Una città - anno II - n. 14 - giugno 1992

d1 0l1f1ca Avevamo intervistato Panebianco e Pintacuda, venuti a Forlì per dibattiti pubblici, a partire dalle tangenti. Poi c'è stato Capaci. La realtà supera ormai regolarmente l'immaginazione, eppure non ci si sorprende più di nulla. Si resta sgomenti e basta. Cosa succederà? I cosiddetti "politici" purtroppo li vediamo. A Milano li vediamo entrare in galera per andare a fare i nomi dei loro taglieggiati e dei loro protettori e tornarsene a casa. E a Palermo, li abbiamo visti entrare furtivamente in chiesa, come clandestini, e, alla fine, non potere, non sapere più uscire, in un clima da "angelo sterminatore". Dovrebbe essere gente simile a battersi con un Riina, latitante da 30 anni? Ma noi? La cosiddetta società civile? Come ci ricorda Panebianco sono quelli i nostri rappresentanti. Li eleggiamo, ci vanno bene. O può esser.e.anche vero che, come dice Pintacuda, qualcosa sta cambiando nel profondo? Ma cosa? Ci permettiamo solo di diffidare di una logica che, anche nelle migliori intenzioni, dia troppa importanza al nemico, se non, e questo sì, peggio, al sospetto. In altre pagine di questo numero Canevaro, raccontandoci di come Korczak marciò insieme ai suoi orfani verso il treno per Treblinka, ci dice che oggi è solo possibile una qualche forma di resistenza al male, nella cura della libertà intellettuale, della dignità della vita quotidiana, nella solidarietà e nella comunanza con altri. E nella fierezza di fronte anche a inevitabili sconfitte. Amici di Falcone hanno ricordato come la sua tenacia ideale si combinasse a un certo fatalismo. E forse era quel fatalismo a condurlo fieramente, ogni fine settimana, verso casa. Di quegli amici noi ricorderemo il pianto sommesso. Pest Control igiene ambientale • Disinfestazioni - Derattizzazioni - Disinfezioni • Allontanamento colombi da edifici e monumenti ■ Disinfestazioni di parchi e giardini • Indagini naturalistiche · 47100F orn - via Meucci,24 (Zonallldustriale) Tel.(0543)722062 Telefax(0543)722083 ViMaF. errBaraindBinui1ti,5 Te//0.54738)0767 -FAX 780065 moo FORL/' Il validosupportaolla promozionde llaVs.attività Produzione Orologida parete e da tavolo, oggettistica da scrivania, articoli promozionali"ad hoc". Vendita Oggettisticapromozionalep:enne, agende,articolida ufficioc,alendari, portachiavip, elletteriavaria,magliette, camicie tuteda lavoro,valigette,ecc. Idealizzazione Campagnepubblicitarieo, ggettistica promozionalpeersonalizzata, sponsorizzazionmi anifestazioni sportive,realizzaziongirafichedi marchie stampatipubblicitarviari,ecc. Il mezzopiùsempliceper esserericordati? ...facile il nostronumerotelefonico! LO STEREOTIPODI UNA SOCIETA' CIVILE SANA la rappresentanza. la fragilità delle democrazie. la necessità di privilegiare il singolo e i problemi dell'universalismo dei principi e del relativismo culturale. la società civile clte lta poco da mitizzare se stessa. Intervista a Angelo Panebianco, docente di scienze politiche ed editorialista del Corriere. Il sistema democratico di rappresentanza è indubbiamente in crisi, cosa significa questo nello specifico caso italiano? Ci sono due problemi che qualunque democrazia deve affrontare e risolvere; problemi che le democrazie affrontanoe risolvono inmodi diversi fra di loro e in fasi storiche diverse. li primo è quello della rappresentanza, il secondo, strettamente legato al primo, è il problema della decisione, cioè del governo. Le democrazie non possono solo rappresentare, devono anche governare. Per giunta accade che in certe fasi in cui non riescono a governare rappresentino anche male, e quindi i due problemi sono strettamente collegati. E' chiaro che le eventuali difficoltà, o lecrisi dei processi di rappresentanza, possono avere molte cause non controllabili, possono esserci dietro tare di tipo storico, difficoltà culturali, problemi collegati alle caratteristiche della cui tura del paese, ma c'è certamente un problema di regole, di meccanismi di rappresentanza. Ci sono due modi per organizzare la rappresentanza: uno che privilegia i soggetti collettivi, cioè le organizzazioni, storicamente i partiti politici; l'altro quello che privilegia gli individui, i singoli rappresentanti. I sistemi elettorali proporzionali a scrutinio di lista (Italia), per esempio, tendono a privilegiare le organizzazioni, il soggetto collettivo partito, mentre i sistemi maggioritari di tipo uninominale (Inghilterra), tendono a dare prevalenza agli individui, al singolo politico. Nel secondo caso non è che la figura del partito scompaia, si può solo dire che il suo peso decresca a favore dell'individuo; nell'altro caso non è che gli individui non contino. solo che il peso maggiore lo hanno le organizzazioni, le gerarchie dei partiti. Potremmo dire che, in Italia. la crisi è data anche dal fatto che sono entrati in crisi i partiti intorno ai quali era organizzato tutto il sistema della rappresentanza. Per varie ragioni sono stati i partiti ad avere creato la Repubblica e quindi hanno messo in atto meccanismi di rappresentanza che privilegiavano le organizzazioni a scapito degli individui: entrando in crisi i partiti entra in crisi, ovviamente, quel meccanismo di rappresentanza. Le strade per risolvere la crisi italiana sono quindi o la ricerca di strumenti di rivitalizzazione dei partiti o il passaggio al secondo tipo di meccanismi di rappresentanza. La crisi dei partiti è certamente legata ad una crisi ideologica più generale. I partiti erano organizzazioni che cementavano blocchi di interessi e li fissavano attraverso I· ideologia: venuta meno l'ideologia viene meno il cemento e quindi viene meno anche la fiducia; la quale, forse, può essere ricostituita come un rapporto dirello, di assunzione di responsabilità, fra singolo rappresentante e rappresentato. locomunque vedo solo questa come strada percorribile. Strada che porta verso l'adozione di tecniche. di meccanismi, di rappresentanza che in vari modi privilegiano il singolo; quindi che privilegiano i collegi uninominali, i sistemi maggioritari, leevenlllali elezioni dirette del sindaco e degli esecutivi ai vari livelli. A meno che qualcuno non dimostri la possibilià di rivitalizzare i partiti, di ricostruire il consenso attorno ai sistemi di rappresentanza che passano attraverso le vecchie ideologie, non vedo alternative. Da quanto lei dice il concetto di rappresentanza in quanto tale non viene comunque messo in discussione, ma la sensazione che si avverte, dagli avvenimenti italiani ed internazionali degli ultimi tempi, è che sia in crisi il fondamento stesso della rappresentanza. Se prendiamo in esame la dimensione europea, in particolare gli stati ex comunisti dell'est europeo, vediamo che il dato emergente è la rinascita di spinte verso la riproposizione di comunità legate a concetti quali la razza, l'etnia, la nazionalità intesa non in senso giuridico stretto, ma come sentire comune, come tradizione, costume. Bisogna distinguere: credo che quello che sta succedendo in Jugoslavia sia diventato, a questo punto, un connitto tra veri e propri Stati per ridisegnare i loro territori e certamente in questi casi il discorso non vale perché il problema della crisi della rappresentanza si dà in situazioni di democrazia istituzionalizzata. Solo i~ questi casi si può discutere su come rivedere il meccanismo, cioè come ricostruire una fiducia che sembra essersi incrinata nel rapporto rappresentante-rappresentato. La Jugoslavia è solo uno dei falli, certamente uno dei più eclatanti, di tutta la vicenda dell·est. Lì il problema è la transizione alla democrazia e, in certi casi. la formazione di nuovi stati nazionali. Ma per l'Italia parliarno di crisi di rappresentanza in un sistema politico che ha una storia cinquantennale e quindi il problema risulta essere del come intervenire. Bisogna stare attenti a non generalizzare: già farlo nell'Europa occidentale è difficile: in siIllazioni totalmente diverse, come nei casi prospellati, il problema non è la rappresentanza. Ma il fatto stesso che occorra distinguere situazione da situazione non può voler dire che il modello della democrazia non è universale e universalizza bile? L·esportabi Iità del model lodemocratico non è garantita da niente, anche perché la democrazia è un sistema fragilissimo, delicatissimo. un granellino di sabbia può incepparlo. Bisogna meravigliarsi, secondo me, che ci siano al mondo così tante democrazie. Quelli democratici sono regimi che possono incepparsi con poco: basta che sorga un partito che vuole distruggere la democrazia e che gli elettori lo votino che essa è già lìnita; se quel partito ottiene successo va a pezzi il contralto che sta alla base della democrazia. Il sistema democratico si fonda su un contralto tacito, che in qualunque momento può venir meno. Questo per dire che ci sono molte aree del mondo in cui è molto improbabile che la democrazia. che deriva dalla tradizione occidentale. possa essere esportata o possa realizzarsi. Ma questa impossibilità al1'universalizzazione contraddice il presupposto filosofico ed antropologico su cui poggia l'idea di democrazia, cioè l'idea di un essere umano essenzialmente razionale, quindi universale o universalizzabile. La democrazia discende da alcuni rami della tradizione giudaico-cristiana; una tradizione che enfatizza, da un lato, il ruolo dell'individuo e, dall'altro, pone una separazione tra ciò che è di Dio e ciò che è di Cesare. Queste sono componenti fondamentali della tradizione occidentale e la democrazia in cui viviamo discende, auraverso un lunghissimo processo, da esse. In alcune situazioni esterne ali' Europa la democrazia è risultata esportabile, anche se con adattamenti, ed è stata in grado di tenere: per esempio in Giappone ed in India. In altre zone, in altri paesi, lino ad ora essa non è risultata esportabile, oppure ha acquistato significati così diversi (pensiamo al multipartitismo in certi paesi africani) che ora, di fatto, rappresenta qualcosa ditota Imen te diverso dalla nostra democrazia: formalmente simile, ma di fatto completamente diversa. Però, ripeto, l'esportabilità e il funzionamento sono due problemi diversi; se pari iamo di crisi della rappresentanza dobbiamo parlarne solo quando esistono sistemi rappresentativi. Quindi l'idea dell'uomo che sta alla base della democrazia, e che doveva essere il veicolo della sua esportabilità, rischia di essere ciò che la lega ad una sola parte del pianeta, un limite. Un limite proprio perché, come lei accennava, legato ad una tradizione culturale particolare che si pretende universale .. Tutte le tradizioni culturali pretendono di essere universali: questa è la ragione per cui negli ultimi dodici secoli tra Islam ed Occidente c'è stata solo guerra. La storia del rapporto fra Islam ed Occidente è la storia di un Islam che avanza, che entra in Europa, ed un Occidente che rimane sulla difensiva per un certo periodo di tempo e poi parte alla conquista, all'attacco. Laragionepercui fraqueste due civiltà c'è sempre stato connitto è perché entrambe queste civiltà propongono valori di tipo universalistico; la civiltà cinese fa la stessa cosa: tutte le grandi civiltà hanno sempre dato una valenza universalistica ai propri valori. D'altra parte non si capisce come sia possibile non farlo; come faccio a dire che per mc è fondamentale la libertà di parola e poi distinguerne I' appl icabi Iità: vale per me occidentale e per voi no, non vale. Se per mc vale la Iibcrtà di parola. praticamente non posso che dare valenza univcrsal istica a questo valore. Da questa contraddizione non si può uscire. a meno di uscirne in un modo che, secondo mc, è implicitamente razzista. E' il modo del relativismo culturale, quello che, apparentemente, è il più tollerante di tutti perché dice che ciascuno deve avere la sua cultura e tulle vanno rispettate. Però come la mettiamo con i colonialisti inglesi che ad un certo punto dicono no alla usanza di bruciare le vedove? Venne ritenuta barbara, inaccettabile, e la abolirono. Siamo d'accordo con i colonialisti inglesi che vietano di bruciare le vedove, violando sicuramente la tradizione culturale locale, o siamo d'accordo con chi rispetta la tradizione culturale indiana? E' sicuramente un bel dilemma. La mia posizione è che sono d'accordo con i colonialisti; è un problema di scelta perché è chiaro che la mia scelta contraddice i dettami del relativismo culturale in base ai quali l'altra cultura deve essere rispettata. ma se io rispetto veramente l'altra cultura entro in contraddizione con la mia. Bisogna comunque tenere distinti il discorso sui principi, che è una cosa, dal discorso sulla fattibilità empirica che è un'altra; sono cose diverse. Sul piano dei principi io non posso che attribuire ai miei valori e principi valenza universale, mentre sul piano della fattibilità empirica il discorso cambia. Cambia laddove, per esempio, non esiste una democrazia, che presuppone tra le altre cose la distinzione pubblico-privato e tra potere religioso e potere politico. Semi trovo in un ·area culturale in cui nessuna di queste distinzioni vale, parlare di democrazia è veramente difficile, ma questo è un problema di fattibilità empirica che è cosa diversa dal principio in sé. I due piani non possono essere confusi. Nella realtà italiana assistiamo però alla continua richiesta di moralità, di eticità, che sembra mettere in discussione questa divisione cardine, quasi a volerne decretare la crisi. .. Nei falli in Italia è così, però potrebbe essere diverso. Si può cioè pretendere che un'amministratorc non rubi senza mettere in gioco valori religiosi o negare laseparazione tra le due sfere, anche perché uno degli effetti che si pretende da un buon meccanismo di rappresentanza è che favorisca una buona ammirfr,trazione. Quindi una amministrazione che osservi le regole e che sia subordinata alla legge. Ma le Leghe, per esempio, dicono che la "società civile" dovrebbe appropriarsi degli spazi politici, facendosi portatrice e garante di valori etici e morali non considerati o non praticati dalla "società politica" ... Non solo le Leghe per la verità. La distinzione fra società civile "sana•· e società politica "corrotta" è uno dei più diffusi stereotipi in questo Paese. E' una visione totalmente falsa del mondo; è un· idea autoconsolatoria, inbase alla quale loro sono i ladri e noi siamo i puri. E' un'idea semplicemente falsa e non corrisponde assolutamente a tutto ciò che. ad esempio, sappiamo sui tassi di assenteismo nel lavoro pubblico. sui tassi di evasione fiscale o sul modo in cui funzionano le etiche professionali. La famosa società civile ha davvero poco da mitizzare se stessa. Bisogna anche dire, a difesa della società politica, che la democrazia è quel sistema che rappresenta la società nel bene e nel male, per cui questa distinzione è assolutamente inaccettabile, ridicola. Usistema delle tangenti mette insieme, per forza di cose, esponenti della società politica ed esponenti della società civile; anche la società civile, a tutti i livelli, partecipa della illegalilit diffusa, della assenza di spirito civico. Secondo alcuni in Italia ci sarebbe una società civile in rivolta contro la società politica, una società che si ribellerebbe contro il modo in cui viene amministrata: peccato che tutti i sondaggi. da sempre, indichino come uomo più popolare in assoluto l'onorevole Giulio Andreotti che è il simbolo del modo con cui è amministrata, nel bene e nel male, in questo paese la cosa pubblica. Quella famosa società civile che si ribellerebbe contro il modo di amministrare la cosa pubblica è la stessa che poi dà il massimo di consensi all'Onorevole Andreotti; è la stessa che lo indica come uomo più popolare in assoluto. • J J

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==