La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 9 - novembre 1995

CHIESA Il miracolo dì Palermo Vinicio Albanesi Don Vinicio Albanesi è presidente della comunità di Capodarco e del C.n.c.a. ♦ Andrò, se Dio vorrà, a Palermo dal 20 al 24 novembre a nome del Coordinamento delle comunità di accoglienza (Cnca). Uno degli oltre duemila delegati che celebreranno la terza assemblea ecclesiale italiana. Nel 1976 fui entusiasta della prima assemblea. Si svolse a Roma, dal titolo "Evangelizzazione e l?romozione umana": l'entusiasmo - facile da capire pensando all'anno - era grande; il tema e il clima generale erano consoni ad attese e speranze. Nel 1985, nonostante la seconda assemblea si celebrasse vicino casa, a Loreto, dal titolo "Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini", non partecipai: mi sono limitato ad acquistare il libro degli atti e a leggerli. Partecipando alla terza aassemblea, pensando all'argomento e alla traccia di preparazione, credo siano quattro i nodi da affrontare per suggerire, se non soluzioni, almeno percorsi. Il pnmo immenso problema è la religiosità: quale religiosità, per quale Italia, per quali battezzati? La domanda centrale rimane: quale fede per le persone "qui e ora", in una ~ocietà opulenta e mercantile? Il rischio è di mediare le forme di comunicazione della fede a tal punto da svilirla. La fede risponde agli interrogativi ultimi della vita e si esprime in forme autentiche, senza sconti. In caso contrario è cultura, prassi, costume. Il dilemma a Palermo è se al versetto dell'Apocalisse "ecco, io faccio nuove tutte le cose" ci sarà risposta o non si attiveranno forme organizzative e culturali che hanno poco o nulla a che fare con le risposte di fede. Il rischio delle parole esiste, ingigantito dalla capacità di inquinamento del modo di essere e di pensare dei J?Opoli benestanti. Altro che mculturazione della fede di cui parla la "traccia di preparazione"! La fede non solo non incultura, ma, in senso contrario, è inculturata a tal punto da rischiare di diventare sterile, resa incapace di vita. Forte è la tentazione di fuggire dalla palude occidentale, per non perdere la fede. Leggevo, con senso di vergogna, il grido di dolore di P. Zanotelli della baraccopoli di Korochogo, alla periferia di Nairobi. Non sono sufficienti oramai né riflessioni, né grida di scandalo; forse l' atteggiamento migliore è quello del silenzio e della coscienza, non diverso da quello che aveva il pubblicano della parabola evangelica. Un silenzio di umiltà e di interrogativi, per capire e contemplare e convertirsi. Credo sia questo il significato più profondo dell'impegno di "nuova evangelizzazione" caro al Papa. Il secondo nodo da affrontare a Palermo è quale rapporto con il benessere. Il tema dell'assemblea infatti è "il vangelo della carità". Quel messaggio, lanciato dai Vescovi, chiedeva 1;edagogicamente di ristabilire forme di giustizia e di carità. Istintivamente si pensa ai poveri, agli esclusi, ai bisognosi. Il vangelo della carità in realtà non è diretto a qualcuno, ma a tutti. Il Dio cristiano ha l'ipotesi della felicità per il creato e per ogni creatura vivente. Il libro della Genesi, al termine del racconto della creazione, commenta: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona". Quella cosa buona può essere tradotta per il creato, nella sua complessità: la storia degli uomini dovrebbe sviluppare e migliorare ogni risorsa del creato. Se, nonostante il progetto, le cose del mondo sono piene di ingiustizia e di malvagità, il progetto prevede anche il ripristino dell'originale armoma. La risposta alla rimozione del male si può leggere nelle parole messe in bocca di Dio dal profeta Isaia: "asciugherò le lacrime di ogni volto". È infatti cristianamente assurdo un mondo di felici e infelici. Parlare di tutti significa dunque solo ristabilire equità e giustizia, contro chi e che cosa li ha resi ultimi. Ma nessuno è mai nato ultimo, né mai nascerà. Il pro&etto umano si g·ioca nel ristabilire felicità e fratellanza: non concepite come dovere o virtù, ma come attuazione del pro&etto di creazione. La fede è vita e felicità, non ha la "funzione" di rendere qualcuno felice. Lo stesso rapporto con Dio coinvolge la vita nell'armonia del godimento delle cose, di tutte le cose, insieme a tutte le creature: questa è la pienezza di Dio. Il terzo nodo di Palermo è come progettare il futuro. Si fa cenno, negli schemi prepara tori, a un'autocoscienza sulla situazione politica e sociale d'Italia. Non so quanto spazio sarà dedicato a questa autocoscienza. Il rischio maggiore è che la stessa coscienza sia già artefatta a tal punto da non saper leggere la realtà, oppure di interpretarla con categorie più "giuste". È un rischio reale che va al di là della buona volontà delle singole persone. Il clima di autogmstificazione, l'incapacità a immergersi nell'universo, l'insaziabilità delle risposte materiali potrebbero portare a vere e proprie falsità, pensate e vissute come giuste. È il peccato di consenso, così irritante nel fariseo, ma pur sempre ripetibile. Il sintomo di questa cattiva coscienza è che non si è avuto il cora~gio di parlare di economia in un mondo profondamente economico. È venuto il momento di dire se non le modalità, almeno i contenuti di una politica equa, s.iusta, solidale. Non è possibile salavare sempre tutto e comunque, confondendo peccato e peccatore, mediare tra mezza virtù e mezzi vizi. L'Italia ha estremo bisogno di contenuti forti e chiari, orientati al rispetto e al benessere, all'armonia e alla tutela. 'ifX1.

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