La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

Stato relative all'automobile; tranelli in cui cadono ancor oggi molti intenti di realizzare un bilancio economico, sociale, fiscale e ambientale del trasporto. Il suo saggio mette in guardia sulle conseguenze che arreca lo squilibrio, nella spesa pubblica, a favore dell'automobile rispetto al trasporto collettivo ed anche su quelle dovute all'applicazione dei;;li stretti criteri di "resa economica" a mezzi di trasporti quali il ferroviario, oggi sottoposto a questo criterio con maggior_vigore che non trent'anni fa. Sauvy inoltre non dimentica di svelare quale priorità venga data al trasporto a discapito di altre necessità sociali nello stanziamento di fondi statali. "Il sacrificio delle abitazioni sull'altare dell'automobile, già fortemente intrapreso, continuerà ad essere perpetuato senza sosta". Sempre alla fine degli anni sessanta, anche se da un punto di vista differente, Mishan utilizzò l'economia del trasporto per mettere a nudo i princìpi stessi dell_a conoscenza economica e trovare le sue debolezze e_quelle dei suoi dogmi indiscussi. Nella sua opera di divulgazione I costi dello sviluppo economico, 8 attacca idee come quella che calcola la crescita economica attraverso il Prodotto Interno Lordo, quella dello sviluppo o della competitività internazionale, confrontandole col benessere sociale che promettono. A venticinque anni di distanza sorprende ancora la chiarezza con la quale Mis.han distrugge l'illusione della scelta individuale nelle decisioni economiche: "Gli uomini sono diventati le vittime della loro fedè nel progresso. Si sono illusi di aver scelto liberamente l'automobile privata ~ome veicolo _del futuro, mentre ciò è dovuto al fatto che il quadro istituzionale si è trovato in ritardo, in molti aspetti cruciali, rispetto agli eventi economici". Attraverso un paio di esempi, Mishan dimostra come alcuni degli indicatori usati dagli economisti per calcolare il beneficio ottenuto da ciascuno con il trasporto siano ciechi nel- !' osservare le perdite, anche economiche, arrecate dalle decisioni basate sulla cosiddetta libera scelta: ad una crescita nell'indicatore si accompagna una riduzione nel beneficio. La scelta individuale non sfocia necessariamente nel benessere collettivo, e tantomeno, ·a breve o lungo termine, nel proprip benessere individuale. Quando ancora la marea di infrastrutture e dì automobili non era giunta alla sua vetta, Mishan respinse l'esistenza di alternative univoche alle politiche dominanti e divenne un precursore delle soluzioni radicali per la congestione del traffico: "Dobbiamo cominciare a pensare in termini di abbandono di tutti i piani per "agevolare" un traffico crescente; al contrario, dobbiamo cominciare a concepire piani per ·"contenerlo". In effetti, l'alternativa radicale che dobbiamo ben considerare, prima di contemplare tutta la gamma di soluzioni di compromesso, è quella di un piano per la graduale abolizione di tutte le automobili di proprietà privata". Pochi anni dopo, nel 1973, allo scoppio della cosiddetta "crisi petrolifera", l'avvertimento di Edward J. Mishan che "il pianeta ci rimane stretto" scoprì tutta la sua forza di premonizione. L'intenzione di costruire un'economia slegata dalla maggiore o minore disponibilità delle risorse naturali mostrò la sua inutilità. In questo contesto sorsero le riflessioni del filosofo Ivan Illich sui limiti imposti dalle risorse, e in particolare dall'energia, al1' equo sviluppo dei mezzi di locomozione motorizzati. In Energia y equidad 9 Illich sostiene che la velocità risulta troppo costosa per essere suddivisa: richiede troppe risorse di capitale umano e naturale, limitato per sua natura,· perché siano distribuite equamente. Passato un certo limite - che · coincide con la velocità di un ciclista - l'industria del trasporto costa più tempo alla società di quanto ne fa risparmiare. Per dimostrarlo usa un esempio, che per la sua forza esplicativa, sarà citato e rielaborato in un'infinità di occasioni: "Il tipico americano medio consacra più di 1.500 ore all'anno alla sua macchina: standoci seduto dentro, in marcia o fermo, lavorando per pagarla, per pagare la benzina, i pneumatici, il bollo, l'assicurazione, le ·multe o i pedaggi autostradali ed i parcheggi. Le consacra quattro ore al gi?rno nelle quali ? si serve di lei o layora per lei; senza contare il tempo che passa in ospedale, in tribunale, dal meccanico, o guardando le pubblicità di automobili davanti alla TV .... Queste 1.500 ore annuali gli servono per per~ correre 10.000 chilometri, cioè 6 chilometri ali' ora. Esattamente la stessa velocità che toccano gli uorriini dei paesi senza industria di trasporto; con la differenza che l'americano medio dedica alla circolazione un quarto del tempo sociale a disposizione, mentre le società non motorizzate lo contengono fra il 3 e 1'8 per cento". Mettendo in relazione il trasporto col tempo che esso richiede, dall'acquisto alla manutenzione, e non solo con il tempo necessario per utilizzarlo, Illich riconduce all'unità temporale tutti i costi delle distinte fasi coinvolte nella produzione del trasporto, dall'estrazione delle materie prime necessarie per i veicoli, fino al riciclaggio degli stessi, passando per la costruzione e gestione delle infrastrutture. Svela così, implicitamente, che l'ottica abituale dell'economia del trasporto impedisce di vedere la complessità di ciò che cr.esce attorno ad un'attività che ricorre trasversalmente a molteplici settori dell'economia di una nazione. Proseguendo sul cammino aperto da Illich, José Manuel Naredo si preoccupò in un paio ON THE ROAD

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