Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Prefazione da Balzac." Ma credeva pur sempre nell'efficada dell'educazione, della libera discussione, fuor d'ogni equivoco e compromesso, ciascuno al suo posto. "Colpire uniti, marciare divisi," ripeteva. Solo cosf, da posizioni di estrema chiarezza, per quanto solitarie esse fossero, si· poteva parlare ai· giovani, recuperandoli alla libertà, alla democrazia, al sodalismo. Anche i "pazzi malinconici," col loro "piccolissi'mo peso," qualcosa potevano fare, per il presente e per il futuro. L'importante era non mollare. "È vinto chi si sente vinto e si dichiara vinto, non chi tiene duro." Questo ci fa sentire lo scarto che a volte si produceva tra le sue contingenti prese di posizione politica e le loro premesse ideali; e, piu ancora, la fulminea prontezza con cui si ricredeva, non appena si convincesse di aver imboccato una strada sbaglz'ata. Cosf fu per la legge maggioritaria, la cosiddetta "legge-truffa," e per le elezioni del gz'ugno 1953. Sul Mondo del 16 maggio aveva consi'gliato un amico operaio di votare per uno qualunque dei tre partiti laz'ciapparentati con la DC, "pu1· tenendo stretto il naso tra il pollice e l'indice"; ma, dopo le elezi·oni, faceva pubblica ammenda per la "corbelleria" commessa, e si rallegrava che i'l suo consiglio non fosse stato seguito dalla maggi'oranza degli elettori; e si riavvicinò agli amici di Unità popolare. Fu comunque per lui il definitivo tramonto di un'illusi·one. Gliene rimase un senso di amarezza, specialmente contro i partùi laici che si erano arresi· senza neppure esi·gere le condizi"oni da lui indicate, e un po' anche contro la sinistra della DC, nella quale aveva riposto qualche speranza. E lo si vede bene dalla prefazione, intinta di pessi'mismo, che nell' agosto del '53 scrisse per Italia scombinata. Diventava sempre piu scomoda la posizione sua, e dei pochi che la pensavano come lui, pronti a battersi con lui: come "schiacciati fra due respingenti· di' carri ferroviari." Ma questi pochi·, anche sconfitti, avrebbero lasciato una "eredità di fede e dignità." Quanto a sé, ben sapeva che il profeta di sventure non era un mestiere molto divertente. "Ma quando non c'è altro mesti'ere da fare, bisogna bene far quello, pur i'nghiottendo amaro. Tacere sarebbe fare un mestiere anche peggi·ore: quello del complt'ce per conformismo e per vz'ltà." Fu anche allora che il suo atteggi'amento verso i comunisti cominciò a mutare: un po' per le vicende politt'che italt'ane di cui ora si è detto, un po' forse anche per la morte di Stalin e per quel che le tenne di'etro. Pareva incrz'narsi, o almeno cosi si poteva sperare, l'equazione assoluta tra comunùmo e stalinismo; e i comunisti non erano dunque da considerarsi come "nemici eterni." Un anno dopo, nel gi·ugno del 1954, sz· professava "socialista democratico all'antt'ca, e per giunta rt'formista," e con estrema chiarezza spi·egava perché, avverso da sempre a ogni totalitarismo, non pote_vaesser comunista: per le stesse ragioni per cui non era mai stato f~scista, e ora non poteva essere, né sarebbe stato mai, clericale. Ma soggiungeva di sperare che un giorno i· comunisti· avrebbero adottato ,: metodi della democrazia senza aggettivi: né cristi'ana né progressi·va. "lo non 35 Bibloteca Gino Bianco

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