Una città - anno III - n. 25 - settembre 1993

di politica I Una sinistra da sempre sospettosa della legalità. La straodinaria esperienza dei dissidenti polacchi. Legalità e questione sociale. La necessità di rinunciare alle maiuscole, ai miti, alle grandi verità e alle nuove certezze. La coerenza fra parole e impegno quotidiano. Intervista a Paolo Flores D'Arcais. Paolo Flores D'Arcais,filosofo della politica, è di rettore di "Micromega" e opinionista de "La Repubblica" ed "El Pais". Con l'accantonamento del marxismo quale filosofia ispiratrice, la sinistra si trova a dover fare radicalmente i conti con la questione della progettualità politica, ma quale può essere oggi una base progettuale per la sinistra? Lei ha proposto una riscoperta della "legal!tà.''... La sinistra, in tutte le sue componenti -da quelle marxiste a quelle anarchiche, a quelle comuniste dissidenti- ha sempre guardato con sospetto al concetto di "legalità", perché ha sempre considerato che la legalità fosse uno strumento del potere per mascherare la brutalità dei rapporti di forza, dei rapporti di oppressione e di sfruttamento. Ora, senza addentrarsi in una discussione storico-ideologica sul passato, credo che occorra constatare che la legalità è invece uno degli strumenti più poderosi di contestazione degli assetti di potere. Credo che possiamo finalmente renderci conto che, se si prende sul serio la legalità, chi paga dei prezzi è proprio l'establishment, coloro che stanno al potere. Quelli che q,uando parlavano di legalità-in realtà però si parlava di "legge e ordine"- imponevano il rispetto delle leggi agli altri, intesi come sudditi, ma se ne consideravano assolutamente sciolti. Ora, tutta la vicenda di "Tangentopoli" è la dimostrazione più clamorosa di come la legalità possa essere uno strumento di contestazione del potere e di liberazione per coloro che non hanno altro potere che i loro diritti di cittadinanza e la capacità di collegarsi tra loro e lottare. Abbiamo visto che il più grande sommovimentochec'èstato in Italia da quasi mezzo secolo, o per lo meno a partire dal '68 -e certamente con esiti molto più efficaci, spiace dirlo, che non quelli del '68- è stato dato semplicemente dall'applicazione del principio di legalità, cioè dal fatto che si è smesso di considerare la legge qualcosa che andava bene per i sudditi, ma non per i politici e gli altri potenti che ne erano esenti. E si è applicato sul serio -o meglio, si comincia ad applicare sul serio, perché la cosa è ancora parziale- il principio per cui la legge è davvero uguale per tutti e non ci sono scusanti né per il politico, né per l'industriale, né per chicchessia. furono i dissidenti polacchi a capire il valore della legalità Questa intuizione del valore di liberazione della legalità, quindi eversivo rispetto a delle situazioni di oppressione, era stata messa in pratica in modo straordinario dai dissidenti polacchi parecchi anni fa. Negli anni settanta, dopo una delle rivolte finite nel sangue, mi sembra quella di Radom, i vecchi gruppi dissidenti -che in genere erano di origine trotskista- cominciarono a cambiare strategia. Fino ad allora si erano scontrati col potere da tradizionali posizioni di sinistra e avevano dovuto subire uno scacco dopo l'altro, a quel punto, invece, organizzarono i comitati di solidarietà con gli arrestati, il K.O.R. e cose di questo genere, e svilupparono l'idea che, visto che il potere faceva delle leggi in teoria bellissime, si trattava di prenderlo in parola, di esigere semplicemente il rispetto delle sue leggi. Invece di contrapporsi al potere la strategia diventò quella di esigere che il potere rispettasse la sua parola, che alle parole corrispondessero i fatti. Può essere stato un caso, però questa strategia in Polonia ha avuto un successo straordinario: è ali' origine della nascita di Solidarnosc; è all'origine della capacità di questi gruppi di diventare gran parte del movimento. Cosa analoga aveva compreso anche Havel in Cecoslovacchia. Credo che "Tangentopoli" sia la dimostrazione che r' "legalità" può voler dire una quantità di cose straordinarie dal punto di vista di coloro che non hanno potere. Se andiamo a vedere in concreto quanto il modo di essere delle classi dirigenti in Italia sia stato profondamente intessuto di illegalità, capiamo anche quanto l'esigere e l'imporre il rispetto della legalità significhi un ridimensionamento straordinario del potere delle forze conservatrici, o di destra, sia da un punto di vista politico che economico. Chiedere legalità significa mettere in discussione un potere che si è servito delle stragi, significa ridiscutere completamente il ruolo dei servizi e dell'esercito -vedi questione di Ustica-, significa smantellare completamente quello che è stato un ceto politico di governo, la nomenklatura democristiana e socialista. Significa smantellarla dai vertici, dagli Andreotti e dai Craxi, fino ali' ultimo assessore di provincia. Significa rimettere in discussione l'atteggiamento troppo spesso passivo che anche le opposizioni hanno avuto nei confronti di questo fenomeno. Un aneggiamento che, in nome degli interessi popolari, è stato anche teorizzato: Comunione e Liberazione, Sbardella, dicevano che col PDS si potevano incontrare perché Luttidifendevano interessi popolari e quelli che volevano far rispettare rigorosamente la legge erano dei privilegiati, la grande industria e così via. Questa tesi è stata poi completamente smantellata dalle inchieste di "mani pulite", che hanno messo in luce come il ceto politico di governo, tutta l'industria di Stato, una parte consistente della grande industria privata e spesso, a livello locale, la media industria, avessero dato luogo ad un vero e proprio intreccio solidale di interessi che veniva fallo pagare alla generalità dei cittadini. Anche da ciò emerge come, in questo paese, il prendere sul serio la legalità possa dar luogo ad uno straordinario rivolgimento sociale. Secondo me imporre oggi, rigorosamente, la legalità significa anche risolvere, almeno in parte, quella che tradizionalmente è la "questione sociale". Pensiamo solo a quanta parte del salario reale corrisponda, soprattulto nel le grandi ci Ltà,I' efficienza o la non efficienza di tutti· i servizi. A Roma si possono passare anche tre ore, tra andata e ritorno dal luogo di lavoro, sui mezzi di trasporto: queste sono tre ore di tempo di lavoro non retribuito, per non parlare poi degli aspetti psicologici, di quello che comporta in termini di affaticamento per la persona e di deterioramento della qualità della sua vita. Pernon parlare di tutte quelle altre parti di salario reale che sono date dal servizio sanitario, dalla scuola e così via. Tulte le tradizionali conquiste del wellfarestatesono parte del salario reale e il deterioramento di questo significa un impoverimento reale di ogni ciltadino. In alcune zone del paese questa situazione è catastrofica e questo tipo di inefficienza è profondamente legato alla illegalità. Illegalità ed inefficienza sono andate di pari passo e si sono rafforzate a vicenda, quindi imporre legalità significa in larga misura anche porre le basi per una ripresa di efficienza, che a sua volta significa un immediato arricchi mento. senza spese, per moltissimi cittadini. Vediamo però il motivo per cui la sinistra non ha saputo fare della legalità la propria bandiera. Fare della legalità la propria bandiera significa certamente far pagare dei prezzi molto alti all'establishment, al potere, ai prepotenti, a quelli che hanno lucrato, significa però anche compiere una rivoluzione culturale, di mentalità, al proprio interno e quindi anche pagare dei prezzi rispetto a quei piccoli vantaggi che anche larghi settori popolari hanno ottenuto con la microillegalità. Pensiamo a come la sinistra, in molte occasioni, non abbia avuto il coraggio di chiedere una politica fiscale rigorosa solo perché anche tra gli elettori di sinistra c'era una larga parte di microevasione fiscale. La paura di toccare gli interessi, i malintesi interessi, dei propri aderenti ha impedito alle sinistre di assumere delle posizioni rigorose. Secondo me, però, alla fin fine i vantaggi di questa microillegalità molto diffusa sono stati infimi, sul piano quantitativo, rispetto ai grandi privilegi dei signori delle tessere e dell'intreccio politico-affaristico, e magari politico-affaristico-mafioso. Ma i prezzi sono stati devastanti dal punto di vista morale e politico, perché la sinistra ha finito per essere considerata una parte di questo regime. La Lega non si spiega senza Luttoquesto. Una delle grandi occasioni perdute delle sinistra fu l'approvazione della aberrante legge sul condono edilizio. Il PCI su quella questione considerò che chiedere il rispetto delle leggi urbanistiche fosse una cosa da aristocratici intellettuali, ma il risultato è che il degrado urbanistico del sud e delle periferie urbane, tutti luoghi dove poi vive la gente che ha meno potere e meno soldi, è una cosa disastrosa, perché se ciascuno si fa due stanze in più poi si vive accatastati gli uni sugli altri. Invece di chiedere una politica di edilizia popolare che non fosse punitiva, di chiedere leggi buone e il rispetto di queste leggi, si è considerato che la illegalità diffusa era di necessità e andava salvaguardata. la paura delle sinistre di toccare gli interessi dei propri aderenti Il risultato è stato un'immagine, e anche una realtà, di consociazione con il governo. E la qualità della vita di quelle persone, che si volevano in questo modo difendere, rimane quella terribile delle periferie degradate. Potremmo fare moltissimi esempi per capire come una politica di legalità rigorosa, quindi la cosa più lontana dalla tradizionale mentalità di tutte le sinistre, oggi si dimostrerebbe la cosa più eversiva nei confronti del passato regime. Che poi è passato per modo di dire, perché è ancora fortemente radicato nelle cosiddette stanze dei bononi. Naturalmente c'è un rischio: che si consideri questo tema della "legai ità" come un tema capace di riso Ivere tutti i problemi e di riassumere tutti gli impegni politici di una nuova sinistra, ma è evidente che anche con l'applicazione delle leggi restano sempre dei margini per delle politiche di sfruttamento e ingiustizia. Rimangono perciò necessarie, ovviamente, anche leggi diverse e non solo la richiesta che il potere non violi le sue proprie leggi. E' necessario imporre al potere dei cambiamenti radicali di rotta, che però non possono essere più quelli tradizionali di chiedere più spazio per la cosiddetta "gestione pubblica", statale o comunale. Gestione che è stata la più privata di tutte, perché gestita da alcune di quelle associazioni privatissime che sono i partiti. Tutto questo però non prende in analisi il motivo forte che stava dietro ali' essere di sinistra, e cioè la richiesta di un "senso" dell'essere nel mondo, dell'agire ... lo credo che si debba rinunciare all'idea che si possa dare unari sposta al la domanda di senso, e credo che si debba rinunciarvi non solo nella politica. E' la grande difficoltà, la grande debolezza, di una posizione laica, di una posizione che non può rifugiarsi nell'idea che ci sia un aldilà, che ci sia una giustizia eterna o che ci possa essere un qualche surrogato di queste cose su questa terra. Credo che dobbiamo prendere alto che il senso non c'è e dei frammenti fragili, esposti allo scacco, parziali, di senso del vivere. e soprattulto del come vivere, possiamo, dobbiamo, provare a dari i noi. ciascuno di noi, perché altrimenti verrebbe meno la voglia di vivere. Allora la scommessa di un punto di vista laico -e tanto più di una politica che riassuma la realtà dell'universo per quello che è, cioè di una realtà che non ha uno scopo, un fine segnato fin dall'inizio- è se ci possa essere passione per il relativo. Se, senza il grande scopo finale. si riesce lo stesso ad appassionarsi al fallo che, come individui e insieme con altri, si cerca di modi ti care le cose nel senso di maggiore libertà e di maggiore giustizia per tulli e per ciascuno. lo non sono affallo certo che davvero questo sia possibile. sono invece certo che al di fuori di questo tentativo c'è solo la politica basata su delle grandi suggestioni, su delle

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