La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

POLITICHE GIOVANILI E CRIMINALITÀ MINORILE Duccio Scatolero a cura di Giorgio Morbello C;è una linea netta che attraversa la vita di ogni ragazzo, la linea dei diciott'anni. Da un giorno all'altro si diventa adulti. Cioè responsabili. Eppure oggipare che non ci sia niente di più elastico, estensibile o contraibile dell'età dell'adolescenza. Quanti sono gli eterni Peter Pan che non vogliono e non riescono a diventare adulti? E quanti, a Città del Guatemala come a Rio, Napoli, Torino, i tredicenni già adulti, che si guadagnano da vivere vendendo sigarette, fumo, fazzolettini? Sulle spalle una responsabilità enorme: la sopravvivenza. Usati, sfruttati, sop-:- portati, sempre troppo poco aiutati e sostenuti, quasi mai trattati per quello che sono: bambini. Duccio Scatolero insegna criminologia presso la facoltà di psicologia dell'Università di Torino, è presidente dell'Associazione nazionale dei Giudici per i minorenni e le famiglie, ha coordinato progetti educativi nel carcere minorile del Ferrante Aporti. Il fenomeno della criminalità minorile, i[ ruolo delle istituzioni, in particolare il Tribunale per i minorenni e il carcere, il senso di politiche giovanili di ampio respiro sono temi sui qu-alilavora sia come docente che come giudice onorario. Chi sono oggi in Italia i minori che compiono reati? Come si articola ilfenomeno? Il panorama italiano della criminalità minorile è abbastanza complesso e di non facile lettura. Ci sono grosse differenze sul territorio nazionale, in particolare tra le realtà del Sud e quelle del Centro-Nord. Al Sud la presenza della criminalità organizzata occupa un ruolo di primo piano nel favorire comportamenti devianti e criminosi da parte dei minori. Molto si è detto, anche se sovente a sproposito, sulla presenza dei cosiddetti baby killer, e sulla tendenza della mafia a utilizzare minorenni per commetter~ reati a causa del b~s<?C?St??ella loro mano d opera e per le sanz10ru gmnd1che meno pesanti a cui i minori vanno incontro. Il fenomeno esiste, ma certo non con il peso e l'enfasi con il quale è stato sottolineato dai giornali. Utilizzare ragazzi molto giovani in operazioni criminali è un'operazione ad alto rischio. Sono soggetti poco affidabili, l'organizzazione stessa potrebbe averne gravi svantaggi. C'è però un'influenza indiretta della criminalità organizzata sui più giovani: è il modello culturale mafioso trasmesso dagli adulti. Per molti ragazzi del Sud, soprattutto in aree disgregate, prive di servizi territoriali, entrare in strutture criminali può essere un'aspirazione forte, veicolata dal modello vincente del boss, del "potente". Per quanto riguarda il Centro-Nord la questione si pone in termini molto· diversi e va a toccare essenzialmente la questione degli stra- .nieri. Oggi c'è un dato più o meno simile in tutta quest'area: la presenza massiccia di minori stranieri all'interno delle strutture giudiziarie e penitenziarie minorili. Si tratta di nomadi, per lo più di provenienza slava, e di Nord-africani, marocchini e tunisini in maggioranza. C'è da notare la quasi totale assenza all'interno di queste strutture di minori indigeni, cioè italiani, e in ogni caso le poche presenze sono dovute generalmente a reati di piccola importanza. A questo proposito sarebbe interessante capire se è davvero finito un ciclo, se cioè anche nelle zone più difficili di questa parte d'Italia i ragazzi hanno trovato altri fattori di compensazione rispetto alle loro difficoltà di integrazione, fatto · che non necessariamente hanno a che fare con ·1adevianza criminale. Un'altra lettura porterebbe invece a pensare che la situazione non è così, ma che in realtà gli organi di controllo sono portati con maggior facilità a rivolgersi a popolazioni minorili molto più "visibili" come quelle degli zingari e degli extracomunitari. Il dato di fatto è che all'interno della struttura penitenziaria, l'ultima spiaggia per i minori che compiono reati, si possono notare all'incirca· queste percentuali: il 70% dei ragazzi sono immigrati, essenzialmente maghrebini, il 25% nomadi e il restante 5% è rappresentato da ragazzi italiani. La questione degli zingari non è nuova, è dal dopo guerra che questa è una presenza costante all'interno delle strutture giudiziarie minorili. C'è quasi una tradizione storica che fa dire che all'interno delle popolazioni nomadi in qualche modo obbligate a vivere in contesti .di devianza e di criminalità, si faccia ricorso ai più piccoli, istruiti appositamente dalle madri, come attori di reati, perché non punibili. È palese che il problema in questo caso non ha nulla di giudiziario, ma che è esclusivamente un problema sociale, irrisolto da quarant'anni a oggi. Un'altra questione che non ha nulla di giudiziario, se non nelle sue conseguenze, è quella dell'immigrazione. Forse per la prima volta nella storia secolare delle migrazioni, è presente il fenomeno di un numero consistente di giovani minorenni che escono da soli dal paese d'origine. Questa nuova realtà pone inevitabilmente una serie di problemi non facili. Si tratta di ragazzi che crescono troppo in fretta, che vivono all'interno della còmunità adulta, considerati come adulti, abituati da subito a sopravviverè, ma che in ogni caso restano "piccoli" e cometali sfruttati, strumentalizzati, fatti oggetto di abuso. Sono vettori di traffici illeciti, essenzialmente quello di droghe "leggere", sottoprodotto del mercato della droga molto rischioso, a causa dell'elevato numero di "contatti", e non così redditizio se gestito solo con piccole quantità di sostanza. Il traffico di stupefacenti è oggi la causa maggiore di presenza in carcere di minori extracomunitari. Che fine hanno fatto le "bande" di ragazzi, quelle che negli anni '70, soprattutto nelle periferie urbane, connotavano e occupavano in modo visibile il territorio? Oggi il fenomeno non.è distinguibile secondo categorie territoriali. In quegli anni la ricerca sociale sui giovani poneva grande attenzione alle aree urbane, nelle quali sembrava concentrarsi "il problema". A Torino c'erano via Artom, Mirafiori Sud, le Vallette che esprimevano il massimo del disagio sociale e anche delle manifestazioni di delinquenza minorile. Il problema

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==