Nuova Repubblica - anno III - n.28 - 18 settembre 1955

6 CATTOLICI AL BIVIO IL DOPPIO FARDELLO Come si può realizzare una sintesi fra l'ortodossia cattolica e la civiltà moderna, dato che il cattolico, al di sopra di ogni possibile discussione, è tenuto ad obbedire aUe gerarchie della Chiesa? Una testimonianza valida da un punto di vista umano e cristiano non può essere affi– data a iJochi "spericolati,, che si destreggino tra i fi.lmini del S. Uffizio e le encicliche dei Papi di L U I G I. I MB A SCI A TI S U QUESTO STESSO SETTIMANALE, Gianni Sca– lia h& già analizzato, in relazione al recente volume di Cesa, l'esperienza politico-religiosa dei preti-ope– rai, vista nel quadro della cultura cattolica del dopo-guerra; da quella esperienza vorremmo partire, per affrontare il problema di fondo che da molto tempo si pone per i cat– tolici sinceramente desiderosi di un mutamento stmtturale della. società italiana ed europea. Il Cesa, alla fine del suo libretto, pone il problema in questi termini: posta la necessità di un'azione che implica determinate forme organizzative, posto che la società bor– ghese è quella che è, è possibile continuare a respingere quel corpo di dottrine e soprattutto di espel'ienze che meglio di ogni altro ha offerto una diagnosi della situa– zione ed ha indicato i metodi per modificarla! A questo interrogativo. possiamo subito ,·ispondere che non è pii, possibile rifiutare dogmaticamente certe esperienze; è ormai opinione diffusa che al cattolico moderno si deve richie– dere una testimonianza che, affondando le sne raclici nella ispirazione cristiana, non rinneghi tuttavia il positivo pro– gresso del cosiddetto pensiero laico. li problema accennato diventa qnindi il problema delle modalità cli questa assi– milazione ~ di questa accettazione, che devon necessa- • 1·iamento conciliarsi con l'ortodossia reJjgiosa.. In questi ultimi dieci anni, non sono certo ;,,aricati, in ltaHa e all'estero, esempi di cattolici progressisti o, per usare un lennine pill in voga, «aperti>; vastissima è ]a letteratu,·a e la pubblicistica cattolica che ha tentato le più audaci sintesi del Cristianesimo con la civiltà moderna. Tutto questo fecondo trnvaglio spirituale e intellettuale dei cattolici « progrnssisti > si è però limitato al terreno teorico; tutti i tentativi scesi sul terreno politico e sociale sono falliti, riproponendo il problema in termini semp,·e più crudi. Ci sembra infatti un presuntuoso vaniloquio parlare di «aperture» verso le sinistre se non si riescono a trova,·e formule concrete di possibile collaborai.ione, che non siano vaghe ed elusive nei confronti della realtà attuale. E' un'inutile perdita di tempo anche la stessa pacata·discus– sione tra intellettuali cattolici e comunisti su argomenti dottrinitli, a. n1eno che non si voglia considerare un suc– cesso la relativa distensione psicologica e una maggiore « ge_ntilezza » di modi. FORMOLE di una possibile collabora1,ione, abbiamo det- to, sopra un programma determinato, e senza rimetter in ballo gli opposti convincimenti dottrinali; nna partecipa– .zione non equivoca alla vita di qnella realtà che è ormai il movimento operaio. Questo è appunto, in sintesi, quello che i preti-operai hanno tentato svolgendosi con rigorosa conse– guenza dalle premesse iniziali, che certamente non lascia– vano in un primo tempo prevedere dove si sarebbe potuti arrivare; e il lato piL1ardito di questa testimonianza consi– ste prop,·io nel fatto che questa non era affidata all'ini– ziativa individuale di alcuni preti cattolici, ma impegnava ufficialmente la Chiesa attraverso la sua gerarchia eccle- ~ siastica. Qui sta l'elemento nuovo e al tempo stesso il limite di qnesta esperienza; a nostro avviso infatti il falli– mento del loro tentativo era inevitabile anche se non è stato inutile. L'intervento del Vaticano (che imponendo certe restrizioni ba praticamente soffocato il movimento) si potrà infatti motivare immecliatamente col timore di un incoraggiamento del comunismo e col pericolo dello slittamento a sinistra di una parte •delle cristianità; si potrà anche pensare ad un'influenza degli ambienti con– servatori. Ma al di là di questi motivi più appariscenti (e d'altra parte ovvii) riteniamo che, in ultima istanza, il pericolo che si delineava di un'impostazione classista all'in– terno della stessa gerarchia ecclesiastica abbia agito in maniera determinante. Se infatti la Chiesa ba condannato nel marxismo l'affermazione della lotta di classe, non si può immaginare che sia disposta ad ammetterla all'intorno della sua stessa organizzazione! Proprio per questo ci sem– bra opportuno insistere su questo punto, per spiegare l'at– teggiamento del Vaticano e dell'Episcopato francese. Inter– vento inevitabile, quindi; né vale osservare cbe si trattava di sacerdoti legati da un particolare voto di obbedienza aUa Gerarchia perché, anche se si fosse trattato di un impegno cli una parte del laicato cattolico, questo avrebbe avuto una maggiore• possibilità cli destreggiarsi, ma alla fine avrebbe, come questo, dovuto soccombere. Stando così le cose, ci sembra che la domanda che ci siamo posti più sopra debba essere precisata in questo modo: come si può realizzare una sintesi tra l'ortodossia cattolica e la civiltà moderna, .conside,·ando che il cattolico, al di sopra di ogni discussione possib·ile, è tenttto ad obbe– dire alla gera,·chie della Ghiesa, una volta che essa si sia pronunciatar Se è infatti deplorevole che, ancora una volta, una divergenza. interna de11a comunità cristiana sia stata riso)ta con un puro atto di forza, è innegabile' che il cat– tol.ico «evoluto» quanto si voglia, non può eludere il fatto di essere tenuto all'obbedienza verso il magistero eccle- siastico. Ci sembra oppo,tuno insistere su questo punto, che potrebbe sembrare ovvio, proprio perché vi è la ten– denza in molti cattolici «aperti> a eludere il problema facendone semplicemente una questione di abilità e di capa– cità di, resistenza, carezzando spesso una prospettiva· cli «sacrificio» indubbiamente seducente Certo è che l'opera di individui isolati che si « bmciano > portandosi all'avan– guardia, ha ·tm'innegabile funzione cli rottura del conformi– smo imperante, ma érediamo che sia giunto il momento di anelare un po' pii, a fondo nelle premesse e ne11e conse– guenze. Il compito di una testimonianza valida da un punto di vista umano e cristiano non può certamente essere affi– dato a pochi « spericolati > cba si destreggino fra i fuÌmini del S. Uffizio e le encicliche dei Papi, tanto più che questi ultimi finiscono sempre per avere la meglio. Detto questo, dobbiamo subito chiarire, ,a scanso di equi voci, che la domanda che ci siamo posti non può avere una risposta in senso unilaterale; la posizione del cattolico nella societi, che lo circonda è caratterizzata da questo interno dissidio tra l'autorità e la ragione; porterà sempre questo doppio « !a,·dello » che costituisce il suo limite, ma al tempo stesso (almeno dal suo punto di vista) il suo privilegio e il proprio carattere distintivo; il fatto cli essere cattolico non pot,·i, mai essere una questione del tutto «privata» e questo serve anche a confermare che la propria testimonianza, in quanto cristiana, non può avere un carat– tere incliviclualistico, ma si deve porre come una possibile testimonianza della collettività religiosa. La sua coscienza religiosa è governata éla questa dialettica cli dogma e di libertà dove l'intervento della Gerarchia può costituil'e l'elemento sintetico moderatore; i pronunciamenti della Chiesa infatti banno spesso (come nel caso dei preti-operai) un carattere puramente disciplinare che comporta un impe– dimento pratico acl agire in un dato senso, ma che lasciano insoluto il merito della questione; né del resto certi pro– blemi si lasciano seppellire cla misure disciplinari. Molteplici possono dunque essere le sintesi tra l'orto- * B I B L I IL MERCATO · DELLE VECCHIE CIABATTE Q UESTO E' IL SOTTOTITOLO- d't;n recente libro cli Giovanni Albanese, dal titolo non meno incisivo: « Democmzia A • Democrazia B » (Catania, Tip. Lizzio 1955). Si tratta d'una critica acuta della demo·– crazia « formale> (la « democrazia col bollo>, come dice l'A.), in nome d'una democrazia sostanziale, tendente a cliventare democrazia diretta: termini sui quali dovremo intenderci. Messo in luce - in uno stile rotondo n6n pri– vo cli ironia - come tutti gli stati del globo e tutti i partiti italiani si dicano democratici, l'A. dimostra che è pletom ben riducibile: in gran parte dei casi si tratta di democrazia balbettante, infantile o addirittura plutocra– tica, come quella del nostro cent,·ismo. «Democrazia> significa etimologicaménte « autogoverno di popolo»; tutto può quindi essere, tranne che una democrazia di tipo A, essenzialmente antipopolare. Il suffragio universale non clice ancora nulla, in paesi dominati dalla stampa e dalle orga– nizzazioni dei rnilia1·dari, cbe possono comprare le opinioni, quando non comprano le coscienze. Ma l 'A. concepisce la Democrnzia B come autogoverno popola.re che « elimini ogni sovrapposizione o pericolo di sovrapposizione della volontà cli delegati alla volontà dei deleganti», in qnanto « la concezione democratica culmina non già nel regime rappresentativo, ma in un regime cli autogoverno popolare diretto>. L'avversione della Demo-· crazia B per il regime parlamentare è ribadita dal suo atteggiamento nei confronti della democrazia sovietica: que– sta non è ancora una vera democrazia, ma è sulla strada. Ora, la democrazia sta nell'abolizione d'ogni sfrutta– mento e ct·ogni privilegio: ma proprio per questo deve possedere gli s.trumenti adeguati, che consistono nella socia– lizzazione o nazionalizzazione dei mezzi di produzione, ma non in questo solo. (Noi non diremmo che una perfetta democrazia pa8sa per il socialismo, ma che è il socialismo). Veramente l'A. non sottovaluta il problema del con– trollo popolare. Egli chiede « la diretta emanazione pop·o– lare delle leggi fondamentali> e « l'uso frequente della potestà popola-re abrogatoria di qualsiasi legge in qualsiasi tempo>, nonché « l'adozione, per legge costituzionale, e la prassi frequente, del controllo diretto del popolo sulla atti– vità dei delegati..., con potestà di applicazione di sanzioni, a cominciare dalla revoca della delega>. Ma come pos– sono efficacemente attuarsi questi controlli, queste leggi abrogatorie o addirittura penali, se non si clà alla volontà popolare (alla maggioranza, almeno) lo strumento ade• guato?Por bocca e per azione di chi, può e deve H popolo (76) nuova repubblica dossia cattolica e le indicazioni della civiltà contempora– nea, ma tutte devono, prima o poi, fare i conti con il magi. stero della Chiesa al quale il cattolico, che voglia rima• nare tale, deve obbedienza e rispetto. Ma quando il cat– tolico «evoluto» si tooveri, costretto acl «obbedire>, non è dettò per quésto che debba rin'unciare ai diritti della prop,:i~ ragione i. se infat~i egli n?n ·può. discutere la « legit• tnruta » d1 un tmpostaz1one cleda Chiesa, potrà sempre discuterne il merito, tentare cli spiegare la propria po ·i• zione o anche, se vogliamo, elevare la sua protesta. Si dirà che tutto questo è ben misera consolazione, ma non si deve climentièare che il cattolico« èvoluto » ribellandosi alla legittima autorità della suit Chiesa non solo and,iebbe incon– tro ad una grave pérsonale situazione di coscienza (e que– sto potrebbe anche non avere un interesse dal punto cli vista s?~iale}, ma. soprattutto si rende_rebbe__ privo ~Ila v,ossibi– hta d1 operar.o; uscendone fuori, alhnterno della · stessa comunità cristiana nel senso cli un suo svifoppo democra– tico e razionale. S IA:Ì.10 QUINDI ARRIVATI a ciò che più ci premeva chiarire: se la lotta cli classe (come i preti operai ha,;no cercato di far capire), e il movimento operaio non sono una teoria che si possa' liberamente discutere, ma costituiscono un «fatto> del quale non possiamo non tener conto, lo stesso deve dirsi del mondo cattolico. Si potrà quanto si vuole denunciarne l'aspetto reazionario e conservatore, ma non si potrà ignorarne la forha; è interesse di tutti, e hon solo quindi dei cattolici, favorire l'evoluzione in senso democratico de11a Chiesa e dei suoi fedeli; questa evolu– zione però potrà avvenire solo dall'interno della Chiesa stessa poic,J,é imposizioni polemiche (sia che avvengano da parte del mondo laico che cla eventuali fedeli dissi– denti), inevitabilmente, non fanno che provocarne un mag. gior 'irrigidimento. R esta - è evidente - un grave interrogativo, nel qua.le si compendia la difficolt.à, per i cattolici «aperti», di trovare il giusto posto nello schieramento politico attuale: come potrà il mondo laico, e in particolare il mondo ope- · raio credere alla sincerità democratica dei cattolici se que– sta resta comunque condizionata dal loro obbligo di obbe– dienza a quella Chiesa che in un domani, più o meno prossimo, può imporre un ben diverso atteggiamento ai suoi· fedeli? E' clupque il cattolico « necessariam~nte » destinato acl essere sempre un elemento «infido> nel quadro della compagine sociale? L'unica garanzia che può offrire è forse solo quella di mantenere aperto, all'interno della comunità cristiana, il travaglio dialettico tra dogma e libertà, tra ortodossia e diritti della ragione? Ci sembra troppo poco. Non pretendiamo certo di aver dato la soluzione defi– nitiva delle questioni proposte; ci riterremmo però soddi– sfatti se fossimo riusciti a portare un qualche chiarimento su quelle che sono le possibilità e i limiti di azione poli– tica dei cattolici, e a isolarne il problema cli fondo, che abbiamo espresso negli ultimi tre interrogativi. O T E C A * controllare, abrogare e punire? Noi siamo per la Demo– crazia C, per la socializzazione integrale ma anche per l'Alta Corte Costituzionale, per la facoltà popola.re cli con– trollare attraverso la c,ritica dell'opposizio ne parlam entare; di punire conferendo proprio a una meritevole opposizione, nelle successive elezioni, la maggioranza dei suffragi; di abrogare mediante la revisione legislativa operata dalla nuova maggioranza. Ha perfettamente ragione l' A. nel sostenere che la « De– mocrazia è essenzialmente discussione » : ma, se la naturale corruzione del potere importa la ·necessità d'un controllo esterno ( quello appunto dell'opposizione), più estranei rimangono, analogamente, i poli dialettici cli ogni cliscus– sione, più si avrà critica stimolante e propulsiva. D'accordo con l' A. per tutto il resto, gli siamo grati per averci sottoposto un gran numero cli problemi e cli osservazioni (art. 43 della nostra Costituzione, rappol'ti fra democrazia e liberalismo, fra democrazia e piccola pro– prietà, ecc.). Fa onore a lui, di mentalità rigorosamente laica, la comprensione di una sana democrazia cristiana: giustamente, peraltro, egli concepisce la democrazia come· eliminazione dell'immoralità e del vizio, figli delle grandi ricchezze. EMANUELE CASTORJNA Olivetti Lettera 22 In auto e in treno in aereo e in albergo sulle ginocchia, sul tavolo d'un bar, esatta e leggera scriverà la vostra corrispondenza gli appunti di viaggio i ricordi delle vacanze

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