come si diceva una volta. I partiti dominanti erano troppo conservatori, retrogradi, e la sinistra era troppo incertae paurosa di toccare i tabù di una società cattolica. La sinistra per muoversi aveva bisogno di essere scavalcata, di perdere ilmonopolio dei movimenti sociali. C'è molta irriconoscenza in genere per il ·68, continua a rappresentare una sorta di spauracchio del nostro mondo politico e culturale. Bisogna certo riconoscere che la fase liberatoria è durata poco, e il movimento è rifluito, ripiegando sulle vecchie categorie ideologiche e politiche, anche se con una forte dose di fondamentalismo. per il ritorno cioè alla ''purezza delle origini''. Ma il riflusso è. ahimè, un passaggio obbligato che nessuno ha trovato ancora il modo di evitare nei grandi come nei piccoli rivolgimenti. Del resto tutto quello che è avvenutoa partire da alIora è materia ancora troppo incandescente che non si osa in genere affrontare. Troppi cadaveri negli armadi, in senso letterale. Miha colpito molto adesempio che i servizi segreti. con tutto quel lo che hanno combinato, siano oggi sotto accusa soltanto perché hanno rubato un po' di miliardi, in fondo un peccatuccio veniale ... Ma per tornare al '68, bisognerà ripensarci su. Le celebrazioni del ventennale sono state a mio parere un po' troppo gioiose e festaiole, e infatti hanno lasciato poca traccia. Le cx "guardie rosse'' in Cina hanno avuto certo una sorte più tragica ma hanno anche fatto delle riflessioni più profonde. Credo che il giudizio sul '68 sia un indice molto significativo. Fino a quando si continuerà a maledire o esorcizzare quell'esperienza, vorràdireche non siamo pronti ai cambiamenti. Non alle riforme istituzionali e politiche, che si possono sempre fare, ma ai veri cambiamenti nel modo di pensare e di comportarsi. • Antonella Anedda lettera Quanto segue è ciò che ho pensato dopo aver letto l'articolo di Antonella Anedda (n.30) e poi quello da lei citato di Erri De Luca (n.29). "Getta il tuo pane sulla superficie dell'acqua perché in molti giorni lo ritroverai". Questo mi ha davvero colpita, e anche la parola 'perdere' mi ha dawero colpita. Una parola che fa subito male. Una nuotatrice solitaria mi ha detto: "se le grandi correnti ti portano al largo e non riesci a tornare, lasciati andare. Prima o poi loro stesse ti riporteranno a riva". Un sorprendente, repentino cambio di direzione: quello che cerchi è proprio nel cuore di ciò da cui scappi. O, come nella tragedia greca, ciò da cui scappi è sempre davanti, più crèdi di allontanarti e più invece ti avvicini, gli corri incontro. "L'abisso in cui mi spingi è dentro di te", dice la sfinge di Pasolini a Edipo. Come se si dovessero ripercorrere i gesti all'incontrario per tornare davvero a casa e la mente potesse trovare qualità nel funzionare all'inverso. Non essere, non volere, non fare, non dire, non desiderare, non temere, non tenere, non avere, non pensare ... Nella lunga lista di 'non', pare esserci ciò che cerchiamo, ciò per cui invece abitiamo pienamente tutti i verbi come la prima, assoluta, persona singolare. Ed è ir:1fondo a questo grande 'non' che ci invita l'oriente. E' contro di esso che il progresso macina le sue tappe. L'immagine del gettare il pane sull'acqua è ciò che da tempo aspettavo e non riuscivo a formulare: non solo per il concetto di abbandono, che tanto mi attrae, ma soprattutto per il modo di questo abbandono. Quel pane non viene sensatamente lasciato fra le mani di qualcuno che ha fame, ma gettato all'acqua. E' un invito ad abitare l'idiozia, a rovesciare il pensiero come un calzetta e andare proprio lì, nel punto di fuga, abitarlo al centro. Abitare il "non", essere il "non". Credo che questo 'non', sia il fondamento del 'femminile'. Una amica, dopo un lungo soggiorno in Africa mi ha detto che in occidente le sembrano tutti padri, tutti maschi, per la determinazione con cui ognuno consegna il minimo gesto ad un frutto, ad un risultato certo, anche spirituale, per la progettualità esatta che precede ogni fare. Niente a perdere. Soprattutto nessuna fede nel tutto, in ciò che con evidenza non si vede, nessun sentimento del tutto. C'è una tale mancanza di questo profondo femminile in occidente che, per forza, da più parti s'alzano voci miti e cristalline che lo richiamano. Forse dovremmo essere tutti più materni, dare da mangiare all'acqua, insensatamente. Essere e fare insensatamente, senza calcolo spiccio, senza progetto, senza immediato ritorno ma in un totale abbandono alle forze. E' un buon programma per perdere. Ma che cosa, in fin dei conti, abbiamo da perdere? Che cosa di tanto prezioso abbiamo davvero conquistato? Pellegrina Daltri ~ CilffdileiRipf ilrmdi iForlì s.p.11. - - - co~o, I - I I I • Disinfestazioni - Derattizzazioni - Disinfezioni - \~ ! l I -4~1 f l ~ • Allontanamento colombl da edifici e monumenti • Disinfestazioni di parchi e giardini • Indagini naturallstlche 47100Forlì. vù, Meucci, 24 (Zona Industriale) Te/.(0543)722062 Telefax(0543)722083 da O a 10 anni da 11 a 19 anni erloroilmigliorfuturopossibile Aut. Min. n. 6/1758 del 2/10/93 UNA CITTA' 7

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