La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

dirizzò il mondo scientifico verso ipotesi eziologiche che ora si possono definire fantasiose, se non sconsiderate. La causa dell' Aids pareva dover essere per forza qualcosa di proprio degli omosessuali: fra i contributi pubblicati dalle riviste scientifiche si trovano discussioni sul possibile ruolo eziologico di sostanze spesso utilizzate dagli omosessuali (come i nitriti di amile e/ o di butile - i cosiddetti "poppers" -, o la marijuana, o le creme al cortisone); sugli effetti dell'esposizione "non secondo natura" allo sperma, che -si è scritto - avrebbe potuto causare immunodeficienza direttamente, grazie ai fattori immunosoppressivi in esso contenuti (e che servono a diminuire le probabilità di "rigetto" degli spermatozoi al momento della fecondazione), o indirettamente mediante una stimolazione immunitaria cronica da parte degli alloantigeni spermatici che avrebbe portato all'esaurimento del sistema immunitario; o anche sul ruolo di virus già noti per essere prevalenti tra gli omosessuali (Cytomegalovirus, virus di Epstein-Barr, virus dell'epatite B). La scoperta dell'agente causale Comunque, il senso di minaccia ingenerato dall'epidemia portò i governi e le imprese private a finanziare massicci sforzi per identificare e capire i meccanismi della malattia. L' Aids stimolò un grado impressionante di competizione scientifica tra istituzioni di ricerca sia private che governative: era chiaro che chi sarebbe stato in grado di identificare l'agente causale, producendo quindi i test diagnostici, i farmaci e i vaccini avrebbe goduto di enormi profitti. Nel corso del 1983 il mondo venne informato della scoperta della causa virale dell' Aids. Anzi, venne informato due volte, dal gruppo francese di Luc Montagnier e da quello statunitense di Robert Gallo. Con la scoperta di quello che ora è denominato virus della immunodeficienza umana (HIV) si apriva uno dei più gretti capitoli della storia della scienza: la lotta per la paternità del virus, e per le incalcolabili royalties derivanti dal brevetto delle molecole necessarie alla produzione dei test diagnostici, portò ad una disputa internazionale conclusasi con un compromesso politico di "pari merito" ottenuto dai governi di Francia e Usa. La retorica medico-scientifica relativa al1'Aids recita che "mai come nel caso di questa malattia la ricerca scientifica si è mossa con tanto impegno ed efficacia, e mai l'agente infettivo responsabile di una malattia è stato identificato con tanta prontezza". Ciò è vero. Ma viene taciuto che, senza i pregiudizi ingenerati da una non negata omofobia, HIV sarebbe stato isolato anche molto prima: ad esempio da Jay Levy dell'Università di California a San Francisco, che nel 1982 dovette attendere mesi e mesi un finanziamento di 1500 dollari che gli permettesse l'acquisto di un filtro per una cappa sterile, necessario a soddisfare i requisiti di sicurezza nella ricerca di agenti virali. La scoperta di Hiv ricondusse l'epidemia di Aids entro il più familiare solco del positivismo medico-scientifico. La nuova malattia, come tante altre, era causata da un virus che ora era stato riconosciuto, al quale era stato dato un nome. Si accendeva la speranza concreta che i medici e gli scienziati, a cui così incondizionatamente deleghiamo la tutela della nostra salute, ora sarebbero stati in grado di trovare la cura e il vaccino -il proiettile magico che, come la BibliotecaGinoBianco penicillina per la sifilide, avrebbe debellato l' epidemia. Era solo questione di tempo. La situazione globale oggi: Aids "Mais pendant qu'on parlait, le temps se gatait" [A. Camus, La Peste} In occasione dell'ultima conferenza internazionale sull' Aids, a Yokohama nell'agosto 1994, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ( Oms) ha comunicato che nel mondo erano stati notificati a quella data circa un milione di casi di Aids, che rappresenterebbero solo circa un quarto dei casi realmente verificatisi. L'enorme discrepanza tra numero dei casi notificati e casi stimati deriva principalmente dal fatto che le zone più colpite dalla malattia sono in paesi in via di sviluppo, in cui per mancanza di risorse non è possibile attuare attività di sorveglianza epidemiologica. Sulla base dei casi di Aids notificati, il nord America parrebbe il continente più colpito (oltre 421.000 casi rispetto ai circa 330.000 dell'Africa sub-sahariana), mentre si stima che in realtà i paesi industrializzati coprano solo il 15% del totale dei casi verificatisi. L'Africa sub-sahariana ha finora sopportato il maggior peso della pandemia: con meno del 10% della popolazione mondiale, questa regione copre almeno i due terzi dei casi di Aids stimati, e oltre il 90% dei casi di Aids verificatisi in donne e bambini. A causa dell'aumentata mortalità sia nei bambini che nei giovani adulti l'attesa di vita in questa regione si sta riducendo drammaticamente. In Uganda è scesa a 37 anni, la più bassa del mondo, e si prevede che scenda fino a 31,5 anni per l'anno 2010, quando mancheranno all'appello otto milioni e mezzo di ugandesi, un quarto della popolazione (33 milioni) prevista in assenza di Aids . I giovani adulti che muoiono, inoltre, lasciano senza possibilità di sostentamento i propri figli e non producono le risorse necessarie a soddisfare i bisogni degli anziani non in grado di lavorare. D'altro canto, alcune grandi aree geografiche paiono nel complesso risparmiate dalla malattia. I paesi arabi del sud-est mediterraneo hanno registrato poco più di mille casi, e nel!e popolosissime nazioni del sud- e nord-estasiatico sono stati notificati circa 8000 casi di Aids, lo stesso numero di casi di Aids finora verificatisi nella sola Lombardia. Vedremo ora quali siano i limiti di queste rassicuranti impressioni, ricavate dalla sorveglianza limitata ai casi di malattia conclamata. La situazione globale oggi: infezione da Hiv L' Aids conclamata è la malattia che conclude la storia naturale dell'infezione da Hiv. L'evento epidemico, l'evento che va prevenuto affinché non si verifichino casi di Aids , è dunque l'infezione da Hiv. Dal momento dell'infezione da Hiv a quello in cui l'Aids si manifesta, trascorre un tempo (periodo di incubazione o, meglio, di induzione) alquanto variabile durante il quale la persona con infezione da Hiv è "sieropositiva" per Hiv. Essere sieropositivi per Hiv significa avere gli anticorpi contro Hiv, anticorpi che indicano la presenza del virus ma che paiono non fornire protezione dal progredire della immunodeficienza e da eventuali reinfezioni. La persona sieropositiva per Hiv non è malata - per periodi anche assai lunghi può essere del tutto asintomatica-, ma può trasmettere l'infezione, e nella quasi totalità dei casi attraversa fasi progressive di immunodefi- ..

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