La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

a qualcosa di eticamente inaccettabile e non forma per esprimere un disaccordo politico. A maggior ragione; nelle società democratiche, la disobbedienza civile dovrebbe essere una forma di lotta estrema, eccezionale che non mette in discussione l'intero ordinamento giuridico, ma si indirizza su un aspetto specifico, che sa accettare la sanzione per la disobbedienza di cui si rivendica pur la superiore imperatività morale rispetto alla legge che si viola; che sa esaltare la scelta individuale, ma che sa anche coinvolgere in una lotta popolare ampi settori della società. È questo l'insegnamento di Ghandi e delle sue lotte nonviolente: il coinvolgimento della società indiana, la definizione precisa dell'obiettivo, l'accettazione serena della sanzione erano tre dei pilastri del suo agire nonviolento. Oggi l'inflazione di digiuni e scioperi della fame per ogni cosa, la minaccia della disobbedienza civile per ogni problema di rapporto con i poteri, ·rischiano di impoverire e squalificare queste forme di lotta. Sono anche l'indice di una crisi della forma democratica, dell'incapacità di affrontare e risblvere contraddizioni e conflitti importanti con le procedure tradizionali democratiche. Diritti civili Obiezione di coscienza e disobbedienza civile richiamano l'idea di diritti civili. Qualcuno dice che l'obiezione di coscienza non è altro che la disobbedienza civile trasformata in diritto; non è completamente esatto, ma indica una tendenza. La nostra cultura che si è formata dopo il '68, una certa pratica della sinistra, ma anche una vasta tradizione italica trasversale, hanno reclamato sempre a gran voce i "diritti", dimenticando che i diritti "propri", per essere anche diritti "altrui", hanno bisogno non solo di rivendicare riconoscibilità, ma di offrila all'altro. Più semplicemente, la nozione di diritto di cittadinanza non è slegata dal dovere di cittadinanza. Quest'ultima non è semplicemente un catalogo di diritti ma un reticolo di .reciproche solidarietà. Nella cultura dei movimenti degli anni Ses_santae Settanta l'idea di un dovere di solidarietà - non moralistico - ma come forma della politica è sempre stato largamente assente. È solo con l'espansione di esperienze e movimenti come quelli del volontariato e del lavoro sociale negli anni Ottanta che questa dimensione della solidarietà, come forma di cittadinanza attiva e non come semplice rivendicazione prende forma. Parafrasando quanto auspicava Bobbio si potrebbe prefigurare il passaggio da una società dei diritti a una società dei doveri. Nel nostro contesto potremmo chiedere di affiancare alla campagne di disobbedienza civile, quelle per l'obbedienza civile ispirata a principi di giustizia, di pace e di solidarietà. D'altro canto già la nostra Costituzione prevedeva alcuni doveri per i cittadini. Questi sono presenti nell'art. 30 ( "È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio"), nell'art. 52 ("La difesa della patria è sacro dovere del cittadino"), nell'art. 53 (" Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva"), nell'art. 54 ("Tutti i cittadini hanno il dovere di esser.efedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi"). L'art. 52 - primo comma - indica un dovere, che la Corte Cosituzionale ha già chiarito come possa essere adempiuto con un.servizio civile, diverso da quello militare, rivolto all'intervento sociale. L'idea di un servizio civile obbligatorio, per ragazzi e ragazze, nasce dall'idea di dare un servizio al paese, come dovere di solidarietà alla comunità, come alternativa di pace al servizio militare. Io difendo questa idea a prescindere dall'obbligatorietà o meno del servizio militare. Credo che un siffatto servizio civile, nell'ambito del dovere costituzionale inquadrato dall'art. 52, avrebbe un importante ruolo sociale, educativo, formativo. Dovrebbe essere costruito non come un'imposizione e una perdita di tempo, ma come una grande occasione personale di crescita e di civiltà. Pacifismi Così come ci sono tante obiezioni di coscienza così esistono vari pacifismi, diversi per origine storica, caratteri culturali, ambiti tematici. La differenziazione di analisi è d'obbligo. Per non andare troppo indietro, il pacifismo italiano risor.to negli anni Ottanta ha vissuto approssimativamente tre fasi. Quella del movimento contro il riarmo nucleare dei primi anni Ottanta, movimento espanso in tutta Europa; il movimento sviluppatosi intorno alla guerra del Golfo; l'esperienza diffusa di pacifismo e divolontariato della prima metà degli anni Novanta di fronte alla guerra in ex Jugoslavia. Queste tre fasi sono state attraversate da esperienze parziali, ma significative: l'esperienza delle donne, il pacifismo giuridico, lo svi_l~ppo~ell'.ecopacifi- . smo. Naturalmente tutto cip ha comc1socon tre fasi storiche ben delineate: il bipolarismo e la guerra fredda; il passaggio dal confronto tra blocchi al tentativo di costruzione (più sulla carta che nella realtà) di un nuovo ordine mondiale sostanzialmente unipolare; lo scoppio dei nazionalismi e degli etnic1smi.Obiezione di coscienza e pacifismo sono stati ai margini delle forme di lotta di questi movimenti. Nell'ultima fase, negli anni Novanta, è opportuno citare - oltre all'obiezione di coscienza e alla disobbedienza civile - due forme e modalità dell'agire pacifista che hanno assunto sempre maggiore importanza: le esperienze di volontariato e di solidarietà nella ex Jugoslavia ed esferienze e iniziative di diplomazia popolare, da basso, nei luoghi di conflitto. Il pacifismo più maturo è passato in questi anni dalla testimonianza alla politica: si è confrontato da una parte con il corpo di teorie e pratiche della soluzione nonviolenta dei conflitti e dall'altra con gli obiettivi di smilitarizzazione della politica e dell'economia della nostra società. Politica della difesa e politica estera sono state al centro dell'attenzione del movimento per la pace in questi anni, in un contesto di rapporto critico con le istituzioni; parlamento e legislazione, enti locali, rapporto di mandato con i parlamentari sono stati i punti di riferimento dell'azione e delle campagne pacifiste. Iniziative di pace In questo contesto sin dalla fine degli anni Ottanta il pacifismo italiano ha sperimentato, con l'iniziativa Time far Peace in Israele-Palestina, un'azione concreta e positiva di diplomazia popolare, dal basso, <li ricostruzione di un rapporto di dialogo, di iniziativa comune tra le colombe dei campi avversari, mettendo insieme gli israeliani di Peace now e i palestinesi delle organizzazioni democratiche. Questa esperienza, di grande importanza culturale e simbolica, ha avuto anche importanti effetti politici. Ha anticipato un'esperienza, quella in PACF F Q.[ffRRA

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