Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Maestri e compagni fu quella per me una grande gioia. Dicendo che non ci fu mai fra noi altro che amicizia, ho aggiunto "fortunatamente." L'amicizia fra un -giovane e una ragazza, che rimangono l'uno e l'altra al ·loro posto, è sempre lievitata da una vena di tenerezza, che può da un momento all'altro diventare amore, ma se non diventa amore rimane nell'anima sorgente di poesia per tutta la vita. Questo è meglio. L'" Ernestina" era assai piu colta di me. Fu lei che mi rivelò i romanzieri russi. Fu lei che mi fece conoscere la Rivista di filosofia scientifica pubblicata dalla scuola positivista nel decennio precedente. In quei dieci volumi deglutii articoli, note critiche, comunicazioni, resoconti di congressi e società scientifiche, rassegne bibliografiche, rassegne di periodici, dalla prima all'ultima parola. E capii ogni cosa. I filosofi idealisti dicono che quella non era filosofia. E questa dové essere la ragione per cui io capii ogni cosa. Anzi ci fu un momento che pensai di lasciare la storia per la filosofi.a. Fortunatamente - ecco un'altra fra le mie fortune - guarii da · quella scarlattina prima che mi rovinasse. Eravamo amici dell'"Ernestina" un gruppo di giovani, che siamo rimasti stretti con lei e fra noi per tutta la vita. Andavamo la sera a trovare lei, e il suo fratello, e le due sorelle, in via Lungo il Mugnone. A quel tempo in Italia tutti diventavano socialisti. Diventò socialista in blocco anche via Lungo il Mugnone. E la sera risolvevamo tutti i problemi sociali con tanto calore che il padrone di casa minacciò di sfrattare Carlo Marx e la sua chiesa femminile e maschile, se non diventava meno rumorosa. I maestri dell'Istituto sapevano quel che succedeva fra noi. A Viilari spiegai che l'ultima spinta a diventare socialista me l'aveva data proprio lui; mi aveva fatto leggere l'opera di Laveleye, De la propriété et de ses formes primitives. Quel libro rivelandomi che ci erano state nella storia società che vivevano in regime di proprietà collettive e ignoravano la proprietà privata, mi aveva insegnato non esser vero che la proprietà privata fosse innata nella natura umana, come mi era stato sempre detto; il resto era venuto da sé. Rimase trasecolato. Disse: "Seminiamo malve e nascono rosolacci." Naturalmente discutevamo anche di questo. Una volta mi disse che sarei finito male; e non è detto che alla fine non debba dimostrarsi profeta. Ma né a lui né ad alcuno dei suoi colleghi venne mai in mente di violare la nostra libertà o far distinzioni politiche fra noi e gli altri. Ho detto che in via Lungo il Mugnone, ogni sera, noi risolvevamo tutti i problemi alla luce della dottrina marxista. Questo è l'ufficio della religione, e spiega il suo fascino: risolve tutti i problemi, anche gli insolubili. La nostra era una religione coi suoi dogmi e coi suoi sacerdoti. Anche il terzo anno universitario, nel quale mi si rivelò quella religione, fu un "annus mirabilis," sebbene non quanto il primo. Non tutte le religioni rimangono intatte per l'eternità. I dogmi si sfaldano. I sacerdoti troppo spesso si rivelano sagrestani. La dottrina 56 BiblotecaGino Bianco

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