Una città - anno I - n. 7 - novembre 1991

Da sempre gli esseri umani guardano le stelle. Guardando le stelle è nata lafilosofia e dal desiderio di avvicinarvisi è nata la scienza. Avvicinarsi alle stelle ha significato per molto tempo "progresso", essere oggi migliori di ieri, un po' meno animali ed un po' più simili a Dio. Lo Sputnik è stato il primo tentativo riuscito di aprire una strada verso le stelle, una strada che ci facesse dei. Ma lo Sputnik non è arrivato alle stelle e la società che lo generò è crollata. Ora altri fanatici del progresso si rallegrano. Non hanno dubbi che sarà il loro tentativo a riuscire. Che macchine, potenza e ricchezza saranno il più radioso degli avvenire. PARLIAMO DI NOI, NON SOLO DELLA RUSSIA I gravissimi problemi sociali e mondiali per la risoluzione dei quali è nato e si è sviluppato il comunismo sono ancora oggi tutti sul tappeto, semmai aggravati su più ampia scala. Problemi di sottosviluppo, di ignoranza, di fame, di ingiustizia, di rapina privatistica (feudale o "moderna") delle risorse. Diciamoci la verità: il proteiforme capitalismo internazionale ha saputo occupare il campo e tenere la scena del mondo, anch'esso come il comunismo con costi molto alti; il comunismo non ha invece saputo autoriformarsi, trascendere se stesso, e si è schiantato fragorosamente al suolo per cedimento strutturale come un vecchio aeroplano-carretta con ambizioni da jet intercontinentale. I suoi costi umani, altissimi, sono perciò oggi, all'atto del fallimento finale, venuti tutti in riscossione: non sono stati condonati a causa di una "ripresa di sistema", che non ha pietà per i vinti. E' morta dunque, col comunismo, semplicemente (dal punto di vista logico, anche se drammaticamente da quello storico) una "falsa soluzione" a quegli stessi problemi per i quali il comunismo appunto nacque. E non esistono all'orizzonte teorie complessive e prassi sperimentate e consolidate che siano all'altezza di una qualche soluzione possibile agli stessi immensi problemi. Ergo: i comunisti e i postcomunisti hanno certamente di chedolersi, ma tutti gli altri in buona fede non hanno di che vantarsi. Molta gente, e io tra questi, che non si è schierata aprioristicamente né con i primi (gli orfani del comunismo) né con i secondi (i fintivincitori), ma che sente anche in sé il dramma storico che viviamo, si pone oggi interrogativi e domande per una nuova partenza e riqualificazione del proprio impegno sociale e politico. Credo sia un fenomeno crescente, quello della liberazione di potenziali energie così dalle vecchie appartenenze come da universi concettuali ormai rapidamente sclerotizzatisi. Parliamo dunque anche di noi, e non solo della Russia. Parliamo semmai del comunismo italiano, che è stata una variante ricca ed entro certi limiti autonoma del comunismo internazionale. Viviamo oggi nel pieno del polverone delle macerie crollate (e non si può certo dire che l'edificio comunista italiano sia rimasto indenne dal crollo generalizzato), e ciò può forse viziare il giudizio. Occorre tenersi innanzitutto lontani dalle sentenze sommarie e dai peana liberistici dei neoanticomunisti, di cui abbonda di questi tempi la nostra stampa. La cosa migliore secondo me è tenere in mente, nettamente e in forma distinta, il mondo umano delle persone concrete, dei lavoratori specialmente, che nello strumento partito più che in un "comunismo" astratto hanno fatto affidamento, e, sull'altro piano, il disegno storico, politicostrategico, del comunismo italiano. Su entrambi i piani, a mio awiso, v'è un nucleo potenziale, umano e politico, degno di non essere disperso, che va però trasmutato per poter essere conservato. I primi problemi, quelli degli ex comunisti senza più il movente e il collante sintetico della "prospettiva" (più che dell'ideologia) vanno considerati con partecipazione-direi con sincera pietas- i secondi, quelli del patrimonio politico accumulato dall'italo-comunismo, invocano invece una loro rilettura storica che sia dawero laica e non propagandistica. C'è viceversa oggi, mi sembra, indifferenza e insensibilità per quanto riguarda il disorientaef oJrQalecacoGe fri°o concrete (ma possono le macchine partitiche esprimere pietas?) e isterismo, superficialità, desiderio di rimozione per quanto riguarda il secondo piano di problemi. Detto senza alcun nostalgismo: la figura e l'opera di Enrico Berlinguer può forse sintetizzare quel che intendo dire; egli seppe essere convincente: trascinò a sinistra il nuovo voto giovanile nel '75, ebbe il coraggio di dire i suoi no a Mosca e i suoi sì ad un certo "occidente", seppe enucleare un disegno di "grande trasformazione" che se attuato avrebbe potuto battere anche tutti i residui, le contraddizioni e doppiezze interne che trascinava con sé la tradizione comunista: velleità egemoniche, boria dei funzionari e dei politici di professione, romanticismo post-sessantottesco, dirigismo sulla società civile, prassi consociative. Il tributo degli italiani alla sua figura, immaturamente scomparsa, nelle europee dell'84 resta negli annali della storia del nostro paese, non puramente come gesto emotivo e illusorio ma come volontà cosciente di rinnovamento e moralità pubblica. E' attuale, è trasportabile ai giorni nostri, il messaggio di Berlinguer? Certamente no, non più, poiché il paese e il mondo sono cambiati tanto da allora. Ma è certo che rimane vivente, benché inattuale, la sua lezione di rigore e responsabilità. Nonaltrettantoconvincentemi pare,detto questa volta senza alcun "disfattismo" ma con tutta onestà, la politica dell'attuale gruppo dirigente Pds. Quando Occhetto dichiara al TG 2 nei giorni dello sventato golpe in Urss: "sì, è caduto il comunismo e noi ne siamo contenti", egli rivela, mi pare, un'interiore, sconcertante, fragilità. Forse dawero le spalle del Pds sono ormai incapaci a sopportare il peso della storia e il filo delle responsabilità. Ma la storia, un po' come la natura, non fa salti. L'infelice dichiarazione di Occhetto fa amaramente il paio con quella più recente del segretario cittadino Pds di Firenze che saluta come "simbolo di cultura progressista" la titolazione d'una sezione fiorentina del Pds ai fratelli Marx: "ciò significa che nel Pds non c'è più un solo Marx". Credo di essere persona di spirito e non priva d'ironia, ma questo facile passaggio, dalla tragedia alla farsa, dalla severa militanza alle spallucce e alle battute, dal togliattismo al veltronismo, mi pare francamente inaccettabile. Bettino Craxi, uomo politico quanto mai abile nel capire e nello sfruttare le debolezze altrui, dopo aver ricevuto nel suo camper alcuni dirigenti del Pci, ora dirigenti Pds, confidò in giro di essere rimasto colpito dall'ignoranza in questi della loro stessa storia. Qui sta il punto. Su un diverso piano sta la situazione nostrana, a Forlì, dove il Pds appare ormai semplicemente un Pci imbruttito, rachiticamente ridotto a macchina degli amministratori e dei funzionari. Per me, e per tanti cittadini come me, credo, più che inpassato, una "scatola nera", che vorrebbe comandare amministrando, ma che evoca estraneità e distanza. Giovanni Tassani errata corrige Il nome del prof Caro è Luciano e non Renato, come da noi scritlo per un errore di batlitura. Ce ne scusiamo vivamente con l'interessato e coi /et/ori. 1anco Rocco Ronclti intervista Ivan %affini FRASFORMARE 1A VIFA Ivan Zattini,ventotto anni, si è laureato in semiotica con Umberto Eco e ha proseguito gli studi occupandosidel pensierodel filosofo americano Charles Sanders Peirce. Giovanissimo, ha militato nel PCI. Delle sue idee sulla crisi della politica, sulla finedel comunismoe sullanecessitàdi unaconversione etico-filosofica, ci parla in questa intervista sotto forma di dialogo. Ti conosco soprattutto per la comune passione filosofica, ma ogni tanto mi hai parlato del tuo passato politico. Cosa ne pensi oggi? E' difficile dirlo, perchè in realtà vi èunacontinuità fra i due momenti. Negli anni del liceo -erano quelli del delitto Moro, dell'elezione di Reagan, dello "strappo" di Berlinguer- mi avvicinai alla FGCI e al PCI quando ormai era chiusa una stagione politica ben precisa. Vi entrai per scelta premeditata, non per spinta emotiva. Credevo nell'idea di Marx sul comunismo come "società di scienziati", in cui gli uomini, liberi dalle preistoriche necessità materiali e dagli egoismi insulsi, avrebbero potuto dedicarsi alla ricerca delle cause, alla bellezza, allo "sguardo del saggio" sul lecose.Era un'idea greca, platonica, di una città di spiriti liberi. Non vedevo niente di buono nel concentrarsi sugli aspetti pragmatici del cosiddetto "buongoverno" perdendo di vista ciò per cui le necessità materiali andavano risolte. Non ti dico chemi interessavanole duecentomila lire in più nella busta paga dell'operaio, fini a sestesse,perchè non era così. Cosasene fa, sepoi ci compra lo Swatch o è costretto a mandare i figli a scuola con lo zainetto firmato? Oltre la partigianeria, vedevo nei comunisti, in parte, la sincerità idealistica che cercavo. Dovevo rimanere poi disilluso, più che altro rispetto a me stesso. Ma come andò? Sembra passato un secolo da quegli anni. Nell'80, a 17anni, partecipai a Reggio Emilia, a un corso estivo; la cosiddetta "scuola di partito", dove per un mese si ascoltavano relazioni suargomenti ideologici e ci si esercitava nel "dibattito", prolissi sofismi verbali in cui bisognava cercaredi fare bella figura. Ad altri andò peggio: tre o sei mesi in Unione Sovietica, nei rigidi istituti del marxismo-leninismo, per poi tornare indottrinati fino al collo e con una strana concezione della "astuzia della ragione" hegeliana e della ragion di stato. Ricordo questo gruppo di ragazzi che si preparava alla "carriera". Ci fu persino una scommessafra un romano eun torinese su chi sarebbe arrivato prima al comitato centrale. Fu un'esperienza abbastanza sconvolgente. In seguito sono statoanchefunzionario perdue anni, segretario della FGCI, mentre studiavo. Non voglio accodarmi alla facile processione dei "pentiti", oggi è fin troppo facile e quasi ridicolo, anche se lasciai tutto in tempi ancoranon sospetti. Oggi però, voglio dirlo, ripensando anche al l'esperienza compiuta, anche se breve e superficiale, ho un'idea categorica, che può sembrare quasi crudele, della politica. Ma in fondo è ancora un'idea romantica. La politica è soprattutto un gioco di passioni, spesso le più basse, schermate dall'idealismo, come sapevabeneMachiavelli. Non penso che se non la facciamo noi la fanno altri per noi, forse peggiori di noi. E' molto chiaro, non c'era bisogno del crollo del comunismo per capirlo. Questo è un inganno bello e buono del sistema. Essosi sorreggesec'è una spinta alla "partecipazione", e il prezzo da pagareè sottostare alle sue regole. Per tanti anni lngrao si è ingannato con la cosiddetta "estensione della democrazia amacchia d'olio". Se noi facciamo politica non cambia niente, poichè per giungere a poter determinare veramentequalcosadobbiamo sottostarea tanti e tali compromessi, ingoiare tanti rospi, esercitare tanta furbizia e faccia tosta che del nostro idealismo resteràben poco. Senon si agisce sulle coscienze, a cominciare dalla propria studiando e ricercando, non cambiaproprio niente.Seuno vuole la società di scienziati del comunismo, in cui il potere e lo stato non sono più necessari, perchè aspettare? lo dico, comincia a fare tu stesso lo "scienziato": per porsi la domanda sull'essere, come l'ha chiamata Heidegger, non c'è bisogno di aspettare nessun sole dell'avvenire, poichè l'essere è adesso come sarà allora. La procrastinazione di tale domanda è l'unica conservazione reazionaria che ti impedisce di vedere. E la domandapuoi portela essendoun politico o meno, con Andreotti 'capo del governo o meno. E' una prospettiva radicale, forse intemporale, ma è l'unica che riesco a vedere. Cerca, si può sempre cercare: scoprirai in pochissimo tempo tante di quelle coseche non ti immaginavi nemmeno. Alla ricerca si aprono interi universi. C'è un testo indiano, ad esempio, fra le innumerevoli immense ricchezzeacui si può accedere,se si è interessati, in tutte le culture del mondo, che descrive per molte pagine per filo e per segno la situazione attuale, chiamata del Kali Yuga, l'epoca di Kali, dell'illusione. Vi è una descrizione particolareggiata dei metodi della politica, e tante altre cose. E' un testo di 4000 anni fa, lo Srimad Bhagavatam. E' solo un esempio. Come ci siamo detti altre volte, di fronte alla soddisfazione interiore donata dal pensiero, la politica è una pena. E' un po' la prospettiva dell' "impolitico" ... Certo, la convinzione, espressadalla migliore cultura europeadel 900, che il vero potere, la "sovranità" di cui, tu m'insegni, parla Bataille, risiede nel completo distacco dalla "volontà di potenza", aqualunque livello essavenga espressa.E' I' "impolitico" di Benjamin, di Thomas Mann, di Simone Weil. D'altra parte, proprio quando stavo lasciando il PCI, lessi l'autobiografia di Gandhi, il politico più grande del secolo, come si converrà fra i posteri. Egli dice che la politica, nella sua vita, è stato un incidente CASSARURALEDARTIGIAN-AFORLI' NEL CUORE DELLA CITTA' nella ricerca della verità. Egli è stato un politico (o chiamato così dagli altri) per tener fede alla ricerca della verità: non c'è definizione migliore dell' "impolitico". D'altra parte mi hai parlato dell'influenza di Nietzsche nella tua formazione. Nietzsche è statomolto importante. E' una lettura che non può lasciare indifferente. Egli, come dice, scrive col sangue,e leggendolo si scopreveramente che il sangueè spirito. Consiglierei la lettura di "Genealogia della morale" e della "Seconda Inattuale" a tutti i politici: finchè non ci si libera dello storicismo è impossibile vedere obiettivamente non solo gli avvenimenti, ma la propria stessavita. Tu ti occupi di filosofia occidentale e orientale, ma hai studiato semiotica con Eco, che mi sembra più indirizzato verso una concezione positivistica del linguaggio. Coma mai questo cambio di rotta? In realtà continuo ad occuparmi di semiotica. Eco mi ha avvicinato allo studio di Peirce, il fondatore della semiotica, che, come sai, viene sempre più considerato un filosofo alla pari di Husserl, di Heidegger. E' impossibile ridurre in uno slogan il suo pensiero, ma egli afferma una cosa a prima vista paradossale,che però dimostra in migliaia di pagine che in pratica insistono sullo stessoproblema, l'origine del senso delle parole. La cosa è questa: le pietre "pensano", ossia qualsiasi cosa è in continuità con la coscienza.Occorre molto tempo per parlarne a fondo, e forse è necessario affaticarsi sul testo per mesi, ma ti rendi conto che da qui alle Upanishad il passoè breve. In realtà la cultura a compartimenti stagni non èmai esistita. Le distinzioni fra filosofia orientale ed occidentale, o fra i vari "ismi", sono comode finchè non si cerca di portarsi al livello della visione fenomenologica. Gli occhi e la lingua ce li hannotutti, e tutti, vedendo "vedono" e parlando esprimono un senso,anchesecambia il suono.Gli incasellamenti sono procrastinazioni. Chiamo qualcosa idealismo o materialismo perchè così lo metto in un posto dove so ritrovarlo e intanto eludo la suadomanda. Ogni cosahaunadomanda che la salva dalle reti concettuali. Parliamo allora di salvezza. La tua è una prospettiva escatologica, forse religiosa? Anche qui con le etichette non si capisce niente. Da che cosaè dato il discrimine fra un religioso e un ateo?Seè una posizione culturale, o peggiojdeologica, o l'appartenenza a una tradizione, è ancora una maschera.Sesi dice chesi èatei in conseguenza di un giudizio sulle religioni storiche, non ci si è in realtà pensatobene. Sesi dice di esserereligiosi in virtù di un rimando generico all'inconoscibile, si è un po' codardi. Sia l'ateo che il religioso, nel momento in cui parlano, dicono "io". E' questo I' essenziale che ha fatto quasi impazzire Husserl. Ogni prospettiva escatologica deve fare i conti con questadomanda: chi è che dice "io"? Tutti, per nominare per porsi la domanda sull'essere non c'è bisogno di aspeffare nessun sole dell'avvenire, poiclté l'essere è adesso come sarà allora se stessi, dicono "io". Allora tutti, dal punto di vista della coscienza, hanno lo stesso nome. Non sono risposte, ma interrogativi. La divinità deve avere a che fare con l'identità. A ognuno scoprirlo. Il cattolicesimo sta scomparendo perchè nei secoli ha occultato queste domande, genuinamente filosofiche, che sono invece testimoniate da centinaiadi documenti del tempo di Cristo e dai Testamenti, nonostante le manomissioni che questi hanno subito nel tempo. Questedomande non sonomai morte, sono vissute nascoste dietro l'ufficialità del binomio Potere-Religione che le nascondeva adessocome allora. Come vedi, la verità continua ad essereper me sempre rivoluzionaria, autenticamente rivoluzionaria. La Creazione stessaè una incessante rivoluzione. Tutto ciò è molto distante dal berlusconianismo e dall'immagine di successo e di autenticità della comune "chiacchiera" ... Ma èmolto vicino ali' uomo, io credo. Crollino completamente le ideologie, speriamo siano spazzati via anche i rimasugli più piccoli, per restare senza paraventi e vedere il fumo che si disperde anche nel nostro "grande" Occidente, che è sempre al tramonto, come diceva Spengler, per sua stessa costituzione. Perchètutto questo, gli Andreotti, i processi del lunedì o del giovedì o che so io, la demagogia, la girandola di opinioni e di interviste e dibattiti, le mode di costume eculturali, è tutto fumo, non ne resta niente in un batter d'occhio. E il grande Carnevale in cui più si viene coinvolti nella partecipazione più si dovrà scontare la delusione mortale della fine della festa, e la festa è la propria vita trascorsa. Direi di più: è la veste di morte della Tecnica. Milioni di oggetti di cui ci si riempie la casa e la testa, che non hanno altro scopo che procrastinare la propria scomparsa facendo impiegare del tempo e facendo credere che lo si sta impiegando in qualcosa di "moderno" e di "prestigioso". Ma c'è sempre, alla fine, qualcosa che richiama all'autentico, che mostra gli spettri e disperde il fumo, e questo, credimi, è il vero miracolo. O forse, come ci siamo detti altre volte, è la radice del I' illusione. ~ Natura I f·. n 1n1ta ALIMENTINARMONIACONLANATURA Frutta e verdura, fornrnggi, pane, biscotti integrali, latticini, pasta, prodotti senza zucchero e/o sale, alimenti e cosmetica prima infanzia, detersivi ecologici, cosmesi naturale, macrobiotica, ecc... MINIMARKET Via Ravegnana 81/c Forlì - Tel. 796039 UNA CITTA' 3

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==