La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

deliberatamente· presi di mira da cecchini irraggiungibili o colpiti da obici mortali che sparano dal nulla. Ci volevano dunque tre anni e, soprattutto, una presa di ostaggi dei caschi blu, fatto senza precedenti nella storia della comunità internazionale, perché leadership politiche e media europei riconoscano che in questa guerra ci sono aggresS?r~ e aggrediti, criminali e vittime. , Tre anni di una politica inutile di ".neutralità" che ci ha privato di ogni credibilità pres- · so i bosniaci e di ogni rispetto da parte degli aggressori. Ormai siamo arrivati a un punto di non-ritorno. O tiriamo le conseguenze che si impongono e rafforziamo la nostra presenza - mandato dei caschi blu, presa di posizione netta di fronte agli aggressori - e, in fin dei conti, rifiutiamo di essere complici della strategia di epurazione e di omogeneizzazione della popolazione della Bosnia, oppure cediamo al ricatto intollerabile delle forze serbo-bosniache, ritirandoci dalla Bosnia e infliggendo così alle azioni unite la loro più grande umiliazione proprio mentre si celebra il cinquantenario della fondazione dell'Onu. Oggi più che mai in passato dobbiamo armarci di dignità e di valori. E soprattutto ripetere quel "mai più" che risuona in tutta Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. Oggi più che mai in passato dobbiamo difenderci, in Bosnia, contro coloro che spingono all'epurazione etnica e religiosa come ideale politico e lo impongono perpetrando crimini contro l'umanità. Se la situazione attuale è il risultato delle politiche disordinate, rinunciatarie e contraddittorie dei nostri governi, l'Unione europea in quanto tale è rimasta muta, impotente, assente. Bisogna che l'Europa testimoni e agisca! Bisogna che grazie all'Europa l'integrità del territorio osniaco e la sicurezza delle sue frontiere siano finalmente aranti te. Ma ciò non ~,·no.n più sufficiente. Per recuperare un credito assai largamente consumato, l'Unione europea deve oggi dar prova di un coraggio e un'immagiriaz10ne politica senza prece- .:lentinella sua storia. L'Europa può farlo, l'Europa deve farlo. Lo deve tanto ai bosniaci quanto a se stessa. Perché ciò è condizione della sua rinascita. Andiamo dunque in tanti a Cannes a manifestare ai capi di stato e di governo che: - le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, in particolare quelle che garantiscono il libero accesso degli aiuti alle vittime, devono essere applicate; - l'assedio a Sarajevo e alle altre città accerchiate deve essere levato e le zone di sicurezza effettivamente protette; - i caschi blu non devono essere ritirati, il loro mandato non deve essere ristretto, al contrario la presenza internazionale in Bosnia va rinforzata; - di fronte a una poli:tica di sedicente neutralità, noi stiamo dalla parte degli aggrediti e delle vittime; - nello spirito di solidarietà che deve animare l'Europa che noi vogliamo, la repubblica di Bosnia-Herze$ovina, internazionalmente riconosciuta, venga invitata ad aderire pienamente e immediatamente all'Unione europea. L'Europa, infatti, muore o rinasce a Sarajevo." Tuzia, maggio 1995 Esattamente un mese prima era stata bombardata la città di Tuzia: di una generazione si è fatta strage, oltre 70 giovani ammazzati durante il passeggio, centinaia di altri giovani feriti. Quattro giorni prima avevo congedato il sindaco (musulmano e riformista, cioè socialdemocratico) Selim Beslagic, dopo averlo accompagnato per diversi giorni - insieme al deputato Sejfudin Tokic; suo compagno di partito -, a Strasburgo, a Bolzano e a Bologna. Il sindaco Beslagic e l'amministrazione "civica, non etnica" di Tuzia - come fieramente amano definirsi - sono considerati universalmente come riferimento di pace e di convivenza, di democrazia e di tolleranza. Bene: il giorno dopo il cannoneggiamento della sua città, Beslagic mi ha inviato per fax copia del suo messaggio al Consiglio di sicurezza dell'Onu con la preghiera di diffonderlo al Parlamento europeo. "Voi state a guardare e non fate niente, mentre un nuovo fascismo ci sta bombardando: se non intervenite per fermarli, voi che potete, siete complici, è impossibile che non vi rendiate conto." E se a Strasburgo, a Bolzano e a Bologna avevamo lavorato con gli ospiti per portare verso la sua realizzazione l'apertura di una "ambasciata delle democrazie locali" a Tuzia (ne esiste già una a Osijek) e per progredire con. altri progetti (acquedotto, parti di ricambio per fabbriche, impianto de-ionizzatore, scambi di giovani eccetera), di colpo tutto questo perdeva non poco senso e speranza: a che poteva servire tutto ciò, se l'aggressione finiva per seminare l'odio etnico a Tuzia come a Mostar? Si può fare qualcosa? Certo, soluzioni facili non esistono. E guardarsi indietro serve a poco: non si troverà convergenza tra chi (come il sottoscritto) è convinto che l'Europa abbia fatto malissimo a favorire la disintegrazione della vecchia Jugoslavia e chi invece accoglieva con entusiasmo le proclamazioni di nuove indipendenze (anche da sinistra: il vocabolo magico "autodeterminazione nazionale" aveva un forte corso legale in molti ambienti democratici e di sinistra). Così bisognerà trovare una linea di demarcazione che aiuti a scegliere chi e cosa sostenere, chi e cosa contrastare: Questa linea non separa di per sé i serbi dai croati o i cosidetti musulmani da entrambi, ma potrebbe essere un'altra: è la distanza che separa le diver:.. se politiche del!'esclusivismo etnico (epurazioni, espulsioni, omogeneizzazione nazional'e, ghettizzazione, discriminazione e oppressione delle minoranze, integralismo etnico o religioso...) dalle politiche della convivenza, della democrazia, del diritto, della possibilità di essere diversi e far parte di un ordinamento comune, con pari dignità e pari diritti, e senza che trovarsi in minoranza debba essere una disgrazia cui sfuggire quanto prima attraverso la costituzione di un'entità in cui si sia maggioranza. Nella direzione di quanto si può fare per ricostruire condizioni di convivenza possibil~, vi sono alcuni passi necessan. Tutti includono, innanzitutto, che si lavori non "per", ma con gli ex-jugoslavi, e una proposta, una politica sarà tanto più credibile quanto più riuscirà a convincere insieme dei democratici serbi e croati, bosniaci e macedoni, albanesi

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