La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

di occasioni - nel 1974 e nel 1991 10 - di comprovare come quei risultati paradossali nell'uso dell'automobile, la sua velocità paralizzante, si verifichino anche in Spa~na. Nel farlo pose inoltre un altro interrogativo sul modo in.cui l'economia interpreta una realtà "contaminata" nei valori sociali e culturali: "Se l'automobile è un oggetto di per sé desiderato, che senso ha trattarlo alla stessa stregua degli altri. mezzi di trasf orto che non esercitano lo stesso fascino? Se i suo semplice possesso produce godimento e -ammirazione, se il tempo di guida è tempo di piacere e non di lavoro, non è giusto,attribuire tutti i suoi costi all'unica funzione di mezzo di trasporto". Questo fenomeno distorce completamente la razionalità generale del sistema dei trasporti e in parte spiega ciò che lo strumento economico da solo non aveva P.revisto: l'egemonia assoluta dell'automobile nelle società industrializzate. "Vista dal punto di vista dell'automobilista, la decisione di possedere un'automobile è gravata dai costi fissi (costo dell'acquisto del veicolo, costo di immatricolazione), mentre la decisione di utilizzarlo al posto dei mezzi pubblici è gravata dai soli costi variabili (combustibile, ricambio dei pezzi, riparazioni). Pertanto, se il proprietario dell'autompbile ragiona paragonando i costi variabili a quelli del trasporto collettivo, risulta lam_panteche il sistema vigente dei prezzi gioca a favore dell'automobile". Abbandonando anche le prime apparenze, diversi autori svilupparono un altro dei paradossi suggeriti da Illich: "i veicoli motorizzati creano distanze che solo loro J;>OSsonoridurre". In Spagna, le difficili relaz10ni che si sviluppavano durante gli anni settanta tra città e trasporto stimolarono diverse battaglie cittadine ·e amplificarono la riflessione teorica che Illich aveva af erto. Così, Arturo Sori a ·y Puig•, rivedendo i concetto e gli obiettivi del trasporto 11 , descrive come l'ampliamento delle reti urbane e il potenziamento del trasporto motorizzato di una città faciliti l'acquisizione di nuovo territorio e ne specializzi la funzione, attribuendo ad ogni spazio una specifica funzione o attività umana. L'effetto del trasporto motorizzato si espande "avvicinando punti e allontanando le abitudini, accorciando distanze e creandone altre". Le città sono perciò luoghi nei quali paradossalmente .tutto sta più lontano nonostante il trasporto motorizzato esprima qui la su.1massima potenza. In un periodo in cui i costi economici e gli effetti ambientali e sociali del trasporto cominciavano ad essere drammatici e il movimento ecologista poneva le sue prime radici, i governi dei paesi industrializzati si costringevano, per tutta risposta, a sforzi improbi per aumentare l'offerta di trasporto, specialmente di infrastrutture per le automobili - autostrade, parcheggi, sopraelevate -, con la scusa di risolvere in questo modo i problemi ambientali causati dalla congestione del traffico. In questo contesto di politiche govern~t\v~, non deve sorprendere che solb dai margm1 s1potesse apr,rezzare la grandezza di alcuni dei giudizi che 11grande interesse sul trasporto portava con sé. Nel Regno Unito, sotto la presidenza del vescovo di Kingston-upon-Thames, si creò, a metà degli anni settanta, una Commissione Indipendente col fine di analizzare la mobilità rispetto al suo prezzo. Dalla· sua relazione finale, redatta per essere divulgata 12, suscitano ancora attenzione un paio di argomentazioni, che, senza essere ONTHE ROAD innovative, non erano mai state formulate così chiaramente per il lettore comune. La prima è che, paradossalmente, l'obiettivo del trasporto non è il movimento o la facilità di muoversi e muovere cose: " L'accesso (l'accessibilità) e non il movimento (la mobilità) è l'obiettivo del trasporto. (...) In una città ben dotata, una persona può avere accesso ad un'ampia gamma di servizi con piccoli spostamenti. Quantunque sia meno mobile, nel senso comune del termine, rispetto a qualcuno che percorra maggiori distanze per andare al lavoro, a scuola, e per motivi di diletto o per andare a trovare gli amici, detta persona, nonostante tutto, è più agiata poiché la stessa azione di spostarsi costa tempo e sforzo personale ed è quindi qualcosa che abitualmente si preferisce evitare". Così formulata, la mobilità perde il suo carattere sacro di essere fine a se stessa, per divenire un molto più modesto strumento per soddisfare le necessità. La riduzione della necessità di trasporto, proposta in molte occasioni da coloro che difendono la città tradizionale a fronte dell'assalto della motorizzazione, trova così un pilastro teorico inestimabile. La seconda argomentazione del rapporto britannico, che ancora oggi ben descrive il conflitto del trasp,orto, si riferisce al modo in cui le decisioni individuali abbiano un effetto accumulatorio e finiscano con il creare dei circoli viziosi nel!' evoluzione dei diversi mezzi di locomozione; per esempio, la decisìone di un pedone di effettuare i suoi spostamenti abituali in automobile comporta un incremento, per quanto piccolo, della congestione, dell'inquinamento, del rumore, del pericolo stradale che, a sua volta, induce altri pedoni a cambiare il loro abituale mezzo di trasporto alimentando il circolo vizioso dell'incremento dell'uso dell'automobile. Questi circoli viziosi minano lentamente, ma inesorabilmente, le condizioni in cui si sviluppano i mezzi di trasporto di minor danno ambientale e sociale e innescano la spirale del bisogno di motorizzazione. Progressivamente, coloro che si spostano con mezzi più vulnerabili - andando in bicicletta - trnvano sempre più rischi ed ostacoli, vedono sempre più limitata la loro libertà di movimento. Rischio e libertà di movimento Non è così sorprendente che un paese dal tessuto associativo quale il Regno Unito abbia creato, da ormai cinquant'anni, un'associazione (Pedestrian Association for Road Safety) per difendere la sicurezza dei pedoni in un traffico sempre più ostile, nel quale i mezzi più vulnerabili sono stati a poco a poco esclusi, emarginati ed ostacolati di fronte alla priorità assoluta data allo sviluppo del traffico motorizzato. Non deve tantomeno sorprendere che l'efficacia di tale associazione si sia ridotta fortemente a causa del contesto sociale e culturale del boom economico successivo alla seconda guerra mondiale, né· che il discorso teorico, che cominciò allora, sia andato perso nei meandri del pensiero critico del trasporto. Per questo, dopo un così lungo periodo di congelamento, sorprende l'attualità e la chiarezza con cui era stato osservato il conflitto circa la sicurezza dei mezzi di trasporto vulnerabili. J.S. Dean, presidente della Pedestrian Association durante gli anni quaranta, scrisse un testo che dovette attendere quattro decenni prima di trovare un contesto sociale e culturale ricetti-

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