Una città - anno II - n. 14 - giugno 1992

controlli, si prese uno schiaffo e lo restituì, usò toni come '·lei non sa chi sono io!'', non per vantarsi, ma soprallullo per quello che la sua figura rappresentava, e voleva che questo gli fosse riconosciuto. Per cui si capisce che sarebbe stato difficile per lui tirarsi indietro anche nella scelta finale, avrebbe voluto dire tradire se stesso. il suo amor proprio, l'immagine di coerenza che ~i era costruito. Tornando al discor!>o della morte. Korczak aveva protestato con le autorità del ghc110 perché voleva che venis:,ero requisite le stanze in cui I agente potesse morire, invece che per le strade; in lui c·cra sempre un'unione fra l'accct1.1Lione della realtà in cui doveva vivere. ma sempre con dignità, e la ribellione a ciò che non gli sembrava giusto: le due cose non si ponevano come alternativa. E in fondo anche noi dobbiamo mellerc insieme delle antinomie: anche se avversiamo quello che ci circonda, ci dobbiamo comunque vivere. Sapeva essere realistico e insieme sfuggire e guardare al di sopra della realtà. Per procurare il cibo a sé e ai bambini andava senza problemi dagli speculatori e contrabbandieri che speculavano sulla fame della gente; ma allo stesso tempo rifiutò di fuggire in Israele perché si sentiva, oltreché ebreo, profondamente polacco, e rifiutò il salvacondotto per sé, dicendo che l'avrebbe accettato solo se fosse stato dato a tutti i bambini. L'organizzazione istituzionale dell'ambiente voluta da Korczak, e in particolare istituzioni come il tribunale, tendono a rafforzare il senso di appartenenza alla comunità e la prevalenza dell'interesse di questa su quello dei membri. Quali erano i propositi di Korczak, e in che modo un bambino vive e percepisce l'istituzione? Senz'altro i tratti di questa concezione sono complessi: da una parte Korczak si sente educatore, e come tale ne porta la responsabilità. D'altra parte vuole anche diminuire la distanza fra educato ed educando, coinvolgendo il primo in ruoli di responsabilità. Quello che pensava credo fosse anche che in realtà in ognuno c'è una parte che educa e una cosa che è educata: per cui è meglio interiorizzare entrambi i ruoli: il fallo di meltere un bambino anche piccolo di fronte a piccole responsabilità di gestione verso gli altri è un elemento per aiutarlo a interiorizzare una realtà complessa, dove le interazioni fra le persone non sono semplici ma multiformi. farlo nelle situazioni più estreme Tullo questo mi sembra legato con la visione complessa del rapporto istitu10/is1i1uen1e,che è anche capacità progelluale, di non lasciarsi dominare dal dato, ma di costruire. La cosa prodigiosa è quella di riuscire a farlo nelle situazioni più estreme; io sono molto interessato a capire perché dalle situazioni più estreme e più cupe, come i campi di sterminio, sono emerse alcune delle figure più importanti per noi, non solo a livello di educatori in senso professionale e specifico; ma da queste situazioni è nata comunque una capacità di educarsi e di educare, del non lasciarsi andare, di reagire al dato, non considerandolo come dominio del1· istillllo, ma con alleggi amento propositivo, is1i1uen1e.Queste cose le ritrovo nella le11ura delle testimonianze delle donne di Ravensbruck. In sostanza è la resistenza della dignità umana, che va dalle questioni minime, come l'igiene intima. a quelle massime, come ricordarsi le poesie di Dante. In situazioni meno tragiche s1 può presentare la stessa cosa: in una comunità di bambini il fatto che uno venga dalla strada. dal furto e dal piccolo spaccio di droga può far pen~are che il fallo che ora sia lì è già molto. e cose come lavar~i i denti o i piedi verranno col tempo; invece bisogna cominciare da subito a riwegliare la :,ua digniù Naturalmente le prediche non ~ervono. bi~ogna fare le cose in!,ieme. Poi la questione della dignità ra venire fuori anche quella delr at1enzione ai pudori, per cui. ad esempio. lavarsi insieme presuppone un ceno grado di familiarità, di condivisione di modi di pensare rispello ad aspelli intimi; e qui Korczak è molto cauto: di qui le molte resistenze a socializzare un'intimità che non è dello che tulli vivano allo stesso modo o con la stessa tranquillità, come quando agli asili nido si mellono i bambini sul vasino tulli insieme; ci sono bambini che non vanno al gabinello a scuola e queste cose di solito sono trascurate da chi lavora con loro. Qual è il significato e lo scopo della punizione per Korczak? Punire significa per lui interrompere una traiettoria, dare un colpo secco alla palla perché sta andando da una parte sbagliata; ha una funzione catartica: stai facendo dei capricci, adesso stop, girati nell'angolino; significa: fai una pausa e cambiamo registro. E questo vale per chiunque. la punizione come pausa, "dogana" Lo stesso Korczak subì un processo dal tribunale della casa perché aveva fallo salire una bambina su un albero e invece di aiutarla a scendere, dal momento che lei non ci riusciva, si era messo a prenderla in giro; il tribunale lo condannò e lui accellò la punizione; questa è intesa come l'interruzione di un componamen10, di un contallo con la realtà, che va migliorato: ed è un aiuto per migliorarlo. E' quello che la pedagogia istituzionale chiama "dogana'': stai usando una moneta che non è buona; mettiamo una dogana, cambia la moneta e così potrai star meglio nella realtà. Prima hai accennato alle situazioni estreme come i campi di sterminio e delle capacità educative che vi possono nascere. E' un importante filone di ricerca, una ricchezza di cui non abbiamo coscienza. C'è un gruppo di studio con alcuni studenti su alcuni temi come "bambini e campi di sterminio .., sulle indicazioni pedagogiche dell'esperienza e dell'opera lellerariadi Primo Levi e su Korczak. Ci sono molte questioni importanti: per esempio il discorso della complicità: 1u11isapevano e nessuno voleva sapere. Sembra che le complicità siano un fallo ricorrente, è così anche per la guerra del Golfo; e a un certo punto una lite, un confli110, una guerra possono essere un modo per "dar fuoco alla casa", per eliminare le tracce e spazzar via lutto, in modo che dopo si possa fingere di es<,ere <,olo dalla pane e ucare della ragione. La complicità è inquietante perché non credo che noi ne siamo immuni. Vicino a Orleans c·erano due campi di raccolta di bambini ebrei sollo gli occhi di 1u11i: c'era genie che abitava a venti metri di distanza da quei bimbi chef urono separati dai genitori avviati ai campi di sterminio; i bambini rimasti soli subirono 1u11idei traumi, chi non mangiava, chi era preda a continue cri~i di pianto. chi perdeva la parola e presentava i <;intorni dell'auti~mo.chi diventava incontinente. E giravano in que- ~lccondizioni sollo gli occhi di tu lii. E ne~suno. dopo la guerra. ha più dello niente. A quarant'anni di distanLa si scopre chi è ancora vivo e non ha mai dello niente, o viceversa, si scoprono le lettere di un ·allieva infermiera che è impazzita per il dolore e il senso di responsabilità e cercava di fare quello che gli altri non facevano. Capire un po· meglio questa vicenda credo sia molto utile per capire la nostra educazione. • consumismo: contrappasso cfe, campi Un'altra cosa interessante è notare che le caralleristiche dell'uni verso concentrazionario sono analoghe, ma con una sorta di contrappasso, a quelle dell'uni verso consumistico. Così, ad esempio, da un lato abbiamo l'assenza assoluta di informazioni e, dall'altro, il bombardamento e la schiavitù dei media. Da un Iato la spersonalizzazione più totale per cui, anche a livello di abbigliamento, non si può più avere niente di proprio e di distintivo, dove non c'è più nessun rispetto neanche per il corpo delle persone (i corpi nudi rasati) e dove anche il tempo è grigio, uguale a se stesso, senza più i ritmi che lo scandivano, e dall'altro lato abbiamo l'invasione di gadget, accessori ecc., la ricerca del colore, cieli' appariscenza che in realtà, però, uniformano e quindi spersonalizzano, e così via. Si direbbe che nel nostro mondo la situazione rispello a quella dei campi si è capovolta, ma non ne siamo usciti. Allora quelli che hanno messo in moto in quel mondo del le linee di resistenza possono insegnarci qualcosa per una linea di resistenza oggi. E molti di loro avevano chiaro che al di fuori di quel mondo non c'era un altro mondo assolutamente positivo a cui il cammino di resistenza avrebbe portato. Ed è così per noi oggi: non dobbiamo resistere a questo tipo di mondo in nome di un altro modello perfe110;ci siamo illusi che questo potesse essere, ma purtroppo non è così. La resistenza allora dev'essere non resistenza qui per andare altrove, ma resistenza e basta, resistenza totale. Ma altrellanto fondamentale è la costruzione del condiviso, della resistenza indue, in tre, in quallro, della solidarietà. Sulla base di questi insegnamenti e di questi presupposti si può allora anche riflellere criticamente su un comportamento come quello della famiglia Frank che pensava che rifugiandosi nelle abiwdini quotidiane e nel cerimoniale ci si sarebbe potuti sot1rarre alla tragedia, non praticando così una resistenza alli va. Certo che i I rifugiarsi nel rituale è umanamente comprensibile. un funerale può servire a stare un po· insieme. al1rimen1inon si saprebbe come fare ... • fo10 a ~ini,1ra: bambini ebrei 111 un ghetto polacco. A dc,tra: all'a,ilo-nido dc "Le Vigne". L'AFFIDO nel prossimo numero Lella e Grazia, sorelle, e Rosa, foro amica, sono madri che da tempo stanno facendo l'esperienza dell'affido di altri bambini. 1no 1anco LOC%YA ''LE VIGNE'' DI CESENA "Le vigne" è un asilo-nido di Cesena dove sfanno sperimentando nuove metodologie. Ne abbiamo parlato con le operatrici. L'esperienza del centro di Lòczy come ha influito sul vostro modo di lavorare con i bambini? Tre anni fa, al corso di aggiornamento. ha partecipato Anna Tardos (figlia e continuatrice del lavoro di Emmi Pikler). Abbiamo parlato con lei, visto filmati e video. letto libri sul centro di Lòczy (Budapest). L·esperienza degli educatori di Lòczy è diversa dalla nostra perché loro lavorano con bambini abbandonati, che vivono giorno e notte nel Centro e sono destinati all'adozione. Però alcuni principi e atteggiamenti educativi di Lòczy ci hanno fatto riflettere, così, assieme ai nostri coordinatori, abbiamo deciso di praticarli anche nel nostro Nido a Cesena. Anni fa, si parlava molto del sociale, della collettività, l'individuo era meno importante; oggi è molto importante anche il singolo. Al Nido c'è il gruppo costituitoda tanti bambini,diversi tra loro, che richiedono un intervento educativo individualizzato. Noi insegnanti,ora, siamoingrado di cogliere le differenze, le diversità, prima era più difficile. Un altracosasucuiabbiamoriflettuto, grazieaLòczy,è statal'importanza di lavorare sul contesto della situazione educativa, sugli spazi. sugli angoli di attività. sulla scansione dei tempi, sulla sequenza e continuitàdelle routines. Il bambino conosce lo spazio in cui si muove,sacosagliè successo. cosa gli sta succedendo, cosa gli succederà. Comprende la situazione. il contesto educativo in cui è inserito, si trova a suo agio perché la sa gestire da protagonista. Questo gli permette di essere più tranquillo. meno ansioso e. quindi. non aggressivo. Ricordo che i primi anni facevamo corsi di aggiornamento sul problema. per noiinsostenibile.dellaaggressività tra i bambini. Adesso quelle forti tensioni sono sparite, anche in bambini molto piccoli e da poco inseriti al Nido. A Lòczy. i momenti di routine (cambio. pasto. sonno) sono considerati fondamentali per l'acquisizione della sicurezza che sta alla base dello sviluppoautonomo ed equilibrato della personalità del bambino piccolo. Noi ci siamo divise in gruppi: cambiavamo i bambini. davamo loro il pasto e gli "osservatori.. guardavano come si prendeva il bambino. l'atteggiamento nella relazionecon lui. losguardo. i gestidella mano. lacapacitàdello scambio verbale. l'eventuale prolissitànellanostracomunicazione. Un'altra cosa di Lòczy che ora facciamo anche noi: la divisione dei bambini in piccoli gruppi nei momenti di routine (~oprattutto durante il delicato periodo dell'inserimento). Ogni gruppo è seguito da una sola insegnante. In questo modo. il bambino stabilisce un rapportomolto intensocon un solo adulto. acquisisce quella sicurezza e quella autonomia che gli ~ervonoper potersi ..staccare'' da quella unica figura di "riferimento" e accettare le altre insegnanti e il gruppo dei pari. Lavorando in quc~to modo. abbiamo ,pcrimcntato che si evitanoquegli attaccamenti bambino/adulto e adulto/bambino che danneggiano la rela1ione educativa. Divcr~amcntc da Lòczy. noi diamo molta importan1.aallo ,cambio affettivo nella rcla1ionccon il bambino. A Lòc1y. gli educatori ,0110 più rigidi. meno "dolci". per caraltcre e anche perché i hamhini ,0110 dc- ,ti nati ad c,,erc adottati. Com'è la giornata al Nido'! Ci ,<rno dei ,egnali rituali (un moti,o mu,icale ad c,cmpio) che scandiscono i tempi e indicano al bambinoche, dopo l'ingresso, c'è ladistribuzionedellafrutta,ilgioco comune, la sceltadel bambinoche farà il cameriere, la propostadelle attività.questa ultimaavvienecon l'aiuto di "oggetti mediatori": pupazzi, personaggi molto conosciuti dai bambini come "Pandi..o il cagnolino ..Spotty... Le attività sono.prevalentemente,spontanee: i bambini giocano negli angoli e negli spazi predisposti, con materiali "poveri", di recupero (bottiglie, scatole, stoffe). Le attività sono legate da un filo conduttore, non improvvisate, e hanno una finalità. In questi giorni, stiamo facendo una ricerca su suoni e rumori attraverso le immagini degli oggetti che li provocano; questo vuol dire: fare la ricerca, ritagliare, incollare, fare dei collages. Abbiamo pochi materiali "strutturati" (lego, incastri, tombole) perché lasciano meno spazio alla creatività, sono investiti, in minor misura, affettivamente, di quelli ·'poveri" che il bambino usa come crede, perché non sono ..predeterminati... Nella giornata al Nido, ci sono momenti significativi per il bambino: ad esempio l'ingresso al mattino. se vissutobene. influisce sul buon andamento di tutta la giornata. Di norma, ogni insegnante riceve i bambini all'internodella sezionee propone attività e giochi che caratterizzano quel momento e che il bambino ritroverà solo il mattino dopo. All'arrivo il bambino. assieme al genitore. mette la propria fotografia nella casina delle presenze: è una specie di auto-registro. Il pomeriggio, la foto sarà tolta dal bambino. prima di uscire dal Nido. Ogni bambino ha una cassetta (di cartone) strettamente personale: può metterci il ciuccio. i giochi che porta da casa, le cose che gli interessano. Ci sono delle "regole" che i bambini e gli adulti devono rispettare? Sì. E' molto importante che le regole siano. non imposte, ma vissute dal bambino e condivise con l'adulto. Il bambino comprende che i I rispetto delle regole lo tutela: questo fa sì che sia lo stesso bambino a farle rispettaree a richiamare il compagno che trasgredisce. L'intervento dell'adulto è molto limitato ma deve essere coerente: anche I' insegnantc deve rispettare quelle regole che la riguardano: ad esempio parlare con un giusto tono di voce. lasciarespazio al linguaggio del bambino. parlare con il bambino e non ··~opra.. di lui. evitare ogni prolissità e stare molto attenta a quello che dice. Anche a tavola ci sono poche regole ma le facciamo rispettare. Facciamo capire al bambino che ci sono momenti diversi: quello pergiocare e quel lo per mangiare: a tavola non si gioca. I bambini sanno che. a tavola. non si ..paciuga.. nel piatto e nel bicchiere. con i cibi e con l'acqua: così deve essere. li bambino è avvisato. in caso contrario. gli si porta via il piatto. Naturalmente. sappiamo che 1·c~igcnza del bambino di manipolare va ampiamente ,od- (bfatta: nelle attività della mattina. può u,arc la creta. l'acqua, la farina o altri materiali. Finito di mangiare. è di regola a,pettare anche i compagni più lenti. La compren,ionc e l'accetta1ionc delle regole di comportamento. favori,cono nel bambino il ,emo di re~pon,ahilitilpcNrnalce l'autonomia. ella no,tra ~c1ionc ci sono bambini sotto i tre anni che, a tavola, si servono da soli il secondo, si vuotano l'acqua nei bicchieri: il cameriere, alla fine del pasto. chiede ai compagni se hanno mangiato e quanto. Il momento del pasto è molto sereno: i bambini e le insegnanti stanno seduti, non c'è rumore o confusione,nonci sonoadultichegirano per la sezione a controllare i bambini come succedevauna volta. Le regole ci sono anche nel gioco:ibambinihannocominciato moltoprestoa giocarecon r acqua: devono però, rispettare i turni (ci sono tre rubinetti), usare l'acqua senza bagnarsi i vestiti o bagnare quelli dei compagni e, finito di giocare, aiutati da noi, devono mettere in ordine. In sezione o in giardino, i bambini si organizzano e giocano molto da soli; spesso 1•insegnantesta seduta con carta e penna, o usa la macchina fotograficao latelecameraper il lavoro di osservazione. Questo le consente di seguire lo sviluppo del bambino, di accorgersi se c'è qualcosache nonva,di capire se le difficoltà dopo aver, magari, modificato l'intervento educativo, sono state superate. Siete in contatto con il Centro di Lòczy? Sì.Ar,naTardosè tornataaCesena, è venuta all'interno del Nido per vedere cosa era cambiato. E' rimasta molto contenta del nostro lavoro,perché ha visto (anche con filmati e video realizzati da noi) come abbiamo adattato i loro principi-base alla nostra realtà, diversa dalla loro. per condizioni socio-culturali e per la diversa situazione oggettiva dei nostri bambini che non sono istituzionalizzati. Negli aggiornamenti approfondiamo anche teoricamente 1• esperienza di Lòczy. Periodicamente ci incontriamo con laProf.EmanuelaCocevere con i I prof. Andrea Canevaro dell'Università di Bologna. C'è una verifica del vostro lavoro? ,oczy Il ce11troperbambi11idiViaLòczy. a 811dapest, è noto in /I/Ila Europa e cnsti111isce1111riferime1110costante per/ 'Orga11i::.::.azioMneo11diale della Sanità rig11ardo al benessere e agli swdi della prima infanzia. Lafondatrice Emmi Pikler(morta nel /984) si laureò in medicina/ pediatria a Vienna. Le esperienze presso i servizi di pediatria e di chirurgia infantile gestiti dai Professori Pirq11ete Sal:er, influe11zaro110positivamente Emmi per / 'anenzione che i medici prestavano al benessere psicologico dei piccoli pazienti. Erano bandite costri-ioni i11111(imli a in voga negli m111i '20) come il legare le gambe ai latu1111oi tenere forzatamente a teno i bambini ammalati. I medici cercavano la col/abora:ione dei bambini, giocava110 con loro, li esa111i11ava1e10li c11rava11s0en-:.afarlipiangere. Nel 19-16 E11111P1iki lerfo11dòil Centro di Via LiJc:y. ruppe con la tradi- :io11e delle is1i111:io11di i tipo ospedaliero in rni sono le regole rigide del 'igiene. della nom1miva .1c111iwrilaa. pmira del contagio a detenninare lescelte ed11cati1•edel per.w11a/ee la vita dei bambini. E11111P1iki /er è medico ma nel s110 modo di accoswre i bamhini ha 1110/10in co1111111ceon a/c1111i ed11catori del 111m•i1ne11atnoivo: La verificaè quotidiana, nel senso che lavoriamomolto progettando sul contesto educativo, sugli spazi, facendo lavoro di osservazione, tenendo un diario per ogni bambino, facendo interventi miratie individualizzati.Nell'incontro di sezione di fine anno, verifichiamo con i genitori il "piano di lavoro" e la --programmazione" delle attività. I genitori guardano i lavori eseguiti dai bambini, i video e le diapositive: sono molto contentiperchépossonoconstatare che i bambini sono coinvolti e molto partecipi di tutte le attività del Nido. Comunque, possiamo dire di lavorare con più gratificazione personalee con più tranquillità. Anni fa, l'insegnante arrivava a scuola, ansiosa di proporre delle attività che laaiutasseroagestire ilgruppo dei bambini. Spesso, i bambini non riuscivano a gestire da soli i giochi e le attività, facevano confusione e, in mancanza di proposte. diventavano agitati e aggressivi. L'insegnante si sentiva quasi "divorata" dalle aspettative dei bambini e incapace di rispondere sempre positivamente alle loro ansie. Ora molto è cambiato. L'insegnante conosce molto di più e meglio i suoibambini; è tranquilla perché sa quello che accadrà nella sua giornata di lavoro. La programmazione è più facile perché la teoria è legata alla pratica educativa. Il rapporto tra colleghe è migliorato, ci sono molte possibilità di scambio. Dobbiamo dire, però, che nel nostro collettivo c'è stato sempre un rapporto ricco e aperto. Il confrontocostruttivo tra i diversi caratteri e le diverse opinioni, ha aiutato molto noi insegnanti a migliorare il lavoro con i bambini. Se il collettivo non avesse lavorato con il massimo impegno e una forte motivazione, l'obiettivo di integrare l'esperienza di Lòczy, all'esperienza di lavoro del nostro Nido, sarebbe fallito. • sopra111111c0on Janusz Korczak (di cui ci parla il prof Canevaro in queste stesse pagine) con C. Freinet, con Maria Montessori. Come loro, Emmi ha incontrato e riconosci1110la capacità del bambino di amare, progena re, realizzare. correggere nella vita di flllfi i giorni e 1101i1n ricerche di laboratorio dove il bambino è 111s1oggeno passivo di un programma di lavoro già dato. A Lòczy ci sono bambini che, per vari motivi, non possono abitare co11lafamiglia e sono abbandonati alla nascita. Il centro di Lòczy è la prova che, se 111b1ambino 1101p1uò vivere in famiglia. può essere allevato in collenività, essere protei/o dalla sindrome di ospedalizzazione creando condizioni che lo preservino da carenze affenive e che favorisca110il suo sviluppo. Lòczy è una co1111111diitàlavoro, di pratica, di ricerca, di sflldio in cui circo/a110diverse capacità: digarantire il benessere q11otidianodei piccoli ospiti del servizio, di i11seg11are,di imparare, di fare scienza epolitica sociale, di svi/11ppare cnl/abora-:.ioni a vasto raggio, anche intema:ionale. Le p11bblica:io11i della s11a éq11ipe sono apparse s11riviste mediche. pedagogiche, psicologiche. Le opere di Emmi Pik/er s11/losvi/11ppo motorio del ba111binoso11oapparse ili Francia, in Italia, i11Spagna e i11 Germania, sono swti realizzati I/ films s11/la esperienza del Centro di Lòc:y. R.A. UNA ClffA' I 3

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