La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

ficio, alla lotta senza quartiere. Sono, insomma, tutti "ultimi", tutti reietti. La loro efficienza è pari alla loro ghettizzazione. Il loro metodo investigativo è quello della "osservazipne dinamica". Ultimo non si basa sulle dichiarazione d·ei pentiti, non si limita ad accertaru-e--i-J::iscontri eff~ttivi .. proce~e- i~- vece con i suoi uomini in operazioni di pedinamento, intercettazione telefonica,.documentazione filmica. Per rendere possibile e proficuo . questo lavoro, ·è necessario che gli uomini del Crimor si mimetizzino, si rendano invisibili, annullino la propria personalità e la ricostruiscano camaleonticamente di volta in volta. Gli ultimi. diventano c.osì uomini-ombra che si sdoppiano, si triplicano, rischiano la schizofrenia, diventano parte dell'ambiente in cui operano. Non è, il loro, un lavoro d'ufficio, che si1 • possa fare con orari prestabiliti. È un lavoro on the road che .implica interminabili attese di appostamento dentro le "balene" (i furgoni adibiti al1'osservazione). Un lavoro metodico e paziente che somiglia a quello dei documentaristi ecologici: "se tu vuoi. filmare la danza delle farfalle quando si accoppiano, non puoi aspettare che vengano loro a dirtelo quando hanno intenzione di accoppiarsi, dévi essere tu che diventi invisibile e spii le farfalle fino a quando iniziano la loro danza. Noi abbiamo fatto così". Ma non è tanto la metodologia investigativa ad essere rivoluzionaria, quanto il portato etico implicito. Chi compie questo lavoro non può essere un borghese, non può essere un burocrate, non può essere un "cravattaro" o un "laureato". Dev'essere invece un "soldato straccione", un oscuro combattente, la versione vivente ( ma sempre in limine mortis) del pietrificato milite ignoto, uno che sta sempre ai margini, che non cerca né fama né gloria. Per elementi di tal fatta "la burocrazia cieca o malintesa costituisce il fronte interno dello scontro", quello subdolo, basato su un concetto imprenditoriale della lotta alla criminalità. Invece, per Ultimo, il conflitto va interiorizzato. Non può essere burocrazia, ma un modo di vivere e, al limite, di morire. Non v'è dubbio che questa austera ed esigente interpretazione del ruolo delle forze dell'ondine può vantare al proprio attivo una serie di . importanti sùccessi. Forse si può anche dire che è l'unica adeguata alla durezza e alla vastità dello scontro con la mafia, all'urgenza di averne ràgiene e di ripristinare una fisiologica legalità in un paese in cui ogni operazione à-idepu-r-a,z.ion._e del sistema risulta fatalmente o troppo lenta o troppo parziale o troppo moderata. Si tratta quindi di un estremismo in qualche modo giustificato dall'asprezza del momento. Tuttavia, bisogna anche domandarsi se una concezione così elitaria del lavoro (che lavoro è, stiamo attenti che non diventi altro) investigativo possa costituire realmente un modus operandi. Certamente no (né d'altronde, sarebbe auspicabile). Anche senza considerare la piaga della corruzione, dell'inefficienza, del lassismo che infetta fatalmente e ovungue le forze di polizia, Ultimo sarebbe comunque una figura encomiabile e ammirevole per la sua dedizione non meno che per il suo bagaglio tecnico e conoscitivo. Ma non può essere un modello imitabile, proponibile. E questo al di là del suo alto profilo professionale e morale. Ultimo non può costituire un modello perché è il portatore (sano) di un'ideologia (anzi, di un coacervo di miti) sbagliata, mistificatoria, che in certi aspetti è anche gravemente inquinata e pericolosa. Sorprende che sotto la dura scorza del più disincantato realismo professio~istic? ~i scopra un magma mitop01et1co. Ultimo sostiene che "la lotta a Cosa Nostra, o la vivi, o niente, non puoi andare al cinema per capire cosa è". Ma tutta la sua cultura è impregnata di fiction, tutta la sua visione della realtà è reinterpretata alla luce di lin eclettico ideologismo di basso profilo. Si potrebbe andare perfino alla ricerca dei riferimenti cinematografici o letterari: da Il Cacciatore, a Piccolo grande uomo, a Mad Max oltre la sfera del tuono. Quando la lotta a Cosa Nostra viene interpretata nei termini di uno slogan come "due combattono, uno vive", non si può fare a meno di pensare che la realtà virtuale è penetrata in qualche modo, per sottili interstizi, all'interno della più dura e concreta vita quotidiana (e si può legittimamente presumere che una certa letteratura multimediale - dai Beati Paoli al Padrino - abbia svolto un ruolo analogo all'interno del fronte mafioso). Nel discorso - amaramente liberatorio - di Ultimo predomina la componente romantica. Egli ripetutamente definisce se stesso e i suoi uomini "gente bella". Cioè gente che "si gioca tutto". Bella, in sostanza, di fama e di sventura. L'autoritratto è umbratile: "Così siamo scesi a Palermo con le nostre identità, i nostri mezzi, la nostra fantasia e la nostra malinconia". Ultimo rivendica per sé e per i suoi la "bella ignoranza" che li fa diversi, inassimilabili alle logiche del Potere, incontaminati dai veleni del Palazzo, puri come gli indiani che si limitano a toccare il nemico "perché per loro non è importante uccidere". A questa vena nostalgica e decadente, s'innesta una componente prettamente cavalleresca. Il vecchio Comandante Unico che ricorda ai suoi uomini il sacrificio eroico, folle ma non inutile, della cavalleria pol~cca c~e, lanci~ in r~st~, canea i carn armati nazisti, appare ad Ultimo come un "guerriero antico". E poi c'è il carabiniere calabrese che as-

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