La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 9 - novembre 1995

Questo si attende il popolo dalla Chiesa: la preoccupazione di ferire alcuni non paga, perché non accontenta né chi ha problemi di coerenza, né chi chiede di averne. Il quarto nodo è come comunicare. Rischia di essere ridotto a falso problema. Inseguire i modi del mercato non ha nessuna efficacia. In fondo lo schema pubblicità-consumo funziona perché si assecondano i bisogni veri e indotti. Ogni forma di pubblicità fa leva su possesso, piacere, potenza. La religiosità è esattamente l'opposto: attenzione, sensibilità, accoglienza. ~apacità di gua~d~re l'altro insieme a se stessi; imparare a camminare senza la pretesa di essere primi e soli. Allargare lo sguardo oltre la propria siepe. Il miracolo di Palermo consiste - non è una stranezza - nel ritrovare Dio. Solo nella purezza di riferimento a lui si ritrova la strada della salvezza e quindi del coraggio e della speranza. Per ritrovare Dio le vie classiche sono il silenzio, la riflessione, la penitenza. In altre parole, solo coerenza e umiltà danno forza ai messaggi; messaggi che solo Dio puq rendere vari ed efficaci. La forma della comunicazione può essere solo la proposta: sussurrata e consapevole dell'inadeguatezza; suggerita con tremore e con l'esempio; con la raccomandazione che l'unico e vero destinatario dell'interlocutore rimane Dio stesso, interpretato nella totalità della sua azione che è creatrice, misericordiosa e accogliente. Nella contemplazione della vita e della varietà assoluta si riscoprono il creato e i suoi abitanti, la natura e le sue risorse. Certamente non mancheranno indicazioni, percorsi, suggerimenti e soprattutto forza: per comprendere, essere misericordiosi e giusti. In un mondo accuratamente capace e attento alla programmazione, agli investimenti e alle ricchezze, la merce rarissima è la gratuità: suscita riconoscenza e interscambio; è cosa veramente nuova. ♦ o BILANCI ·1995: UN ANNO DI RICORDI Laura Balbo Laura Balbo, sociologa, è autrice di numerosi saggi tra cui Tempi di vita,Feltrinel/i 1991, e (con Luigi Manconi) Razzismi; Un vocabolario, Feltrinel/i 1993. ♦ Arrivando alla fine del 1995, anno di ricordi e di commemorazioni, faccio il punto su _parolepronunciate, cose orgamzzate, letture, pensieri, intorno al tema della memoria (memoria individuale, memoria storica, ·memoria collettiva, come preciserebbero gli "specialisti"). Finiti i riti delle celebrazioni (ma un altro anno di ce-· lebrazioni sarà il 1996), questo mi sembra che si possa dire: forse - nel corso di quest'anno - siamo diventati meno semplicistici nella comprensione dei processi (storici, sociali, e soggettivi); più insofferenti dell'esibizione di virtù morali e viceversa più riflessivi, usando un concetto della sociologia che descrive questa fase della modernità; meno "eurocentrici ", più "globali". Minore, forse, è la tentazione di monumentalizzare il passato. Le molte elaborazioni di quest'anno sul tema della memoria io le organizzo essenzialmente attorno a due questioni. Ma c'è qualcosa che va premesso. Su questi temi mi colloco non in astratto e senericamen te: sono parte d1 una generazione e di un contesto ben precisi: coloro che sono oggi adulti, in Europa, un "noi" che ci identifica, ci colloca; e ci responsabilizza. Il primo punto: altro è ricordare e altro lavorare sulla memoria, collegarsi, cioè, a eventi collettivi e storie individuali del passato per il senso che assumono oggi. Non siamo spettatori, né in alcun modo rassicurati (non è per niente scontato il potersi sentire "dalla parte giusta"): ma siamo "in apprensione" (Heilbronner) per l'oggi e per il domani; e chiamati dunque a questo lavoro della memoria, nelle diverse forme possibili. La seconda questione riguarda il compito di riportare le tesi impietose di Zygmut Bauman sul rapporto tra modernità e olocausto, all'oggi: riportarle, cioè, alle condizioni della nostra modernità: un compito impegnativo e rilevante, che introduce nell'analisi dimensioni in passato inesistenti, o di diverso ,peso. Ne indico alcune: dobbiamo valutare le implicazioni dei processi di globalizzazione (sperimentiamo un sovraccarico di comunicazione in tempo reale, e questo, per esempio, rende la cerchia delle nostre dirette responsabilità-per incerta, problematica, soggettiva: siamo responsabili per i più _prossimi, o i più lontani, o i più minacciati, o per tutti?; e determina distanza, anzi forse irrealtà di coloro che sono vittime, in Africa, in Bosnia, nelle violenze razziali e nei ricorrenti segnali di antisemitismo nelle città europee: o in televisione?). A livello istituzionale e politico, si tratta di ricostruire gli intrecci complessi tra meccanismi di esclusione e di gerarchizzazione (non solo legittimati, ma built-in, si potrebbe dire, nelle istituzioni nazionali e internazionali dell'emergente ordine mondiale) e consenso democratico. E a livello di vita quotidiana dobbiamo fare i conti con quei "tratti della mentalità contemporanea" (insieme esperienze concrete, ideologia, emozioni, che in un . modo o nell'altro ci riguardano tutti), che Heilbronner sintetizza come "ambiguità, indeterminatezza, apprensione", che Ulrich Beck descrive come la "condizione di migrazione· ... verso nuove nicchie di attività e identità ... non chiare, e prive di coerenza", e di cui Giddens approfondisce parlando del nemergere dei fondamentalismi. Noi, gli adulti, in Europa 1995. Abbiamo ricordato la Shoà. Per la generazione di

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