La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

confronto al numero degli abitanti, resta circoscritta a ~ruppi ristretti. C'è, ed è di gran lunga più diffusa, la febbretta scialba di una quotidianità senza sbocchi e senza orizzonti. La stessa criminalità ha perso il sapore epico che le derivava dalla disperazione di chi era costretto ogni giorno a fare i conti con i morsi di una miseria atavica, ed è più spesso il .risultato di ossessioni piccolo borghesi, di frustrazioni e sogni di grandezza. La gente che vive in quartieri del genere, tutto sommato ci sta bene. Gode la libertà che deriva dalla sciatteria e dallo spirito di gruppo. la consapevolezza di appartenere a una comunità, che per anni ha raprresentato la forza per decine di immigrati arnvati da ogni parte di Italia, ha finito per cronicizzarsi in una sorta di omertà, una complicità d'acciaio difficilmente scalfibile. Ma è finita la cultura del villaggio. Nei quartieri della periferia non ci si vive più, ci si dorme soltanto. I cofani delle macchine hanno · sostituito sui marciapiedi le sedie dove i vecchi parlottavano nelle sere d'estate fra loro, e insegnavano la vita ai ragazzini. La spontaneità è degradata in trasandatezza, la vivacità sanguigna che era del popolo in aggressività piccoloborghese. Tutto affoga nell'anomia di una popolazione che non possiede più né, tradizioni, né regole di comportamento. Stanno scomparendo i mestieri artigianali che richiedono pazienza sia nell'a2prendere sia nel guadagnare, mentre proliferano attività tutte uguali, per le quali non occorre professionalità. Le periferie sono ormai delle enormi carrozzerie, o delle immen- .se officine dove si fanno solo lavori in serie. Sono porti franchi e autosufficienti, dove lo Stato. è sentito c;ome una forza estranea che bisogna aggirare e imbrogliare. Dell'autorità statale non si sopporta l'alito pesante del fisco, concepito come prepotenza che disturba un sistema ormai consolidato e autosufficiente di consuetudini, di lavoretti fatti "in nero", in ttr, fl ,· I , i; •I ) I ;l . . ~ ,, ;:-.,,. ,, ,'/ ._, ,' I, , /,,,. ~- . ,."' . -:- ' .<( ' t. /\ ... . )1· _, ,. ;, r , 4· RCIO 'I F g_ITJVI amicizia, basati su sconti e piaceri reciproci. La cultura di questi mondi è estremamente conservatrice, riluttante di fronte alle novità che arrivano dal centro. Perfino la scuola è avvertita come un ostacolo. È opinione diffusa che vi si insegnino solo cose inutili, che non servono nella vita pratica. I ragazzini, che spesso non possono contare né sui cinema né tanto meno su biblioteche o altri centri culturali, crescono nelle bische e nelle palestre, quelle sì numerose, luoghi dove già entrando non si può essere più ragazzini. Si impara la vita vera, lì cl.entro. Si impara innanzi tutto a diffidare, e poi a portar rispetto al tale o al talaltro personaggio, a seconda di quanto conta nel quartiere. Poi si impara a farsi rispettare. Lì dentro, nelle bische e nelle palestre, non c'è spazio né per il dubbio adolescenziale né, tanto meno, per la curiosità. Esistono i ruoli, eterni, di capi e di gregari, di padrone e di vittima, e se per una volta capita di trovarsi tra i secondi, ciò significa essere considerati delle pappe molli, gente senza spina dorsale, femminucce. La _determinazione e la forza fisica sono le qualità indispensabili per essere accettati in quel mondo. Se le si possiede, allora, e solo allora, si ottiene il passaporto per entrare in quella città che sa anche essere splendida, fatta di amicizia vera e solidarietà. I ra~azzi crescono da soli. I padri si perdono '?gn~giorno per la città, inventa~dos1 occupaz10m sempre nuove, commerci, o consumandosi in un pendolarismo che li abbrutisce. E le madri, come possono tenere a bada da sole quei figli così vogliosi di diventare grandi, presi dalla frenesia del gnippo cui appartengono? Le madri non si vedono mai durante il giorno. Le si incontra soprattutto nel pomeriggio, sedute su qualche panchina fracassata in mezzo a un giardinetto arso, o fuori da un bar. Escono da vite che sono battaglie, vivono la vecchiaia con la tranquillità di uila convalescenza. La m~ola è il più delle volte impotente di fronte a tali problemi, perché non può contare

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