Una città - anno II - n. 14 - giugno 1992

fuori le mura LI ONORE DELCARCE o La vita !uotidiana dei giovani carcerati, faffa di noia, ma anche di senso di sicurezza; di ,randi amicizie, ma anche d, virilità e aggressività. E di codici morali molto forti. Dal racconto di Aldo rerracc,ano, psicologo, che Ila lavorato al carcere minorile, uno sguardo illuminante su una realtà buia per citi è fuori. AldoTerracciano, consulente psicosociale, si occupa di psicologia di gruppo e di formazione in psicosociologia. Ha lavorato per tre anni, dal '82 al '85 come animatore nella Prigione-Scuola di Forlì. 11 nome "Prigione-Scuola" identificava allora un carcere minorile di massima sicurezza dove venivano inviatiminori che avevano commesso reati gravi, per iquali erano previste pene mediamente elevate: omicidi, rapine a mano armata, sequestri di persona, violenza carnale aggravata, oppure minoriche, inqualche modo, creavano situazioni di forte aggressività nel carcere minorile da cui provenivano. Carceri minorilidi massima sicurezza erano a Eboli, Acireale, Napoli e Torino. Quello di Forlì è stato chiuso circa sei-sette anni fa. Qual è stato il motivo del progetto che hai portato avanti nel periodo in cui hai lavorato nel carcere? Non riuscivano a strutturarsi il tempo da soli? Solo in maniera molto abitudinaria, facendo sempre le stesse cose, giocando a pallone, guardando la televisione, giocando a carte o scrivendo a casa. Questo era un vero problema; stringeva anche un po' il cuore. Mi ricordo di essere andato diverse domeniche a salutarli e vedevo questi ragazzi tutti vestiti bene, come si fa da noi ladomenica, in giacca e cravatta, con i pantaloni belli, tutti seduti nel cortile con la radiolina ad ascoltare le loro partite: in qualche modo la giornata andava certificata. Perché la domenica normalmente era vuota: alle otto della mattina uscivi dalla cella, facevi le pulizie, però alle dieci avevi finito, dalle 1O alle 8 di sera ... Noi riempivamo tutta la settimana in modo tale che il tempo libero non fosse un momento di noia. Che tipo di cultura c'era in carcere? I ragazzi che ho conosciuto erano quasi tutti del sud o extracomunitari, c'era qualche iugoslavo zingaro. Quelli del sud, per esempio, avevano un culto religioso, una religiosità formale molto profonda, c'era gente che aveva ammazzato, sequestrato, violentato, però andava a messa tutte le domeniche. Veniva un frate a confessare; se non c'era la messa si lamentavano, per loro era una forma culturale, c'era il rituale, la consuetudine sociale. Ho conosciuto persone che mi hanno dato subito l'impressione di avere una loro forte moralità. Quando ho cominciato a lavorare con loro sono stato colpito dal mio pregiudizio che assassini, ladri, delinquenti, spacciatori fossero immorali. In realtà mi sono accorto che non era vero: loro av.evano una chiara moralità, solo che era diversa dalla nostra." Avevano un'etica, una serie di norme socioculturali molto precise, rigorose riel1' applicazione, solo diverse dalle nostre, diverse e anche molto gravi rispetto al nostro modo di vedere. Ad esempio, nella sociocultura dominante, l'omicidio è considerato un reato gravissimo, però noi non pensiamo mai che questo è appunto il frutto della cultura dominante. Non di una cultura eticamente giusta in termini astratti. il tradimento uno dei reati • ♦ • p1u gravi Noi siamo sempre portati a guardare i fenomeni da un punto di vista etico: è giusto, è sbagliato; è buono, è cattivo. Ad esempio, per i ragazzi che ho conosciuto, la persona che violenta o che offende tua sorella merita di essere sfregiata, ferita, uccisa, perché ha offeso qualcuno che appartiene alla tua famiglia. Siccome il nucleo familiare è un polo fortemente aggregativo dal punto di vista morale, se tu offendi mia madre e dici che è una puttana, non hai offeso soltanto lei, hai offeso tutto il mio sistema familiare, per cui è obbligatorio lavare quest'onta col sangue, altrimenti io sono un debole e tutti si possono permettere di offendere la mia famiglia. Se invece vengo e ti taglio la gola, io vado in galera e pago questo mio atto con una sanzione sociale determinata dalla cultura dominante, ma in realtà penso di aver fatto bene e so che pago questo prezzo con onore, perché ho fatto un atto che mi permette di vivere a testa alta nella mia sociocultura. festival di musica da camera sadurano serenade 92 16 LUGLIO: 18 luglio- 12agosto 30 LUGLIO: CASTROCARO TERME CHANSON DU NOUVEAU catè - concert concerti a SADURJ\NO: 18LUGLIO: I SOLISTI DELLASCALA S1afano Pagliani, Alessandro Fcrrari: violini. Danilo Rossi: viola. Enrico Dindo: violoncello. Giuseppe Enorre: con1rabbasso. Bruno Cavallo: nau10. Fabrizio Meloni: clarineuo. Valentino Zucchiari: fagot10. Danilo S1agni: corno. musiche ,li MOZART. SCHUBERT 20LUGLIO:SADURANOFESTIVAL ENSEMBLE P.Ghidoni. E.Schiavi. A.M.Fornasicr: violini. O.Rossi. F.Merlini. E.Rossi: viole. E.Dindo, M.Boni. F.Tampicri: violoncelli. L.Colonna: contrabbasso. S.13ezzicchcri: clavicembalo. musiche di HI\YDN. BACH 22 LUGLIO: Danilo Rossi: viola. Fabrizio Meloni: clarinetto. Stefano Bczzicchcri: pianoforte. musiche di BRAl1MS. MOZART. SCHUMANN 25 LUGLIO: "SERATAA ROSSINI" Paolo Ghidoni: violino. A.M. Fornasicr: violino. Enrico Dindo: violoncello. Giuseppe Enorre: con1rabbasso. 27 LUGLIO: GIOVANE QUARTETTO ITALIANO musiche di flaydn, Mozart, Beethoven Massimo Quarta: violino. Luca Bcrta,...zi: violino. Danilo Rossi: viola. Enrico Dindo: violoncello. Paola Bruni: pianoforte. musiche di BRJ\HMS I AGOSTO:SADURANOFESTIVAL ENSEMBLE S. Pagliani: violino. D. Rossi: viola. E. Dindo: violoncello. F. Meloni: clarinc110. G.P. Prcllo: flauto. L. Prandina: arpa. musiche di /JRMIMS. DE/JUSSY. RAVEL 4AGOSTO: Giuliano Carmignola: violino. S1cfono Pagliani: violino. Danilo Rossi: viola. Mario Brunello: violoncello. Enrico Dindo: violoncello. musiche di RAVEL. SCHUBERT 7 AGOSTO:SADURANOFESTIVAL. ENSEMBLE S. Pagliani. P. Cazzulani. A.M. Fomasicr: violini. D. Ro~si. F. Mcrlini: viole. E. Dmdo. M. Boni: violoncelli. mu.<ichedi MENDELSSOHN. /JRA/-IMS I0AGOSTO:SADURANOFESTIVAL ENSEMHLE S. Pagliani. A.M. Fomasicr: violini. D. Rossi. F. Mcrlini: viole. E. Dindo. M. 13oni: violonccll i. musiche di STRAUSS. IJRUCHNER. SHOEN/Jf:RG 12AGOSTO TRIO D'ARCHI DELLA SCALA musiche di IJEE7HOVEN direzione anistica: Danilo Rossi - Davide Zavatti Quindi ti senti una vittima perché la cultura dominante ti mette in galera. Certo. Infatti tutti i carcerati che ho conosciuto hanno sempre detto che sono ingiustamente incarcere, che il giudice è un bastardo, che chi ha fatto le leggi non capisce. C'è un senso dell'onore molto forte. Il tradimento è considerato uno degli atti più gravi: tradire i tuoi amici è un'atto di grande immoralità,èunattod'infamia. lo mi sono trovato a vivere in prima persona una situazione problematica, un sequestro di persona e uno dei tre che lo hanno tentato era un ragazzino di 14 anni che il giorno successivo avrebbe finito la pena e sarebbe uscito. L'hanno tirato dentro gli altri due (e per questo motivo si è preso un altro anno e mezzo) soltanto paventando la minaccia di essere chiamato infame, che incarcere è un'etichetta di una gravità inaudita. Siccome quando l'avevano organizzato, a loro sembrava un gioco, il ragazzo aveva detto sì, ci sto anch'io, poi arrivati al dunque ha tentato di tirarsi fuori. Al che gli altri gli hanno detto: "Guarda che poi noi diciamo che sei un infame. Sei un infame e un vigliacco perché hai paura e perché tradisci persone a cui avevi dato la tua parola". C'è un culto della coerenza straordinario, per cui se dici una cosa la devi fare. E lui, così, ha partecipato ad una situazione autodistruttiva che gli ha fatto prendere altri anni di carcete. Questo ragazzo ha capito che in quel momento trasgrediva una forte norma sociale e siccome c'è un tam-tam all'interno del carcere, per cui tutto si sa sempre dappertutto, in qualunque carcere sarebbe andato, si sarebbe saputo, nel momento in cui entrava, che era un infame. Equindi sarebbe stato emarginato, picchiato, escluso. Quando, per esempio, arriva un detenuto accusato di violenza carnale verso una donna, l'istituzione carcere mente ai detenuti. E' considerato un atto gravissimo, un atto di vigliaccheria. Se sei un vero uomo, la donna la devi conquistare col fascino, col potere, con la forza, ma non violentare. Intanto è un atto che dimostra che sei meno uomo; siccome i carcerati si considerano uomini veri, il fatto che esista uno talmente verme da violentare una donna è considerato un insulto alla categoria. Secondo problema: violentando una donna commetti un atto di vigliaccheria straordinario perché faiuna cosa molto grave a una persona molto più debole di te, che non si può difendere. lo l'ho scoperto perché mi trovavo al l'ufficio-matricola quando è entrato uno nuovo, un ragazzino di 17 anni che aveva violentato una donna e ho visto due agenti che gli dicevano: "Guarda che noi diciamo che sei qui per rapina, e tu dì la stessa cosa". Ma lui lo sapeva già, non c'è stato bisogno di spiegarglielo; a me, invece, che non sapevo ed ero curioso, gli agenti hanno spiegato che se viene rcclu~o uno che ha violentato una donna, viene come minimo malmenato e violentato a sua volta. Ci sono abusi sessuali'? Per quello che ne so, nel carcere minorile la cosa è sempre stata limitata a masturbazioni, anche reciproche, però mai violenze. Però tutti sanno perfettamente, gli agenti stessi mi hanno raccontato, che nel carcere-adulti la violenza o la collusione sessuale sono alr ordine del giorno. la virilità che soHomeHe e domina Intanto c'è una situazione molto problematica a livello di relazione di gruppo: nelle carceri per adulti normalmente c'è una detenzione molto più alta rispetto alle otto ore dei minori; ci sono carceri dove la detenzione è di 20 ore; hai due ore la mattina e due al pomeriggio di libertà, le altre 20 le passi chiuso nella tua cella, magari insieme ad altri cinque, in una stanza di dieci metri quadrati, coi letti a castello e tutto il santo giorno stai là. La promiscuità, lo stare detenuti 5-6-7 anni creano pulsioni sessuali che non si sfogano. Spesso ci sono omosessualità latenti che vengono agite in carcere. Uno va in carcere, è omosessuale ma non sa di esserlo oppure non l'ha mai agito, lì c'è una situazione che invita perchéc' è sempre qualcuno che ha bisogno di una fidanzata. Un altro aspetto è quello del potere, dell'autorità. Se sei l'ultimo arrivato nella nostra cella e io ti violento con la collaborazione degli altri, questo è un chiaro segnale che ti do. Come si accorda questo con il culto della virilità, della prestanza fisica, della forza? Perché non è vista da questo punto di vista. Se io ti violento oppure vengo a letto con te e tu fai mia moglie, in realtà sto agendo nei tuoi confronti un atto umiliante, io sono quello che te lo mette ... Sono un vero uomo, grande, polente, talmente potente che se voglio, tu, volente o nolente, vieni con me. Se ci stai, bene, se no ci sono altri cinque che ti tengono poi te lo fanno anche loro. E' un atto di forte umiliazione. Non è considerato un atto omosessuale da parte di chi agisce attivamente. E' un atto di dominanza massima, di svalorizzazionc del1·individuo, il massimo potere maschile: la viriIitàche sottomette e domina un altro uomo come se fosse una donna. Non assume un significato legato alla sessualità. Questo diventava un problema grosso per i ragazzi che dovevano passare nel carcere-maggiorenni. Erano molto preoci"lo110 CO LRLZRruRci Tutta la scelkl chevuoi Vialede/l'Appennino1, 63 - Forlì cupati al pensiero di dover andare in un posto dove il primo giorno che arrivavi ti si facevano tutti, quelli della tua cella e poi gli altri. Sapevano bene cosa li aspettava. Questo creava problemi di forte reazione che si esprimeva o in forme depressive autolesioniste, per cui ho visto spesso ragazzi tagliarsi le vene, tentare il suicidio oppure in forme aggressive, tentando di crearsi una patente di duro prima di passare di là. Se in un carcere-adulti ci vai con un'etichetta di carcerato comune è un conto, se ci vai con l'etichetta di uno che ha ammazzato una guardia, ci devono stare un po' attenti, non sei uno così semplice da aggredire, potresti non avere niente da perdere ad ammazzare un· altra persona, potresti essere talmente duro che addirittura è bene includerti nel clan anziché umiliarti. Racconto un esempio: il ragazzo che ha guidato il sequestro di cui sono stato vittima era talmente terrorizzato dalla prospettiva del carcere-adulti e dalla consapevolezza che la violenza avrebbe leso lapropria identità sessuale che non ha fatto altro, da quel momento in poi, che accrescere la propria identità di uomo duro. Era in galera, fra l'altro, perché, in compagnia di un amico, aveva derubato e pestato in maniera sadica un omosessuale che li aveva invitati in casa propria per avere un rapporto. Loro c'erano andati con l'intenzione, una volta soli con lui, di pestarlo per punirlo della sua omosessualità; aveva quindi un atteggiamento molto forte di svalorizzazione verso gli omosessuali come categoria. Al carcere di Forlì ha sequestrato tre persone esterne. Trasportato a Bologna dove avvenne il processo (nel quale fu condannato ad altri tre anni di carcere), nel tragitto tra il tribunale e il carcere minorile dove doveva andare a prendere i bagagli per andare al carcere degli adulti, picchia una guardia, la pesta. riesce a scappare, lo prendono dopo 15 giorni, viene portato al carcere-adulti, appena entra all'ufficio matricola rompe una vetrina e caccia un vetro in gola ad un agente. Ogni volta che veniva messo in un carcere nuovo, lui dimostrava coi fatti di essere una persona pericolosa. Ha fatto un· escalation terrificante; non so se sia vero, ma gli agenti di custodia di Forlì mi hanno raccontato che l'ultima volta che si è avuta notizia di lui. era perché era stato ricoverato al manicomio criminale di Reggio Emilia perché considerato pazzo: al di là del movente psicologico, siccome non sa gestire il suo problema. ogni volta che va in un posto ammazza qualcuno ... E' facile rapportarsi con i detenuti, calarsi nella loro psicologia? lo ho avuto solo esperienze molto positive. Loro, vivendo in una condizione di continua. quotidiana, ripetitiva solitudine, vivevano gli esterni come una sorta di sanli benefattori. Qualunque esterno andasse, era qualcuno che nella loro idea dedicava il suo tempo ad altri come un missionario. lo l'ho sempre detto ai ragazzi: "Guardate che mi pagano per venire qui. E' un lavoro''. un rispetto che non ho trovato fuori E' un discorso che non è mai passato. Loascoltavano ma non ci credevano. Non era facile invece farsi dire cose che potevano in qualche modo ledere il loro stato di benessere. L'esterno, per quanto buono, per quanto gentile, può essere uno che ti ha sedotto con la simpatia e poi va a fare la spia al giudice. Bisogna avere cautela a dire certe CO!',ec,i si può pentire amaramente. Su questo c'è una diffidenza fortissima, c'è una prassi per cui certe cose non si chiedono. Poi ci sono situazioni che non vengono raccontate, che riguardano il loro gruppo. Se ci sono conOitti, litigi, risse, non te lo dicono mai, tendono sempre ad apparire belli, buoni, gentili perché comunque sanno che se si comportano bene il giudice gli può ridurre la pena per buona condotta. La ~ituazione era molto difficile da penetrare, per loro dire: abbiamo litigato, equivaleva a dire: siamo stati cattivi. Però, a parte queste cose più che legittime per salvaguardare la propria "casa", il proprio benessere, c'è sempre stato un rispetto che spesso non ho trovato fuori. Noi lavoravamo nel carcere con un gruppo di coetanei esterni appartenenti ad un centro giovanile.C'erano coetanei maschi e femmine e le ragazze del gruppo erano simpatiche e carine, per cui ci si potevano aspettare avances o complimenti pesanti, specialmente nel laboratorio di teatro dove il contatto corporeo è per definizione incluso nel l'attività, per di più da persone che stanno in carcere da vari anni. Invece non c'è stata mai una volta in cui un ragazzo si sia permesso di fare un complimento pesante ad una ragazza o di tentare di toccarla o di baciarla. Mai nessuno. non ho mai visto facce da bambino Anzi ti racconto due episodi che sottolineano ancora di più questa cosa. C'era un ragazzo che si era innamorato perdutamente di una del gruppo ed era consapevole di non riuscire a controllarsi; capiva che il suo stato di innamoramento l'avrebbe potuto portare a fare gesti irrispettosi. Per un lungo periodo lui ha chiesto agli agenti di non venire a fare attività e di essere chiuso in cella. come forma di controllo delegato all'esterno. Un altro episodio analogo: un altro ragazzo del gruppo era, non tanto innamorato, quanto attratto sessualmente da una mia collega o da una ragazza del gruppo. adesso non ricordo, e ha commesso l'errore di dichiararlo ai suoi compagni: "Sabato. quando c'è il cinema tocco le tette a quella lì'' (faccio un esempio). I suoi compagni l'hanno costretto a non venire, ma costretto in termini duri. Lui sapeva che se quel giorno fosse venuto. sarebbe stato pestato a sangue da tutti. Un'altra difficoltà è stata, ali' inizio. quella di farli giocare, perché il gioco ''è una cosa da bambini''. Per loro si gioca ai giochi da grandi. Cc ne sono alcuni che sono autorizzati: pallavolo. calcio, ping-pong, tutti gli altri sono considerati eiabambini. In questo, la loro è una cultura molto normativa. molto rigida. Abbiamo faticato due o Ire mesi, giocando noi al posto loro. Andavamo lì con il gruppo dei ragazzi esterni, proponevamo un gioco e loro stavano seduti lì a guardare come al cinema. Per loro era un disonore. Loro erano uomini duri. C'è da dire che però. una volta che questa cosa passa, di venia cultura ed è autorizzata. Ad esempio, questo lavoro non è stato ripetuto sempre: ogni nuovo che arrivava veniva appropriato della cultura esistente. La norma era: non è pericoloso giocare. Noi volevamo socializzare attraverso il gioco, in fondo erano ragazzi. Anche se fisiognomicamente ho visto dei quindicenni che sembravano, senza esagerare, dei trentenni: hanno una conformazione fisica e facciale di persone che hanno vissuto molto di più della loro vita. L'esperienza interna psicologica quasi si somatizza. Facce da bambino io non le ho mai viste. Perché tanti ritornano in carcere, entrano ed escono in continuazione? Credo che sia un problema di sicurezza. Ho avuto l'impressione che molti di loro non avrebbero saputo cosa fare fuori. Questo rubare, uscire, rubare ancora e poi tornare, questa coazione a ripetere, credo sia dovuta ad una problematica psicologica di insicurezza, per cui il carcere, è sì il carcere, ma è anche la tua casa, è una grande madre, dove ci sono delle regole, ma dove ci sono delle cose sicure; è un po' come gli ospedali psichiatrici: le regole contengono l'esplosione. D'altronde, gente che ha cominciato a stare in carcere a quindici anni, c'è stata due anni, poi è uscita, dopo quindici giorni torna indietro ... quello è il posto che conosci meglio, dove locose non cambiano mai, dove c'è, sì, noia, ma c'è anche sicurezza che tutto si ripeterà uguale. Unacosaassodata,che anch'io ho potuto vedere nei ragazzi è che la struttura fisica del carcere interferisce pesantemente sulla percezione. Per esempio, molte persone uscite dal carcere hanno per un po' di tempo senso di vertigine fisica. Dentro al carcere c'erano posti dove la visuale massima che avevi era di 10 metri; vai, esci dal portone, guardi a destra e a sinistra, la via della Rocca arriva Iaggi ù fino al curvone di via Corridoni ... c'è gente che si è sentita male. Ci può essere una sorta di innamoramento del carcere? E' vero. Sicuramente da parte dei detenuti, anche se non sarebbero contenti di sentirselo dire: queste sono interpretazioni di comportamenti inconsci, non razionalizzati. Ma è valso anche per me. Io mi sono innamorato del carcere come lavoro. la situazione è semplice, rudimentale E' una situazione talmente rudimentale, semplice, primitiva, nonci sono sovrastrutture come quelle a cui sei abituato, le cose sono molto chiare. Nella nostra società quotidiana le lotte di potere avvengono attraverso metamessaggi. metacomunicazioni. atteggiamenti vari, lì sono molto chiare: io voglio essere il leader di questo gruppo, non metto in atto strategie, comportamenti subliminali. ecc .. io ci provo, faccio a botte. se vinco sono io il capo. se perdo ... Anche il rapporto con i detenuti è stato un'esperienza interpersonale molto emozionante. Il rapporto, tra virgolette, di amicizia, come lo chiamavano loro. è un rapporto molto vero. Ho avuto spesso la sensazione che se qualcuno mi avesse offeso, sarebbero stati disponibili a uccidere per me. Come si sono innamorati loro, mi sono innamorato anch'io. •

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