Critica Sociale - Anno VII - n. 6 - 16 marzo 1897

O·> CRITICA SOCIALE perciò formalmente libero e stimolalo dall'illusione del salario, che nel lavoro fisico e servile-; e quindi modifica anche la base e la costituziono politica dello Stato, facendo perdere in esso importanza all'elemento territoriale e divenir necessaria l'as– sunzione al potere di una classe novella. Ma pe1· l'imporsi di quella nuova forma di ric– chezw, deve, insieme con l'antico fine utilitario, cadc,·e anche l'antica forma di lotta fra i popoli. Poichè, avendo il do1ninio del lel'l'ilorio perduto importanza economica e politica, non debbono più gli Stati contendere per la conquista di quello e per la supremazia politica sugli altri Stati: ma solo, in un veriodo di passaggio, per l'acquisto della propria mdipendenza, a flue di potero espli– care 1a propria attività economica, secondo le par– ticolari attitudini del genio nazionale e nella fot•ma a quella più p1-opizia.R però la çuerra, la quale ò forma adatta alla conquista territoriale, cessa di rappresentare la forma naturale di lotta fra i pe– poli, essendo inefficace al ra~giuugimento del nuo,·o fine utilitario, cui riesce piu racile conseguire che non conquistare. E ciò per mezzo di rapporti di natura chiaramente economica che si stabiliscono fra le genti; in vii·lù dei quali si può trarre van– taggio dagli stranieri senza sopp1·imerli e senza opprimerli, anzi stringendo con essi amichevoli 1·elazioni. E la necessaria frequenza di tali rap– porti, amichevoli nella forma, ma utilitarì nella sostanza, avvicina e stringe i varì gruppi sociali, e comincia a compe11etra1·1i in una società pili vasta e complessa. '!'aie società, tutto che iu for– mazione, comincia ad afferma,·e le proprie esigenze in ordine al suo ulte1·io1•e svolgimento; e da tali e igeozc, come già eia quello particolari a ciascun gl'uppo, una nuova norma e idea etica si elabora: 11 dil'itto delle genti e l'idea umanitaria. Cosi col progredii·e e all'ulteriore progresso della nuova tòrma economica, i rapporti fra i popoli, ormai costituiti in nazioni, tendono sempre più a stabi– lirsi sullo stato di pace. . .. Per alll'o la lotta, persistendo ancora individua• lità statuali, 11011 resta por ciò solo soppressa; ma, mutando di fine, muta anche di rorma; prendendo questa come quello a.spetto più chiaramente eco– nomico. E cosi, sodata la guerra, scoppia, per entro lo stato di pace, come forma più evoluta di lotta, la contesa economica Ira i popoli; nella quale si esplicano e si compongono dapprima anche gli altl'i dissidì; e la qualo, quando sia troppo acuta, arma straordinariamente i popoli in guerra. Ma, mutando la rorma della lotta, deve mutare anche quella del patr-iottismo; od avendo l'una preso carattere di pura contesa economica, deve l'altro di conseguenza acquistare significato di norma pura.mento economica. In tale periodo il patriot– tismo deve indi1·izza1·e la condotta di un popolo a ,·aggiungere nella nuova forma di lotta il nuovo fine utilitario; cioò promuovere e proteggere l'in– dipendente esplicazione dell'atti\·ità economica na– zionale per l'acquisto della supremazia economica sugli altri Stati; essere cosi norma in largo senso di protezione capitalistica. 1 è si dica che tale nuova ro,·ma di patriotti.imo non può i1n•e1·0ritenersi come tale, i11quanto non abbia quel carattere eminentemente altruistico che si considera proprio della norma patriottica, e si dsolva in un semplice egoismo anche per gli individui. Poichè tutte le norme etiche, essendo, come già dissi, intimamente egoistiche per la so– cietà, sono quindi, nel risultato, egoistiche anche per tutti gli individui che la compongono; ma più per quelle classi le quali, per una ragione iniziai- mente utilitaria, e la stessa onde quelle norme si elaborarono, occupano il potere. Ora il trionfare di una classe pii, numerosa per l'allargarsi delta base economica porta di conseguenza che le nuore norme etiche, le quali si rormano su quelle stesse nuove e~igenze sociali eh.e hanno provocato l'assun– zione di questa nuova classe, appaiano più univer– salmente egoistiche per gli individui, partecipando questi in maggior numero al potere. 'l'ala dev'essere il patriottismo della moderna società capitalistica. (Continua). Roscws. LECLASSI OCIALI NEPROVERBI MONFERRI Quando l'anno scorso apparve sulla Orilica Sociale il bellissime studio del Carumareri intorno ai proverbi siciliani, che dimostrano l'antiea esistenza rra quello popolazioni di una lotta di classi, o la Direzione della Rivista, afferranrlone subito l"importanza, invitava i socialisti più colti delle altre regioni a far altrettanto, per potere cosi condurre a compimento ur.a fisiologia <liquesto sentimento nelle popolazioni del nostro paese, provai un vero senso di soddisfazione, non solo perchò da qualche anno io andava raccogliendo proverbi, molli e tradizioni del mio Monferrato, ma nell'interesse ancora del partito; poichè, ritornando alla min vecchia con– vinzione giii. altra volta tla. questo colonne espressa, solo allora si 1>olràmarciare sicuri alla conquista llello campagne, quando si avrà. porrotta conoscenza, non solo tlello condizioni economiche dei la\'oratori dei campi, ma anche di quello morali ed inlolleltuali, che trovano la loro precipua espressione nel proverbio. Nella mia·raccolta ornai ricca, mercè l'aiuto di caris– simi amici e compagni, posso dire di avere trovato dei veri trattati popolari d'economia.,di morale, di politic11 di estetica, di antropologia. Da essa pertanto trarrò alcuni proverbi e motti, che accennano all'esistenza di una coscienza di classe anche nel vecchio e leggendario Monferrato. Seguendo l'ordine posto innanzi dal Cammareri e segui to pure u ltimamente dal Crocnn, dirò che anche nel )lonrerra.to non è ignota la tendenza del fatale acce ntramento d elle ricchezze. Ed i proverbi ci dicono: cl pieuv scmpr anvè ch'lè bag,u't, oppure: ticc i veuru ile ila beic;i ai ciuch, od anche: ,·ooa fa 1·oba e pieuc fa pieuc (piovo sempre dove già. è umido; tuili vogliono dar da bere agli ubbriachi; denari fanno denari o pi– docchi fanno pidocchi). Ed infatti, come può arricchirsi il misero proletario obbligalo a vivere alla giornata senza facoltà. di poter capitalizzare alcunchè dei suoi guadagni 1 Ed il monferrino ciò osservando dice: el pove1· cliau t'è ttbligà a vendi 'S vidé danl 'la pansa a la vaca. li contadino lavora, la.,·ora e vede il suo lavoro (rut– tare ricchezze infinite, per cui egli recisamente afferma che chi manltm u siur l'è 'l pailan, Egli però, povero disgraziato, non ostante la. ricchezza. dei suoi prodotti, vive sempre nella miseria e fo. suo vitto della qualiti, più scadente de' suoi prodotti, por cui, amaramente scherzando su questo ratto, dice: cl pailan l'è cmè l'asu che 'l po1·1a ·t f,m e 'l mangia u sll·am; e pensando alle delizie ch'egli procura al ricco, esclama: i sgnuri ian cl paradi, ant isl meund. Tutto ciò naturalmente non ò fa.vorovole alla forma• zione di forti caratteri e di saldo con, 1 inzioni morali;

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