Una città - anno IV - n. 29 - gen.-feb. 1994

il futuro marito cosa mi direbbe? Secondo mc non è bello così, consumare tutto subito, penso che sia meglio tenersi da conto ... Quando avrò compiuto la maggiore età non dico che sparirò senza farmi più vedere. verrò a trovare i miei genitori. però mi immagino che troverò un lavoro, avrò la mia macchina e mi sposerò un gagio, e qui non vorrò più abitare. Qui ho patito le pene dell'inferno, un po· per la scuola, un po' per il lavoro che non si trova, un po' perché devo sempre stare qua tutti i giorni ... lo sono sempre qua dentro, eia quando sono nata, neanche adesso che sono più grande posso uscire. Mai niente cli niente. Posso u cire olo con Ana o con le ragazze cieli' Opera Nomade, ma da sola con le mie amiche mai. Non o nemmeno come è fatta una discoteca. Sono stata al cinema, ma è diverso ... Ballare mi piacerebbe. Quando sono con i miei amici e cugini sono tutta un'altra persona, e quando sono tra i gagi sono tutta un'altra. Mi comportodiver amente. Qui ho sempre avuto il mio carattere, dico co e anche senon le penso, non penso aquello che devo dire, la dico e bum e anche se uno della mia gente si arrabbia, dopo un po' siamo di nuovo amici. Invece quando sono tra i gagi, prima penso epoi dico, perché dopo sesbaglio ... Poi io sono un tipo molto vergognoso, molto timida, e allora se dico una cosa non elettabene... lui può anche perdonarmi, ma sono io che rimango lì e non parlo più ... Qui al campo siamo più cli trenta persone e io sono l'unica che si vergogna ad anelarea fare la spesa con i soldi, a mangiare davanti alla gente. Quando frequentavo la :,cuoia, quando ero più piccola non so come ho fatto a finire le scuole e ad essere promos. a. Quando ero interrogata, parlare neanche per sogno, quando la maestrami chiamava alla lavagna... niente... la maestra perdeva anche la pazienza perché non parlavo mai. A vcvo delle amiche che mi chiamavano a giocare ma io mi vergognavo a fare tutto. Solo in terza media ho cominciato ad aprirmi e a parlare, a scherzare e a giocare con le mie compagne, ma prima tavo sempre zitta e mi vergognavo cli fare qualsiasi cosa. Ogni volta che entravo in classe.anchequando la porta era alle loro spalle, i ragazzi si giravano tutti e io avevo I' impre ·sione che mi osservasseroperché ero nomade. A volte sentivo parlare sottovoce, anche se vestivo benino pensavo mi guardassero per quello. Poi delle volte li sentivo proprio indicarmi a ragazzi delle altre classi e dire "quella è una nomade''. Delle volte mi hanno anche offeso. Mi sentivo il brutto anatroccolo dellacla se,ogni voltachesbagliavo mi me11evosubito a piangere, non ho mai chiesto di anelare al bagno, aspettavo fino al ritorno al campo ... Solo in terza media ho cominciato ad alzarmi per la ricreazione. Prima non mi alzavo mai se non me lo diceva la maestra. Pensa che anche alle gite scolastiche in pulman non mi alzavo mai, tenevo la testa bassa fino ali' arrivo. E anche se i miei amici gagi sapevano che sono una nomade e mi trattavano come una di loro, ero io _) BibliotecaGino Bianco a crearmi un· infinità di problemi. Pensavo:..ah,quello mi guardacosì perché sono nomade ...... oppure --adessomancaqualcosa e quello lì pensa che. ono stata io..:·. Anche se poi loro non lo pensavano affatto. Pensosempreal perché mi guardano. Mi immagino tutto io. E' sempre stato così, fin eia quando ero piccola. Ora no, a volte sono io che prendo l'iniziativa. Ma solo fino a poco tempo fa... Un giorno sul tram che mi portava al campo c'erano poche persone, dei ragazzi anche carini. non mi sono azzardata ad alzarmi, sono anelata clrillo e mi sono poi fatta tutta la stradaa piedi ... è incredibile lo so. Se ho deciso di uscire cli qui elevo pur imparare a difendermi. Se ho deciso di abitare fuori devo badare a me stessa, devo perdere la timidezzaaltrimenti sarò sempre sottomessaa tulli, con la vergogna non si combina niente. Certo, se conoscerò un gagio sarà come tornare a scuola, avrò pauradi esserepresentata ai suoceri, dovrò imparare. Quando ho finito la terza media a 14 anni sono andata a lavorare, empre sotto assistente sociale. Sono stata in una pasticceria del centro e lì hanno cominciato ad affezionarsi a me e ad andare d'accordo con mc. Anche lì però una volta è successoqualcosa. A Bologna hanno ucciso un mio zio e appenasonoentrataa lavorare e' era questo ragazzo che cominciò a dire che se lui era al po to di quel poliziotto avrebbe fatto la ste~sacosa. che gli avrebbe sparato nella testa... e tutte battute. Io non ho voluto piangere, sono stata zitta ma quando è uscito ho dovuto piangere per forza perché non cc la facevo più, aveva detto delle cose terribili dello zio. Dopo il mio datore di lavoro mi ha dato un po' di conforto. Ho lavorato lì sci mesi, poi in un negozio di bomboniere a Caldcrara. Lì mi trovavobcne,anclavod'accorclo con la signora. però un giorno sono mancati elci soldi e lei è venuta da mc a dirmelo, allora io: "adesso dà la colpa a mc perché sono una nomade? Se vuole chiamo mio padre e ne discutiamo··. "No, no, non è che ti sto dando la colpa, però sesuccedeun'altra volta non voglio sapere niente". "Allora se succede un'altra volta la colpa è mia?". Insomma sesuccede qualcosa pensano a te perché ~ci nomade. E lavoravo tanto, le andavo a fare la spesa e ritornavo dal negozio con sporte pcsanti1,simc, lavavo le vetrate che sono enormi, davo la poi vere in tulle le cose, anche le più piccole, solo che una volta ho rotto delle cose. Le ho ripagate. ma la signora al la fine del periodo mi disse che non mi avrebbe assunto. Ci sono rimasta malissimo, mi ero impegnata veramente per non deludere né lei né mio padre, ma purtroppo ... Cosa salvo del mio essere sinta? Che il sinto ne sa sempre più del gagio. Il gagio può essere furbo, ma il into è più furbo. Una ragazzina gagia, che ha tudiato, che a tante cose. che a dare i I resto dei soldi, non può lo stessoessere paragonata a una nomade. E non lo penso solo io. tutti i nomadi lo pensano. Perché?Ma perché il gagio fa cose semplici, che fa tulli i giorni, non ha storie da raccontare, racconta sempre le stesse cose, i nomadi ne hanno tante. da dove vengono, di questa usanza, di quest'altra. Il gagio cos'ha da raccontare?Che mangia e lavora. Perquesto sono orgogliosa di essere nomade, però c'è sempre quel peso che mi porto addosso. E poi i gagi pensano che noi siamo il sotto e loro il sopra e noi glielo facciamo credere. Alcuni di loro, credono che noi accendiamo ancora il fuoco con i sassi e noi glielo facciamo credere... Perché? Perché se nasce un problema con un gagio, anche se lui ha torto non caverai mai ragione, avranno sempre ragione loro, perché noi siamo nomadi e al Iora conviene cavarla di furbizia. E non sto parlando cli razzismo, perché anche il nomade è razzista. Poi salvo la mia famiglia, le mie origini. Anche se spo erò un gagio la mia famiglia è quella. Anche se lui non sarà d'accordo di venire a trovare i miei, bene, resterà a casa. Ma in fin dei conti io non sarò mai carne venduta, è obbligatorio anelare a trovare la famiglia ... Per i gagi, lo so, non è così, ma questo non mi piace. Se un sinto fa i miliardi, non dimenticherà mai la sua famiglia. E col gagio dovrò imparare a comportarmi, ma qui sarò sempre me stessa. parlerò la mia lingua, qui sarò sempre più a mio agio. Perché? Ma perché là sarò sempre in mezzo ai gagi, anche se l'avrò scelto io. Dovrò stareallenta a parlare, dovrò vivere in una casa con delle regole, qui mi comporto come mi pare. Anch'io penso che ·'una donna debba fare la sua razza''. Allora se mi sposo un gagio non voglio che mi dica ·'tu ti dcvi comportare da gagio e non da sinto''. E i figli li porterò al campo, dalla nonna. dal nonno. anche se stanno in roulotte. E se andranno a scuola non vorrò che vengano educati a evitare i nomadi. lnwmma voglio che siano gagi e sinti allo stesso tempo. Il sangue sarà sempre anche sinto. E per noi la famiglia è ~aera. Per il gagio non so. Perché allora voglio un gagio? Ma perché non voglio andare a fare coseche non voglio fare. Tutto qui. Il mio ideale sarebbe avere una casa. ma poi poter tornare qui almeno per un mese, ad aiutare mia mamma. Della vita al campo mi piace la libertà. Appena ti svegli la mattina apri la porta e vedi persone. i tuoi amici, è bello per questo. Il sinto non è abituato ad abitare in una casa,ma ci sono dei sinti che abitano in case, come mio .lio, che ci abita da molti anni. lo ogni tanto vado a trovarlo, mi trovo come a casa mia. invece mia madre ogni volta che ci va deve subito andare fuori perché si sentesoffocare, non riesceastareneancheper un'ora. le manca il respiro. Abitare in una roulotte si è più liberi, la casacon le qua11romura è chiusa ... anche per i miei fratelli è così. Dall"altra parte c'è quello di cui vi parlavo prima. li campo non mi piace perché non vedi mai nuova gente, siamo empre tra di noi. Le personeda fuori vengono raramente, equando si ègiovani dover stare sempre qui dentro senzapossibilità di uscire ti scoccia. Qui le cose sono sempre le stesse,non cambiano mai, sembriamo sepolti, la gente viene solo ogni tanto. non si parla mai di cose... siamo isolati. Poi c'è anche che se una ragazza giovane si innamora di un ragazzo fuori e lui anche si innamora di una nomade dopo un po· lui ti chiede di uscire con lui, di andareamangiare la pizza ... e allora tu pensi "se esco con lui mi farà conoscere i suoi amici, tutti mi guarderanno, come mi dovrò comportare?". E poi, comunque, èmolto difficile conoscere dei ragazzi fuori perché non ti fanno mai uscire, non puoi fare niente. Invece se sei fuori fai tante cose. Adesso per me non è ancora un problema, ma lo sarà... Così il mio sogno è avere un mio lavoro e una mia macchina. Con la macchina avrò già tutto. La mia vita al campo è questa. f'v1.i alzo, faccio i letti. faccio quello che devo fare, poi mi vedo la mia telenovela, '•piccola cenerentola", poi a volte aiuto mia madre a cucinare anche senon so fare, faccio i piatti, poi al pomeriggio giro per le roulotte. chiaccheri di una cosa in una, pas i in un altra e chiaccheri di un'altra co a. Poi ascolto musica, e così faccio sera. La sera faccio il mio giretto fra le roulotte, poi mi vedo un po· di tv e poi vado a dormire. Anche il sabatoe la domenica. Ogni tanto faccio le mie telefonate. E' un po' triste lo so. Da piccoli è molto bello, si scorazza per il campo, si gioca sempre, ma adesso... Di chiedere al papà di andare in discoteca non ci provo neanche. Ho diciassette anni, mia sorella di 21 c'è stata una volta sola. Ho dei vestiti che non metto mai. Cosa me li metto a fare? Per girare qua dentro? Mettersi a posto i capelli, mettersi i tacchi a spillo per cosa? Quest'anno poi non abbiamo neanche fatto la "baracca" per le feste, perché eravamo in lutto. Sai cos'è la baracca?Si mettono gli addobbi, le luci, la musica, viene gente nuova. Ma quest'anno niente. Ho tentato per l'ultima notte di farmi bella per uscire con mio fratello. "Pà posso uscire?". Non l'avessi detto, "cambiati e vai a letto". Per papà è troppo presto. E poi io sono la tredicesima, la più piccola della famiglia e lui mi vuole tenere da conto. - UNA ClffA' I I

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==