Una città - anno III - n. 25 - settembre 1993

ha avuto esperienze di tossicodipendenza. Sant' Ilario ha sempre voluto essere un 'esperienza che ha cercato di partire dall'esperienza del singolo, che non va mai negata. Nell'incontro con una persona, quindi, ogni volta si tratta di aiutarla a tirare fuori, partendo da quella che era la trama che noi proponevamo, il massimo delle sue possibilità personali rispetto alla sua storia, rispetto al suo modo di essere e così via e da qui la possibilità di fare scelte differenti da quella della tossicodipendenza. Per anni abbiamo pensato che l'unico successo di una comunità fosse che il tossicodipendente non si facesse più, ma adesso io credo che un buon risultato non sia solo quello "riparativo", ma è anche il fatto che una persona riesca a dare un significato all'esperienza che fa. Dopodiché, che riprenda a farsi o no, una parte di cambiamento già c'è stata. Certo se una persona riprende a farsi ci sarà dell'altro lavoro da fare -e se vorrà potrà rifarlo con noi o farlo da qualche alrra parte- ma qualcosa avrà già sedimentato. Insomma, l'unico obbiettivo perseguito non è il superamento del comportamento tossicomaniaco. Credo che qualunque persona che va da un terapeuta chiedendogli aiuto, chieda anche di essere aiutata a capire meglio il suo problema, cominciando ascoprire dei significati e dei risvolti che da sola non era stata in grado di mettere a fuoco. Una volta fatto questo che cosa ne farà della ua vita, che cosa deciderà, saranno unicamente scelte sue. Dieci anni fa io stessa non avrei accettato un discorso di questo tipo e credo che molte del le persone che fanno un'esperienza di tipo correttivo non l'accettino nemmeno oggi; sono due impostazioni diverse, secondo me ugualmente dignitose, ma radicalmente differenti. Si può anche sospettare che sia più facile vederla in questo modo perché fa vivere meno fallimenti, ma non penso sia per questo. un lavoro di cui si fa fatica a cogliere il senso andava a fare colazione insieme, poi iniziava il lavoro. C'era il lavoro dei campi, il governo della casa e poi naturalmente c'erano tutte le attività più legate alla storia personale. Potevano esserci delle persone che avevano degli studi da riprendere o da terminare, o persone che, a seconda del momento in cui si trovavano nella loro esperienza in comunità, potevano anche cominciare un'attività di collegamento con l'esterno. Poi c'era il pranzo in comune, al pomeriggio di nuovo delle fasce di lavoro poi la cena. Il dopo cena era più o meno libero, ma si cercava di far sì che il tempo serale fosse passato assieme. Tutto questo, però, non dà la misura di come si vive lì. Che in una situazione in cui si vive insieme ci sia una organizzazione del la giornata, o una organizzazione settimanale, che ti permelta di sapere qual è l'orientamento, quali sono le cose che si stanno portando avanti credo sia importante. Per una persona che viene da una situazione dove l'unico ordine possibile era quello coercitivo, risperimentare una giornata in cui stare dentro ad un ordine più complessivo, in cui avere delle relazioni con se stesso, mi sembra sia· un'esperienza che riporta quel tanto di sostegno che è venuto a mancare. Poi c'erano tutta una serie di momenti terapeutici che servivano proprio per aiutare la persona a portare avanti pian piano un discorso di comprensione di se stessa, della sua modalità di rapporto con sé e con gli altri, che gli permeuesse di fare una esperienza che gli potesse poi servire sul piano personale, peruscire più strutturata e più capace di affrontare la sua vita. E attraverso questa esperienza siamo arri vati anche a renderci conto che era importante che l'esperienza della comunità potesse servire da sostegno ad un'esperienza più terapeutica in senso stretto; un'esperienza che era importante fosse condotta dalla persona al di fuori della comunità. Che, passato il primo mese in cui si ambientava, la persona dovesse riprendere il rapporto col suo terapeuta individuale o famigliare. Abbiamo sempre pensato che il coinvolgimento Le comunità fondate da un religio- della famiglia fosse fondamentale so, dotato spesso di un carisma nel lavoro con i tossicodipendenti notevole, di grande passionalità e perché le famiglie sono quasi semmolta voglia di impegnarsi, con pre coinvolte e quindi è sempre una forza umana e spirituale molto sembrata una co a fondamentale grande, mi sembrano comunque più poter fare anche con loro un perorientate in senso correttivo. Lavo- corso che le aiutasse a capire cosa rano per ricostruire la persona ri- era accaduto, quali risorse potevadandogli quelle esperienze sane che no rimettere in gioco, che cosa si per una parte della vita gli sono aspettavano, eccetera. Inogni caso, mancate, facendogli apprendere però, non era la comunità a decideuna serie di cose che, per ragioni re. personali o familiari, non ha appreso. In questo senso sono correttive. E penso anche, per l'esperienza che ho fatto, che ci siano persone che possono effettivamente trarre giovamento solo da questo tipo di una comunità che chiude per il week-end comunità e non tutti possono avere La comunità adesso chiude il sabainteresse a fare un percorso tera- to pomeriggio e i ragazzi ritornato peutico che cerchi di andare alle il lunedì; c'è questo stacco in cui radici della loro storia personale tulle le selli mane i ragazzi vanno a per tirare fuori quelle risorse fino casa loro, quindi non staccano mai ad allora inutilizzate. Qualcuno può del tulio dalla loro storia familiare, aver solo bisogno di essere accom- dalla loro storia di relazione. Ci pagnato per mano a reimparare tut- sono tutta una serie di regole per ta una serie di cose, anche senza cui la famiglia si fa garante quando fermarsi troppo a pensare al per- la persona è a casa, e quindi la ché. E se uno vive benissimo senza famiglia riscopre un ruolo fondafarsi troppe domande -quanti ce ne mentale rispetto al progetto che son o fra i "normali"?- perché tu mette in piedi insieme col figlio. gliele devi inculcare? Anche questo è un cambiamento Puoi fare qualche esempio con- rispetto alla comunità intesa come creto della vita nella comunità? il posto dove finalmente la persona In alcune comunità, per esem- era portata via da tutte le innuenze pio, c'è una spinta sull'aspetto negative e ne usciva fuori come un lavorativo, correttivo appunto, prodotto pulito e finito ... Anche che a volte lascia perplessi. In questo testimonia come l'aueggiacerti casi sembrano "campi di mento sia diverso, non puoi tirare lavoro" ... A Sant'Ilario? fuori nessuno dalla sua storia se Nelle strategie di lavoro coi tossi- non si mettono in movimento le codi pendenti che vengono messe cose che cambiano in lui, che camin atto in comunità dove è molto biano nella sua storia. La famiglia marcata la componente lavorativa, si fa garante e certamente se non il tipo di lavoro che viene proposto tiene la famiglia, forse non terrà è un lavoro di cui si fa fatica a nemmeno lui, ma l'atteggiamento cogliere il senso (nel lavare le pie- è questo, si cerca di mettere in tre della strada con lo spazzolino da gioco tutta la storia di quella persodenti è difficile trovare un senso, ed na. Questo va sempre nel la direzioè successo!). A volte hanno un ne di cercare delle strategie che aspetto espiativo... aiutino ad offrire una possibilità A Sani' Ilario, almeno quando c'ero più vicina ad ogni singola storia. io, ci si alzava tutti alla stessa ora, Queste, per sommi capi, sono alcucon variazioni stagionali o in base ne delle caratteristiche della comuB I0° 1iOfehciacev(j In oanBT8nC0 10 legata affettivamente così come credo gli altri colleghi con cui ho vissuto un'esperienza umana e professionale entusiasmante. Loro stessi poi potrebbero dire cose diverse, perché pur essendoci una trama comune, discussa, decisa e cambiata insieme, la prospettiva individuale ricercata col tossicodipendente lo era poi anche per l'operatore. QUALE DESTINO PER LA SCUOLA 1 mi dice solo che è lì perché mandato dalla prefettura Con questo -lo ripeto- ci sono persone che a Sant' Ilario non sarebbero rimaste neanche un giorno, ci sono moltissimi tipi di comunità. In verità l'unica vera riserva che mantengo nei confronti di chi si occupa di tossicodipendenza è quella nei confronti di quei gruppi che non si confrontano. Se ci sono dei gruppi che non hanno voglia di dire come lavorano, se non vogliono mostrare quel che pensano e come si muovono, se rimangono chiusi in se stessi, io, se posso, lì non ci mando nessuno. Poi è sempre la persona interessata a decidere dove vuole andare. Ritornando a parlare del servizio pubblico, dove attualmente lavori, ci puoi dire come e se è cambiato l'atteggiamento di chi viene da voi con la legge Jervolino-Vassalii? lo sono fra coloro che volevano che scomparisse dalla legge la concezione della droga come reato, la droga è un disagio e quindi non è correlto che venga considerata un reato. In ogni caso io non ho conosciuto nessuno che sia finito in carcere per il solo fatto di essere drogato, chi è stato incarcerato lo è stato perché, come succedeva anche prima, aveva rubato, spacciava o cose simili. La novità della situazione creata dalla legge è che oggi mi trovo ad avere delle persone obbligate a venire da me. Oggi, quando uno viene trovato con della droga, viene chiamato in prefettura dove avviene un colloquio in seguito al quale il drogato deve scegliere fra le sanzioni amministrative o il curarsi; i più scelgono di curarsi e quindi vengono mandati dall'operatore, che a quel punto, anche se non è obbligato in senso stretto, è certo fortemente sollecitato a fare qualcosa. Con una partenza di questo tipo è chiaro che le difficoltà sono tante, perché un conto è la persona che viene perché non ne può più di quel l'esperienza -una persona quindi che, anche se non sa come fare a uscirne, ha già compiuto un primo passo da sé-, un conto è quello che arriva perché obbligato a farlo. Adesso ho un ragazzo che viene regolarmente e tutte le volte dice che non sa proprio cosa dirmi, che è lì solo perché la prefettura l'ha mandato. - Ci si potrà intendere sullo stato e sul destino del nostro sistema scolastico? In questi giorni i mezzi di informazione faranno il punto esibendo numeri, esprimendo valutazioni, dando voce a lamentele e attese. Vi potrei anticipare luoghi comuni e falsità che qualunque giovane giornalista tirocinante sarà in grado d'esporre con sicumera e con tono moralizzatore. Naturalmente, responsabili sono i più vecchi. Sarà una settimana, un maTtre à penser della "Stampa", professore universitario, metteva al centro della sua severa diagnosi dei mali della scuola italiana il fatto che il bilancio della P.I. -cifre alla mano!- se ne va quasi tutto in stipendi (il 98%: certezza dei numeri!). Dunque, l'Italia non spende quasi nulla per edilizia scolastica, attrezzature, laboratori, biblioteche ... da sempre. Eppure, a guardarsi in giro ... E' una vecchia balla che ha avuto successo (Goebbels insegna): nessuno ricorda mai che per Istituti Tecnici, istituti Professionali, Licei Scientifici, Scuole Materne e Elementari ecc. le spese per l'edilizia ecc. sono a carico di Province e Comuni e che dunque quella cifra rivelatoria non rivela proprio nulla. Questo è un esempio, tra innumerevoli, di falsità fondate sul dispiegamento di certezze numeriche. Poi ci sono le grandi falsità, globali, da giudizio universale, abbaglianti come la luce del sole: la scuola italiana è la peggiore d'Europa, siamo dietro la Spagna (o la Grecia o il Portogallo ...); facciamo meno giorni di scuola di tutti; gli insegnanti italiani sono i più incapaci; i nostri studenti sono i più ignoranti del mondo; siamo fermi a Gentile; la scuola italiana è allo sfascio ecc. E giù confronti -con numeri, tabelle, grafici- colla Corea del Sud, gli USA. .. Una volta passato il mese di settembre, le agenzie di stampa periodicamente distribuiscono veline di verità costruite col medesimo metodo. Quando addirittura non costruiscono movimenti studenteschi, pantere, ecc. A volte compaiono, certo raramente, informazioni che sembrano fare eccezionè.11metodo è lo stesso: le scuole materne di Reggio Emilia (o Modena, non mi ricordo) sono le migliori del mondo. Lo dice una pubblicazione di studiosi americani. Magari sono gli stessi che, quando erano piccini i miei figli, avevano dimostrato che il latte artificiale èmigliore del latte materno. (tra parentesi: qualche anno fa un'equipe di non so più quale università americana, dopo sette anni di ricerche, con l'investimento di un adeguato numero di miliardi, ha dimostrato -per ora- che l'alimento migliore per i neonati è il latte materno). La potenza dell'informazione è tale che rende insignificante o annulla la diretta responsabile esperienza, giudizio, sapere personali, anzi è essa la diretta esperienza personale. Qualche estate fa, all'improvviso sulla prima pagina della "Repubblica" comparve con massiccia evidenza la documentata appassionata denuncia dell'ennesima infamia italiana: era dimostrato che noi italiani avevamo una telefonia da terzo mondo. Dio mio! In particolare, era assodato - cifre alla mano!- che quando noi italiani facciamo un numero al telefono nel 50% dei casi non ci risponde l'utente che volevamo. Per un paio di giorni la notizia fu rieccheggiata. Poi silenzio. Evidentemente, si era trattato di un avvertimento del potentato di Scalfari verso chissà quale altro potentato. Comunque fosse, la cosa era clamorosamente falsa per l'esperienza personale di ciascuno di noi. Eppure, quell'estate più volte sentii amici e conoscenti, persone normali, anche intellettuali, ripetere che in Italia metà telefonate vanno a vuoto. Poi tutti se ne sono dimenticati: ma un elemento in più è andato a depositarsi nel fondo oscuro del negativismo; l'autonomia personale è diventata più fragile. Così succede per la scuola (al punto che una volta trovai "scuola fatiscente" in un documento del Ministero). La quale ovviamente ha bisogno di essere migliorata, cambiata, e anche ripensata. Ma non ci si arriverà mai atttraverso diagnosi sommarie, estemporanee, liquidatorie, soprattutto prive di ogni responsabilità. Anzi, sono proprio i polveroni negativisti che impediscono d'identificare e affrontare le vere difficoltà. Le cose si fanno ancor più confuse se prestiamo l'orecchio alle richieste e alle attese che vengono rivolte alla scuola: si vorrebbe tutto e il suo contrario, tanto che si rischia di non sapere più di cosa si parla. E' solo colpa del negativismo connaturato al giornalismo e di una società civile sempre debole di fronte ai poteri esterni? E' il frutto estremo delle grandi contrapposizioni ideologiche? E' l'autolesionismo nazionale parte integrante del nostro Risorgimento? A me pare che si sia esaurita -parafrasando Berlinguer- la forza propulsiva del Risorgimento, che aveva imposto at paese un progetto di civiltà, di cultura, di scuola (il momento più rigoroso e più nobile si è avuto con Gentile). Ci è costato sangue e lacrime, imperialismo e colonialismo interni, falsificazioni e opportunismi. Quel cemento unitario forzoso cominciò a sgretolarsi proprio col fascismo. Ormai, tocca a noi ripensare la nostra scuola, senza autodenigrazioni, senza pensare di dover partire da zero, senza scimmiottare mode già superate altrove, senza buttare via il molto di buono che con lacrime e sangue abbiamo costruito. E dobbiamo partire da ciò che c'è e non fare i soliti deserti giacobini per costruirci sopra il mondo nuovo. Innanzi tutto, prendere atto del pluralismo che c'è già e legittimarlo. Pensare a una scuola che, garantendo dei beni nazionalmente condivisi, favorisca l'autonomia e la responsabilità. L'ultimo esempio negativo lo offre la recente riforma degli ordinamenti della Scuola Elementare, riforma di cui a due anni di distanza tutti si lamentano: eppure tutti i suoi sostenitori assicuravano che la fase sperimentale aveva dato ottimi risultati. Quella riforma ha introdotto da 3 a 6 maestri per classe mentre erano 1 o 2 prima, in base al principio pedagogico-culturale che per un bambino del 2000 un maestro solo non può più avere le competenze necessarie (così ha sintetizzato la senatrice Alberici: "Il bambino telematico pone domande pluriculturali"). Può anche darsi che sia vero, visto che secondo i nuovi programmi i bambini non imparano più a leggere, ma a "decodificare il testo"! Ora, come dicevo, lo scontento è quasi universale, a partire da chi la riforma l'ha inventata (psicosocio-pedagogisti dell'Università Cattolica di Milano). La sinistra, che se n'è fanaticamente appropriata e ha seguito come al solito il servizio d'ordine (guai a dissentire), che fa? Denuncia le forze oscure e conservatrici che, annidate ecc., in realtà la rif.ormanon l'hanno mai voluta e l'hanno tradita e fatta fallire. E già pensa a un'altra riforma. Amen. · Vincenzo Bug/iani. (ll CoffdaeRi ipf armidiForlì s.pA. Erboristeria - Prodotti naturali - Shiatzu FABBRI Dr. Enrico Forlì - via Albicini, 30 (ang. via S. Anna, 2) Tel. 0543/35236 elettrauto marzio malpezzi piazza della vittoria forlì tel. 67077 Mlllrl·• /iliè i GIOVANI da O a 10 ann 19 anni aa11a Perloro il miglior futuro possibile AUT. INT. FIN. FORLI' n. 417423 del 30/9/92 Tutta la scelta chevuoi Vialedell'Appennino1,63 - Forlì UNA CITTA' 1 3

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