Una città - anno IV - n. 29 - gen.-feb. 1994

di politica e altro del la società un punto di riferimento cattolico visibile anche politicamente. La figura amletica di Martinazzoli. Il rischio che tutto, compresa la solidarietà, compresa la sinistra, si riduca a questione tecnica. L'intima necessità della politica per un cristiano e il lusso del misticismo. Intervista a Gaetano Lettieri e Stefano Leoni. G.L.: Spesso si chiede ai cattolici, che già hanno la Chiesa, perché hanno anche bisogno di un partito politico per sentirsi visibili nel mondo, ma questa domanda non tiene conto cli quella che è la società di massa. E cioè: oggi si può pensare di essere visibili, di incontrare le coscienze dei singoli, indipendentemente da un impegno politico ali' interno di una società che tende a essere sempre più omologata, massificata? La stessa Chiesa può riuscire ad avere un ruolo indipendentemente dalla sua azione politica? La questione è pericolosissima, c'è il rischio della teocrazia, ma penso che i cristiani abbiano il dovere di porsi questo problema. Nella concezione liberale la Chiesa rimane nell'ambito del soprannaturale, completamente svincolata dai problemi concreti delle persone, mentre ciò che forma le coscienze è Berlusconi, la televisione, ''la Repubblica", cioè una cultura di massa che sempre più sembra logorare lo spazio di azione, e di sopravvivenza, di un messaggio cristiano. E' di fronte a questo che occorre chiedersi se non ci sia bisogno anche di una visibilità politica. Una visibilità politica che, se non vuole essere teocratica, non può però che accettare la logica liberale che la pone al livello delle altre proposte politiche ... C.L.: Penso ci sia la necessità di una dialettica fra impegno politico e appartenenza alla Chiesa. La Chiesa è l'ambito dell'irriducibilità e quindi non ci può essere un trasferimento automatico dei destini del cattolicesimo nel partito politico, dall'altra parte il partito cattolico ha questo dovere di testimonianza nei confronti di ciò che la Chiesa rappresenta di trascendente rispetto alla storia. Per questo il cattolico ha bisogno di mantenere in qualche modo una propria identità anche a livello politico; il cattolico non può risolvere la sua fiducia nei confronti della storia del mondo nella sua capacità di testimoniarla. Stefano diceva prima che il ruolo cristiano nella storia è di tentare di assomigliare a Cristo ed infatti noi cristiani siamo costretti ad avere un'identità problematica, non delle soluzioni, siamo costretti ad oscillare fra queste questioni. Stefano Leoni è assistente all'Università Gregoriana di Roma. Gaetano Lettieri è ricercatore alla Sapienza. Entrambi, oltre a essere impegnati nel volontariato cattolico, sono studiosi di storia del cristianesimo e dei suoi rapporti con la politica. Sembra che la presenza politica dei cristiani sia al momento particolarmente problematica ... S.L.: Nei cristiani che fanno politica e' è la consapevolezza di avere in larghissima misura tradito l'ispirazione cristiana che sosteneva la DC e di essere stati puniti per questo. Conseguentemente, in questi cristiani, Martinazzoli ad esempio, sembra esserci quasi una volontà di espiazione, di punizione, ma e' è anche la coscienza della necessità di una presenza che, evidentemente, non può più essere egemone. C'è quasi una ricerca della sconfitta, nella convinzione che la sconfitta, ergo I' opposizione, sia necessaria e possa purificare, possa far ritrovare delle ragioni profonde di gestione del potere. Ragioni meno immediate del denaro, del prestigio, che permettano di recuperare attorno ad un'idea cristiana anche quelle forze che testimoniano la presenza cristiana, come il volontariato (per il 90% composto di cattolici), che oggi non sono valorizzate, non sono spese politicamente e proprio per questo sono attratte dalla sinistra, la quale si mostra invece molto attenta ad esse. G.L.: Martinazzoli può essere preso ad emblema di un modo di porsi nella politica che vede il cristiano come martire; cioè come colui che è visibile, che manifesta, anche come perdente, con una sua identità la presenza cristiana nella storia, nella politica, nella società. il rischio di una abdicazione alle ragioni del secolo Da qui l'esigenza di non farsi in qualche modo risucchiare dalla sinistra -anche se sarebbe una soluzione comoda che la sinistra si facesse carico dei valori sociali, politici, che stanno a cuore al cristiano- ed il problema di una identità cristiana che, dopo il disastro della DC, non può che essere radicalmente in crisi, che si dà quasi togliendosi, quasi sopprimendosi. Ecco il perché delle oscillazioni di Martinazzoli, il non prendere posizione è quasi un voler dire che, anche se la DC non c'è più, ci deve tuttavia essere un qualcosa di cattolico che non riesce bene a configurarsi. ,. Al di là dei problemi politici, però, a me pare che ci sia proprio una difficoltà ideoORl'I DI GUERRA Gridano gli immodesti senatori. E' ora che il popolo ... noi diciamo basta ... e tutto quel che segue nelle piazze e nei piazzali d'Italia, dove dai pulman al tramonto sbarcano uomini e donne rabbuiati e inquieti con un giornale piegato sotto il braccio. Chi soffre di non aver lavoro, è miserabile dopo averlo trovato, è il diavolo che gliel'ha dato e il diavolo glielo toglierà, precipitando. La legge dura quanto i baci sul vetro. Trattienili se puoi dietro la porta senza serratura. logica sul come il cristiano debba testimoniare nella storia la sua visione del mondo. lo sono abbastanza pessimista sul successo di un disegno che vede il cristiano come martire che accetta la propria sconfitta pur di non perdere la propria identità, perché, pur avendo una sua validità, è contraddittorio, impolitico, forse troppo intellettualistico e teologizzante, mentre oggi, purtroppo, la catalizzazione politica deve esser.e molto più immediata, visibile, facile. Mi convincono però poco anche i cattolici che si schierano tranquillamente a sinistra; ch·e cioè tendono a risolvere la loro testimonianza cristiana nel cercare consenso a un'etica della solidarietà come se tutto si risolvesse in quello. E' chiaro che, politicamente, un cristiano non può che auspicarsi uno Stato che si faccia carico dei problemi della solidarietà; politicamente è lapalissiano che non si possa cercare nient'altro, niente di diverso. Qualcosa di più significherebbe veramente un "grande inquisitore", significherebbe la pretesa di dominare la società, di imporre ciò che non può essere imposto, cioè di volere cristianizzare ciò che non deve essere cristianizzato con questi mezzi. Tuttavia in questa logica c'è il rischio di una abdicazione alle ragioni del secolo, e' è l'incapacità di mantenere un'alterità nei confronti di quel che è la società, il mondo politico, la stessa struttura dello Stato. Oggi, infatti, il cristiano che si schiera a sinistra in qualche modo accetta una logica di tipo liberale, che confina il cristianesimo nel1'interiorità della propria coscienza, equesto mi sembra un pericolo fortissimo perché tende a risolvere il rapporto del cristiano con la politica soltanto dal punto di vista tecnico, nella gestione più o meno brillante della ricchezza, nella capacità di aiutare gli emarginati e cose di questo genere. Tutto questo ci deve essere, è evidente, ma possiamo, non solo in quanto cristiani, ma anche come cattolici, accontentarci di coltivare il nostro Dio all'interno della coscienza, cioè di non essere in qualche modo un segno visibile di qualcosa di diverso dal punto di vista politico? In questa logica il pericolo è quello di ridurre a tecnica sociale, a gestione della ricchezza, quello che in realtà è qualcosa di diverso, una voce stonata ali' interno del secolo. sentirsi opposizione anche stando al governo Ma la sinistra non garantisce più questa irriduci biIità, questa alternati va al sistema. Per arrivare ad un paradosso: concretamente qual è la differenza fra Occhetto e Berlusconi? Fra loro non c'è la differenza di una speranza, di una fede, del disegno di una società diversa, fra loro c'è solo una differenza tecnica. Arrivando all'eccesso, si può dire che Occhetto è più pericoloso di Segni o di Berlusconi, anche se non mi schiero certo con Segni o Berlusconi, proprio perché non ha la minima coscienza del pericolo che si corre nel ridurre tutta la politica a tecnica, senza la minima tensione ideale, senza la minima coscienza della irriducibilità della situazione esistenziale del l'uomo al la gestione tecnica dei problemi politici. Il problema allora è che, se neanche a sinistra si riesce in qualche modo ad avere un disegno utopico, alternativo a quello della società attuale, ai cristiani spetta in qualche maniera, anche politicamente, una parola di differenziazione. di non appiattimento. Poi diventa difficile dire cosa significa concretamente non lasciarsi ridurre al secolo, cosa significavolere dire qualcosa di altro, cosa significa oggi parlare di utopia senza fare del velleitarismo vuoto e con la consapevolezza che comunque nel disegno utopico è insito il pericolo dell'intolleranza. Ma non può la sola presenza del cristiano nella società dare respiro alla irriducibili ' del cristianesimo? S.L.: lo penso che strutturalmente il cristiano nella storia, e quindi anche nell'azione politica. sia una figura di opposizione. Cristo è stato pietra di scandalo, voleva essere paradosso. segno di contraddizione, e da questo punto di vista la presenza cristiana nella storia dovrebbe essere analoga a Cristo: qualcosa di visibile, ma non omologato, non coerente con la logica della storia, del mondo, che in termini politici vuole dire tecnica di gestione dell 'economia, dei rapporti internazionali, eccetera. Lo spirito del cristiano dovrebbe essere di sentirsi ali' opposizione anche quando sta al governo; all'opposizione rispetto a se stesso, rispetto alle tentazioni del potere, mantendo la coscienza dei limiti della propria azione, del la finitezza dei propri obiettivi. Questo è quello che la DC non ha saputo fare, se non. forse, con Moro. La DC aveva da tempo perso il senso di dover essere essa stessa a fare opposizione a se stessa e si era lasciata appiattire sul potere, lasciando questo compito di opposizione alle forze di sinistra. Più che in un'autocritica, che era tanto più doverosa. tanto più cristiana, si è fatta travolgere in un'autogiustificazione secondo cui. in nome dell'idea cristiana, doveva mantenere il potere contro lo spettro del comunismo, contro una cultura atea. La DC, non ritenendo di doversi autocriticare, autogiusti ficandosi, ha quindi lasciato mano libera alla parte peggiore di sé, si è sentita investita di un compito divino ed è caduta in un fanatismo che ha giustificato i peggiori eccessi sia dal punto di vista morale che culturale. Ha abbandonato a se stessi anche i propri elettori, tant'è che, quando gli elettori non hanno più avuto un tornaconto nel votare DC, l'hanno abbandonata senza tanti complimenti. e questo vale per la Lega al Nord e per il Movimento Sociale al Sud. La DC non è stata in grado di esigere dai suoi elettori, e da se stessa in primo luogo, nessun tipo di tensione morale, quindi di coerenza. In questo momento c'è una presa di coscienza di questo deficit di autocritica, ed è questo che la DC vuole in qualche modo cercare di recuperare lasciandosi sconfiggere. Poi c'è anche questa lettera del Papa, che è inequivocabile. O noi guardiamo le cose superficialmente e diciamo "Il Papa è polacco, è fissato", e quindi la snobbiamo, oppure ha un senso dal punto di vista cristiano, cattolico. un senso che non è valido soltanto nella contingenza politica, ma è proprio del rapporto tra la Chiesa e la modernità. Che cosa vuole dire questa lettera del Papa? Si può dare Chiesa senza un partito politico di ispirazione cristiana. senza un insieme di cristiani che politicamente, nel secolo. rimangono fedeli a una linea di comportamento? Questo è il problema e mi pare che la lettera del Papa confermi, pur nella sua ambiguità, questa esigenza di mantenere ali' interno la carne dell'uomo è politica, è società, è relazione umana Sempre meno nella società e' è qualcosa di cristiano -e in questo senso mi sembra che anche il solidarismo sia un pericolo, cioè che sia la riduzione del cristianesimo a tecnica dell'assistenzialismo, che può essere fatta propria dallo Stato mettendo qualche ministro cattolico- e vedere la Chiesa come totalmente irriducibile alla storia pone il problema dell'anima bella che si salva la coscienza abbandonando il mondo alla sua negatività, cioè di una spiritualità riconciliata con se stessa che vive dentro di sè la propria irriducibilità. La Chiesa pone la questione dell'incarnazione e l'incarnazione significa che il messaggio dell'alterità, del regno dei cieli, viene messo in crisi; l'incarnazione è la manifestazione dell'Amore, Dio in Terra, e questo è il mistero cristiano. li problema fondamentale, quindi, non è quello di mantenere una spiritualità pura, in fin dei conti asettica, ma è la capacità di trasferire la vera spiritualità all'interno della storia. E' un problema di mediazione, dell'ingresso dell'Amore nella storia e quindi è necessariamente un problema politico. Pensare ad un cristianesimo che non si pone il problema politico, con tutte le contraddizioni e gli enigmi forse ilTisolubili che questo comporta, significa impoverire il cristianesimo. Pensiamo alla cultura luterana: se il rischio del cattolicesimo è stato il "grande inquisitore" o la DC, qual è il rischio della cultura luterana? E' quello della progressiva sparizione. li cristianesimo luterano abdica completamente alla ragione di Stato ed è incapace. proprio perché il Regno di Dio è in un altro mondo, di mettere in crisi uno Stato che in qualche modo viene sacralizzato da questo ritirarsi del cristiano nell ·Eden della propria interiorinel prossimo numero: la televisione e il problema dei suoi linguaggi intervista a Piero Dorfles composizione sociale e rappresentanza degli interessi intervista a Aldo Bonomi

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