La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

mane lì, inutile ma non inerte, a reclamare ancora i propri diritti e a far valere le proprie ragioni di fronte a un mondo sempre inadeguato, nonostante tutti gli sforzi per renderlo (o farlo sembrare) desiderabile. Quel nucleo non effimero garantisce l'autenticità e la necessità di un modo di essere e di vedere la realtà e, a dispetto di tutte le sviste e degli equivoci di cui abbondano i discorsi umani, contmua a parlare e a rivelare al lettore qualcosa sull'uomo e sul mondo. Questa lunga introduzione non è estranea al tema enunciato dal titolo e anzi intende sottolineare l'importanza di riflessioni che, pur distanti nel tempo, non sono invecchiate come si potrebbe presumere. I numerosi articoli che Chiaromonte dedica alla condizione giovanile sono tuttora significativi e interessanti, soprattutto oggi che gli intellettuali à la page disdegnano queste tematiche così pedestri e lontane daUe oscure alchimie della ben più "nobile" politica del Palazzo. Nell'immobile situazione politica del dopoguerra, i giovani, ribelli e conformisti, disperati e rassegnati, sono per Chiaromonte motivo di speranza e, insieme, di cruccio. La loro protesta, il loro disagio urlato sono tra le rare dimostrazioni di dissenso nell'omologata società inoderna. Ma la confusione, l'incertezza dei motivi che li spingono ad insorgere non possono non preoccupare un osservatore attento e critico. L'attenzione di Chiaromonte al mondo giovanile non è improvvisata, non nasce sull'onda del movimento degli anni '60. Già nel 1956 aveva dedicato un articolo alla "ragazzaglia" che, con il pretesto deli''Ungheria, marinava la scuola, imbrattava i muri, riempiva le strade cittadine schiamazzando e lancìando sassi. Questi "figli di papà" sono "una delle prove più evidenti che la nostra classe media non è solo intellettualmente scadente, moralmente frolla e politicamente torpida, ma anche incapace di educare i propri figli" 1 • 'La riprovaz10ne non andava solo alla vacuità della protesta giovanile, ma coinvolgeva anc_hei cattivi maestri di questi ragazzi, l'inettitudine di tutta una classe a riscattare se stessa almeno attraverso l'educ.azione dei propri discendenti. Il discorso viene approfondito nel dibattito seguito alla pubblicazione, su "Tempo presente", de La tentazione dell'est. Frammenti di diario di un ·giovane milanese della seconda metà del XX secolo 2 . Il diario esordiva così: "Noi giovani siamo tentati. Tentati d_iguardare altrove, cercare altrove delle risposte ..." L' "altrove" che induce in tentazione Furio Monicelli, questo è il nome del giovane, è il mondo del socialismo reale. Egli si chiede se la finta democrazia gollista sia quella con cui ci si dovrebbe sentire solidali nella lotta contro il comupismo. Si chiede perché i giornali italiani non scrivano, come la bene informata e attenta stampa anglosassone, che "il regime di terrore non esiste più in Russia" e che "il tenore di vita è in rapido aumento". Nell'asfittica società italiana la noia, "l'attesa insoddìsfatta che cova nel fondo, inesprimibile e inespressa" gli sembrano sii unici stati d'animo concessi a un giovane msofferente dello stàto di cose attuale. Chiaromonte, "senza false blandizie", ma anche senza pretendere di aver ragione "dato che nçn si può aver ragione contro uno stato d'animo", denuncia la "falsa irrequietezza" di questo giovane. La radice del suo tedio non è morale, non deriva dalla domanda più angosciosa di tutte, dall'ansia di sapere dove stiano verità e falsità, bene e male. Eppure solo tali questioni, non le alternative ideologiche, riescono a coinvolgere la coscienza. Kruscev o be Gaulle: è una scelta fittizia, perché prende in considerazione solo l'esistente, la forza già costituita e organizzata, perché riduce le possibilità di opzione e consacra la passività politica. Il dilemma non può consistere solo nel1'alternativa "fra chi ha il potere oggi e chi sembra abbastanza forte per impadronirsene domani". I severi rimbrotti di Chiaromonte a questo giovane, smar,rito e incapace di circoscrivere e chiarire l'oggetto del proprio smarrimento, sono seguiti da un preciso consiglio, da una concreta proposta di impegno: "il compito veramente 'storico' dei nostri tempi", quello che merita e richiede l'entusiasmo di un iiovane, è "la ricostruzione della società devastata dalla forza e accascfata dalla soggezione alla forza. È un'opera questa, che comincia necessariamente dall'esempio personale" 3 • Chiaromonte non si sottrae al proprio ruolo di adulto autorevole perché, come scrive Hannah Arendt, "che gli adulti abbiano voluto disfarsi dell'autorità significa solo questo: essi rifiutano di assumersi la responsabilità del mondo in cui hanno introdotto i loro figli"4 • La condiscendenza incondizionata, il giovanilismo dei padri a Chiaromonte sembrano fuori luogo. Il suo modo per stimolare lo "spirito di libertà dei giovani" è quello capace di coniugare comprensione e critica. Così, nel 1965, nel- .l'articolo Gioventù indocile, Chiaromonte sottolineava l'ambiguità della protesta dei giovani comunisti italiani e francesi e di quegli studenti cattolici che, in dissenso con gli apparati, reclamavano liberalismo e democrazia all'interno di un partito, quello comunista, e di un'istituzione, la chiesa, autoritari e gerarchici per essenza e non per accidente. È impossibile riformare rimanendo all'interno, cioè "in stato di ossequio formale sia ai principi che ai metodi". Sorge allora il sospetto che questi giovani vogliano, insieme, "autonomia, disciplina, libertà di pensiero e dogma" e manchino dell'audacia necessaria per portare fino in fondo "la logica della loro azione". Gli studenti dell'università di Berkeley gli sembrano più coerenti di quelli europei. La loro "decisione di rompere ogni indugio sia dottrinale che tattico" e di agire autonomamente dalle organizzazioni tradizionali deriva dall'importante convinzione che "la democrazia consiste nel fare, non nel lasciar fare il governo e gli apparati di partito". Vietnam, razzismo, disobbedienza civile sembrano essere, per questi giovani, questioni di coscienza e non dilemmi ideolosici da discutersi previa consultazione dei libn sacri. Nel 1968, quando il movimento degli studenti aveva assunto connotati più precisi, Chiaromonte si chiede. "Hanno dunque torto i giovani ammutinati? No. Ma non hanno neppure ragione" 5 • È costante il rifiuto di schierarsi, di appoggiare incondizionatamente una parte o l'altra. Preferisce distinguere, isolare le richieste legittime da 9.uelle velleitarie, i metodi ammissibili da quelli violenti e inconcludenti. Per esempio, riguardo al processo ai redattori de La zanzara, giornale studentesco del liceo Parini di Milano, Chiaromonte si schiera decisamente a fianco dei giovani e contro un pubblico ministero, il dottor Lanzi, che, nella sua requisitoria, si appella alla morale cattoli-

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