Nuova Repubblica - anno III - n.28 - 18 settembre 1955

. (76) nuova repubblica I· SETTE GIORNI NEL MONDO I RILANCIO ' FJ.UROPEO-· . ' ·DUE ANNI F'A, quan do i ;e i 1ninis"tri eleo-lieste,·i della ··. · Coniunità. carbosidcl' urg.i.ca si riunivanoc per discuteJ'e a.ttorrfo ai problemi comuni, Je loro l'iunioni duravano _spesso parecchi giol'ni ed e1·ano oggetto di anlpi serviZi e con1menti di stampa in p1·ima pagina. · Alla riunione della settimana scm·sa tenuta all'Aia, in– vece, nonostante gli impol'tanti risultati ottenuti su11a car• ta, sono stati consacrati solo b1·evi servizi di sta-mpa, non · tutti in prima pagina, e la riunione stessa è durata poche oi-e. Pu1· tuttavia, anche se i n,inistri ~vevano for1nalmente per scopo soltanto di ascoltare una relazione del ministro degli este1·i belga Spaak sui progress.i compiuti dalle varie commissioni da lui coordinate per il «rilancio» dell'unità economica e111·opea,pare che sia stato adottato in un batter .d·occhio il p,·incipio patrocinato dalla nostra delegazione, quello dcll'unità economica «orizzontale» di preferenza al- 1'nnith per settol'i economjci, in senso « v~1ticale ». Ma perché questi « b,·illanti » risultati non destano più nessun i11tel'esse, pe1·ché nessuno ci crede veramente, ne111- meno i fautori p.i,, diretti cli questa politica, perché i fe– deralisti sono più seccati che altro nel vedere che gli 11on1ini.sui quali a,·evano contato tai,to all'.epoca della 01];D s, tra. tnllano ancora con l'idea dell'unità europea? Là rìunione dell'Aia, dove siamo pronti ad ammettere che la delegazione italiana abbia fatto il possibile per di– fende1·e posizioni dignitose, è conseguenza di quella confe– renza cli lllessina della primavé,·a scorsa, nella quale alcuni degli uomini di stato cosiddetti « europeisti » si erano ri– p,·omessi di riprendere a proprio conto l'idea europea e di farne un comodo cavallo di battaglia per «rilanciare> la /91·0 Europa, una bella Emopa piccola piccola fatta su mi– sma, proprio per potervi inquadrare la difesa di un rerto numero di interessi economici che effettivamente non tro– vano più sfogo nei ristretti confìni delle economie nazionali. Il « rilancio» di Messina era stato preceduto da riu– nioni segrete di alcuni degli esponenti cedisti francesi defe– nestrati durante il governo Mendès-France, fra i quali Pani Reynaud, Antoine Pinay, Geo1•ges Bidault, che ave– vano bisogno cli « rilanciare> qùalche ideale, come per esempio quello europeo, pe1· poter liquidare meglio ogni -,·esiduo dell'esperienza rinnovatrice cli Mendès-France e \'arare di nuovo una politica economica internazionale di accordo fra alcuni trust franco-tedeschi e una politica in– terna nazionalista e colonialista. Cosa potevano trovare cli meglio dell'ideale europeista per passare in. contrabbando la difesa cli alcuni gruppi capitalisti internazionali e rico– stjtuire una maggioranza parlamentare che eliminasse ogni minaccia di offensiva antinazionalista e anticolonialista da parte' della nuova maggioranza cli centro sinistra che llfen– dès-l?rance aveva varata? Il progetto degli « europeisti » cli destra francesi non poteva non' trovare consenzienti i loro. amici democristiani tedeschi, rimasti odani più cli tutti gli altl'Ì dopo la fine della CED, ed esposti, con ·1a distensione, a perdere ogni balua,,do in difesa della loro politica di edificazione di una Germania permanentemente divisa,· riarmata e saldamente governata dai grnppi politici ed economici che l'unità te– desca avrebbe senz'altro defenestrato. Proprio in questo sta infatti l'apparente paradosso del– l'unità tedesca, la quale non solo sottrarrebbe ogni potere politico_ ai comunisti, in seno alla repubblica tedesca unifi– cata, ma comprometterebbe pure assai seriamente l'attuale monopolio poi itico conservatore che governa la repubblica federale cli Bonn, gl'8zie all'afflusso cli voti operai e pro– testanti della Ge1·mania orientale sulle liste socialdemocra– tiche pan-tedesche. Ai tempi di De Gasperi, anche il governo italiano e la nostra democrazia. cristiana nazionale· sarebbero stati entusiasti di questi progetti cli «rilancio>, ma oggi il no– sb·o partito cattolico cli maggioranza ha le sue gatte interne da pelarn e non si cma neppure più di dare una parvenza teorica alla sua politica estera, che, d'altronde, non è peg– giore di qnella di De Casperi; il quale forse non avrebbe pensato, come Mai-tino nei suoi recenti colloqui londinesi, a l'icordare agl'inglesi il loro impegno di farcr ammettere ali' ONU. Il «rilancio> dell'Elll'opa conservatrice interessa del resto scarsan,ente anche i conservatori eul'opei, j· quali se _ ne servono solo a. scopi jnlerni, nei loro singoli paesi, guar– dandosi bene dal fame una cosa seria su piano interna– zionale, e rirnandando da una riunione all'altra le con– clusioni positive, come è accaduto anche in questa confe– renza dell'Aia, dove l'adesione al princ.ipio più largo e più «federalista» dell'uniti, economica integrale, «orizzontale>, non è ve,·amente un progresso, bensì prnbabilmente solo la scelta di una via pili generica e n1eno impegnativa. Parlare ancora di Ùnitil delle sei potenze della CECA, con1e parlal'e di uniti1, econon,ica, sia pure integl'ale, senza unità politic11, è tempo perduto. La vi_a dell'Europa, che bisognerà pur finire per percorrere un· giorno, deve ri– partire da capo, senza escludere nessuna nazione vera– mente democratica, che nel passato se ne fosse allontanata, come l'Inghi !terra o i paesi scandinavi, più perché paventa– "" la minaccia cli un'Europa conservatrice che perché fosse sostanzialmente oslile ai _principi europeisti. PAOLO VITTORELLI 5 (l)is. ,ii Dinn Rosd1i) DIPLOMAZIA DEL SORRISO - Il pioniere. LETTERA DA BO G·O 1' A' MOMENTO DECISIVO di CARLOS GONZALEZ RIVERA D UNQUE, El 7'iempo è stato soppresso. Il governo di Rojas :l?inella, il go,·erno della « pace, giustizia e libertà», è arrivato dove non aveva osato arrivare la dittatura falangista cli Lameano Gomez. Dove non riu– scit-ono le velleità totalitarie di Laureano Gomez, spera ora cli riuscire la subdola tenacia ciel suo complice e successore. Laureano declamava contro le odiate idee e istitu– zioni democratiche, esaltava la Spagna « cattolica e impe– riale» sognata dai falangisti e nel 1040 salutava con gioia. l'entrata a Parigi delle forze armate del Terzo Reich. Gustavo Rojas PinellS: non declama il suo odio antide– mocratico e non proclama la sua decisa volontà cli ditta– tura· perpetua. Non ha bisogno di esaltare masse di fana– tici, perché intorno a lui non vi sono i reazionari fanatici che si strinsero al suo predecessore sognando la vendetta sul 1789 e l'instaura1,ione dello « stato cristiano» corpo– rativo e totalitario. No, intorno a Rojas Pinella, assassino cli migliaia cli colombiani, presidente incostituzionale, non vi sono cre– denti, se pure cli una fede sanfedista: vi sono solo avven– turieri opportunisti e senza princìpi. Il generale Rojas Pinella non si fa certo scrnpolo di barare con tutte le idee pur di anivare al suo scopo. Giunto al potere per mandato cl'altl'Ì e quasi per caso, in seguito ai violenti dissensi interni del partito conservatore, si servì. cli promesse demagogiche per consolidare il suo governo contro le masse popolari e contro le coperte mano– vre di a.Itri grupp( conservatori. Non esitò !lllora a promet– tere la restaurazione dell'ordine costituzionale, il rispetto delle libertà democratiche, elezioni libere al più presto. l\fa allora diecine di migliaia di partigiani combatte– vano nei Llano.,, nel Tolitna e in quasi tutto il paese. Quando la direzione liberale ebhe offerto il suo appoggio alla nuova clittaturn, quando El 7'iempo l'ebbe esaltata con le più ripugnanti adulazioni, quando le forze popolari ebbero consegnato le armi, il dittatore non ebbe più biso– gno di mostrarsi « democratico >. Dopo le parole democratiche dei primi mesi vennero fatti ben diversi: fatti che culminano nel massacro degli studenti" 1'8 e 9 giugno 1954, inizio cli un nuovo periodo di violenta persecuzione. Dopo un anno di ipocrisia, cli corru– zione paternalistica e di int1·ighi l'eazionari, si riapriva per la Colombia la guerra civile. Essa 1-icominciava in condizioni tmgiche per le forze popolari, disorganizzate e demoralizzate dal tradimento di giugno. Ma la disperazione e il f111·01·e delle masse potevano più che la mancanza cli armi e cli organizzazione, più che la politica oscillante ed opportunista della dit-ezione liberale. Le armi americane e gli apparecchi a reazione della ditta– tura non piegavano la rnsistenza e gran parte del 'folima restava saldamente in mano alle !orze popolari. L'angelicato dittatore del 13 giugno rispondeva con il terrore. Assassini, massacri, campi cli concentramento, tor– ture e deportazioni ridivennero spettacolo consueto in s_ran parte ciel paese. E anche dove non si svolgeva aperta- 1nente la guerra civile, il governo si serviva di ben noti sicari per eliminare colol'O che fossero sospetti di opporgli:i. E' stato uno di questi epi. odi che ha dato occasione alla soppressione del quotidiano liberale. Non che El 7'iempo fosse troppo attivo nel .ricordare e dennnciarn gli episodi di persecuzione. 'l.'utt'alt,·o: per molto tempo anzi esso tentò cli nascondere l'atmosfera di persecuzione che gravava orn,ai su tanta parte della nazione, e anche qtÌ.anélo informava i suoi lettori lo [aceva sempre in modo incerto e senza denunciare le evidenti responsabilità del governo. Ma pur dando notizia di una piccola parte delle violenze cornmesse, non poteva astenersi, per sah·are la. faccia, dal deplornrle, chiedendo umilmente che il governo intervenisse. E infatti il governo interYenne. El Tieinpo ricevette l'ordine di pubblicare per_ h-enta giomi consecutivi una ritrattazione delle sne denunce, preparata dal governo. Avendo il direttore rifiutato, il giornale è stato soppresso. Si è giunti così nel un momento decisivo che costi– tuisce del resto la necessaria conclusione della politica di sistematica capitolazione constantemente seguita dalla dire– ziqne liberale. Dopo il 13 giugno fu la di,•ey,ione liber11le che illuse le foi·ze popolari permettendo alla dittatura di con– solidarsi. Sulle zone occupate dai partigiani la Fi1erza Aére« Coloinbfonn gettava non pièt bombe, ma migliaia di copie pl'oprio di El 'J. 1 iern7Jo, su cui era scritto che orn1ai « la patria era libera> e perciò la lotta doveva cessare. I cli1·igenti liberali che scrissern allora quelle frasi, e per un anno le ripeterono superando ogni gio1·no se stessi nell'adulazione a.I tiranno, non si ingannarono, no, ma in• gannarono e traclirnno coscientemente il popolo colombiano: loro è la responsabilità delle violenze che dilaniano il paese e di quelle che saranno necessarie per liberarlÒ. Ché il nome di Gusta\'o Rojas Pinilla non era ignoto ai dirigenti del liberalismo colombi11no, ed e si stessi ne arn,·ano chiesto la destituzione, nel 1948, dopo lo spavent.oso ma sacro da lui perpetrato alla Gas« /,iberni cli Calì. llfa ad una liberazione che "enisse dalle forze popolari il libernlisrno oligarchico e intrigante dei Santos e dei Lleras Restrepo preferiva il continuare cli una dittatura che, co– munque, difendeva i p1·ivilegi della e-lasse dominante. An– cora in luglio, quando la dittatura dernsta,·a ctm metodi hitleriani l'infelice terra ciel Tolima, El 7'ieinpo si limi– tava a modeste e rispettose cl'itiche e di fronte all'assassi– nio sistematico e alla minaccia di futuri massacri, non sapeva che invocare il rispetto della legalità ... eh parte delle [orze popolari. La politica clell'oliga1'chia liberale ha dato i suoi frutti, che sono cli sventura e persecuzione anche per coloro cfie la propugnano. E' necessaria. una politica nuova ed opposta, quella ciel liberalismo popolare, che nella lotta sta dandosi un'einbrionale organiz¼azione, 1T1a che deve ormai organiz– zarsi su scala nazionale ed esprimere dirigenti che sappiano essere all'altezza della tragica sil\Ja>.ione che affronta oggi il popolo colombiano.

RkJQdWJsaXNoZXIy