Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Maestri e compagni Nel settembre del 1860 è in Napoli, durante la cns1 di transizione fra l'entrata di Garibaldi e l'arrivo dell'esercito regolare. In questi giorni - scrive il 17 settembre a persona amica di Firenze - ho provato delle strane vicende. Vi scrissi nell'altra mia che ero stato nominato segretario di legazione a Torino. Sul primo avevo accettato; ma poi, avendo parlato con Bertani e con Leopardi piu volte, mi avvidi che eravamo in una falsa posizione, che non era possibile donciliare Bertani con Cavour, e che molto meno ciò si poteva fare da un Leopardi, uomo onesto, ma di corto vedere, caparbio. Mi dimisi. C'era una ragione ancora piu grave, che mi obbligava a dimettermi. Il signor Bertani faceva certi strani discorsi, da cui si vedeva che egli avrebbe desiderato che io controllassi Leopardi. Q..Iesto fu quello che propriamente mi decise. Io dissi a Bertani che non volevo far nulla da nascondere a Leopardi, e mi faceva meraviglia come egli, che accusava di slealtà la politica piemontese, potesse e volesse propormi di essere cos1 poco leale contro uno che mi era amico e che esso faceva mio superiore. Fu tutto finito. --1 Vidi Bertani il giorno seguente; a un tratto mi propose di essere alla direzione del Ministero degli affari esteri, giacché qui i ministri han quasi tutti il titolo di direttori. Bertani aveva discusso piu volte con me, aveva voluto essere scritte alcune istruzioni diplomatiche e sembrava avere acquistato qualche stima del mio ingegno. Ad una domanda cosi improvvisa io restai sbalordito, risposi però di sL Mi disse di ritornare la sera. - Io intanto parlai col direttore della Pubblica istruzione, per sapere se gli altri ministri mi avrebbero accolto volentieri. Rispose: - Sarai ricevuto con le braccia aperte, con quell'affezione e stima che meriti e che hai sempre avuta da tutti noi. Io credo che devi subito accettare, farai bene per te ed anche per noi. In questo momentt> noi temiamo di avere tra noi qualche nemico, puoi figurarti se ti accoglieremo volentieri. - Domandai a due o tre altri, ebbi la stessa risposta. Andai la sera per accettare; il Bertani era tutto mutato, era un altro uomo, parlò sulle generali, non determinava mai nulla. Io restai sbalordito. Gli dissi però: - Mi pare che oggi mi avete fatto questo discorso, e glielo ripetei. - SL - Ebbene, se per caso avete mutato la vostra idea, sappiate che non fa bisogno esitare a dirlo, perché io non ambisco per nulla entrare al Ministero in momenti si difficili e pericolosi; anzi il vostro mutamento mi farebbe piuttosto piacere. - Ma io non ho per .nulla mutato. Anzi persisto. - E qui di nuovo diceva mille e mille parole incomprensibili. Vi assicuro che io non potevo capire nulla. Ma in fine la sostanza pare che fosse questa: egli aveva creduto di poter mettere fra i ministri un uomo sleale che avesse fatto due parti, si era avveduto di essersi ingannato, e non poteva spiegare tutto questo perché offendeva me e scopriva se stesso [ ... ] . Insomma, a farla breve, noi ci separammo sciolti da ogni vicendevole impegno, ed io non salirò piu quelle scale dove andai chiamato. Sicché verrò forse a rivedervi ben presto per uscire da questa che minaccia di divenire putredine morale. Ma rimane in quella tumultuosa anarchia finché dura il pericolo di un immediato sfacelo. de' 15 e 16 maggio 1848 e posti su diversi legni da guerra in Darsena (Archivio di Stato di Napoli, Sezione Giustizia. Proc. per i fatti del 15 maggio 1848, fascio 4969) figura - fra gli altri - il nome di Pasquale Villari. Il luogo e il modo dell'arresto non mi sono noti, ma è certo che egli; al pari di rutti coloro che furono catturati dagli svizzeri e dalle truppe regolari, venne condotto alla Gran guardia (sede del Comando della piazza presso Castelnuovo) e di là nella darsena, su alcuni legni da guerra, dove i prigionieri rimasero tre giorni circa. Col Villari era anche il De Sanctis, il cui nome figura nel medesimo elenco. Il 17 maggio il Consiglio dei ministri, riunitosi in Consiglio di Stato, sotto la presidenza del re, decise di mettere in libertà rutti gli arrestati. Si disse che, essendo stati essi catturati tumultuariamente nelle perquisizioni che i soldati avevano operate nelle case donde si era fatto fuoco, non era possibile accertare con sicurezza la reità di ognuno. Per non colpire quindi gli innocenti, si concesse il perdono anche ai colpevoli, molti dei quali erano stati sorpresi con le armi alla mano. Col Villari e col De Sanctis fu imprigionato quel giorno anche Domenico Morelli, il quale, ferito, venne condotto all'ospedale anziché alla darsena." 68 BiblotecaGino Bianco

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