Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Una pagina di storia antica III Nelle memorie dell'" annus mirabilis" rimane un punto nero: la filosofia teoretica. La insegnava Augusto Conti. Era agli antipodi di Trezza e sosteneva la concordanza fra la rivelazione e la ragione. Nella università, mantenuta col pubblico denaro, tutte le dottrine avevano libera entrata, e si misuravano ad armi uguali, in campo aperto. Quando morf Trezza, la facoltà chian1ò a succedergli Felice Ramorino, cattolico fervente, che partecipava senza rispetto umano alle processioni religiose sotto il saio del piu umile fra i laici. E noi rispettavamo in lui, come in tutti gli altri, la libertà e il coraggio delle opinioni. Augusto Conti era uomo di fede sincera e vita dignitosa. Ma io non capii assolutamente nulla né nella sua rivelazione, né nella sua ragione, né nella sua conciliazione. Il primo anno che andai ad insegnare storia nel liceo, trovai un professore di filosofia che anche lui conciliava la rivelazione con la ragione, e anche con lui gli alunni non capivano niente. Ma lui diceva che l'insegnamento della filosofia aveva, fra gli altri scopi, anche quello di educare i giovani alla umiltà, mettendoli dinnanzi a problemi le cui soluzioni essi non potevano capire. Durante le tre ore settimanali di filosofia teoretica, io fui educato continuamente per un anno intero da Augusto Conti alla umiltà. Ma non ci presi gusto. Dato che non capivo nulla, mentre lui parlava, mi distraevo fantasticando sulla evoluzione di Malfatti, sul Lucrezio di Trezza e il Tocqueville di Villari. Per fortuna le lezioni erano stampate. Quell'anno c'erano due volumi: Il buono nel vero, o morale e diritto naturale. Io non capii nulla neanche in quelli. Il guaio fu quando vennero gli esami. Se non avessi ottenuto almeno ventiquattro in tutti gli esami, avrei perduto quelle 56 lire che voi già conoscete. Visto che non ci capivo nulla, decisi di imparare i due volumi a memoria. Alla vigilia del primo appello ero arrivato appena a pappagallarmi quindici capitoli. Non so come in tanta rivelazione e in tanta ragione sia sopravvissuta la mia ragione. Rimanevano ancora quindici capitoli. Avrei potuto rinviare gli esami alla sessione di ottobre. Ma era avvelenarmi tutta l'estate, e, non ero certo se mentre imparavo a memoria gli altri quindici capitoli non avrei dimenticato i primi. Decisi di g10care tutto per tutto. Quando ci presentavamo all'esame, il professore ci faceva estrarre da una borsa che noi chiamavamo "la forza del destino," due dei trenta capitoli, su cui dovevamo rispondere. Su uno ci era mestieri parlare in lungo e in largo; dell'altro dire in poche parole il contenuto. Avevamo il diritto di "ritirarci" senza danno alcuno, qualora fossimo presi da improvviso malore prima di cominciare a parlare. Se i due numeri - dissi a me stesso - cadono nella prima metà, sono a cavallo. Se uno cade nella prima metà e l'altro nella seconda, un ventiquattro lo pesco. 51 Bibloteca Gino Bianco

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