Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Prefazione grappò all'idea di una "terza via," di una "terza forza," come alla sola ancora di salvezza. Nella tempesta politica di quegli anni, fu quella la sua bussola. Non è nostro compito l'addentrarci qui i'n una valutazione storica o politica dell'atteggi·amento dell'ultimo Salvemini; né del resto, lo confessiamo, il compito ci sarebbe agevole. È vero che sono passati piu di vent' anni dalla sua morte, e che da allora tante cose sono cambi.ate, sulla scena dell'Italia e del mondo, cosf. che quelle di ieri sembrano già comporsi· nella immota lontananza della storia. Ma non pochi dei· problemi che travagliarono Salvemi"ni sono qui davanti e dentro di' noi: irrisolti, e qualcuno oggi forse ancor piu assillante e piu grave. E le sue polemiche, in un modo o nell'altro, ancora ci coinvolgono, con tutte le nostre predilezioni e i·nsofferenze. Vi accenneremo appena. Per anni, come abbi'amo accennato, tenacemente sperò nel costituirsi di una "terza forza," indipendente "e dai cleri·cali e dai comunisti." Del mancato realizzarsi di questa sua sempre risorgente speranza incolpò di' volta in volta l'insipienza dei partiti "laici," ridottisi a far da "strofinacci," o l'astuta polùica di De Gasperi, che li aveva relegati nella sua "capponaia." Solo nel 1952 parve convi·ncersi che l'evoluzi·one da lui auspicata non si sarebbe tradotta i·n realtà: e in questo momento di scoraggiata sfiduct'a nelle sorti della democrazia italiana, maturò i'n lui l'adesione al progetto di una legge elettorale, che assi·curassealla DC, e ai· partiti con essa apparentati, un premi'o di maggioranza. Va tuttavia posto in luce quel che spesso si dimentica: che Salvemini piu volte disse che l'accoglimento della legge maggioritaria doveva essere subordinato a due condi.iioni essenzi'ali: che i'l premio di maggioranza fosse contenuto entro stretti" limiti ( ben piu stretti· di quanto poi non fosse stabilùo), e soprattutto che fosse rigorosamente definito, fra la DC e i suoi alleati, un accordo preventivo di programma (e anche questo non avvenne). "Se no, no." Risale a questo periodo di' amaro scoraggiamento uno dei suoi articoli piu belli, La pelle di zigrino (21 febbraio 1953). Al di sopra dello sconforto, del momentaneo pessimismo, delle contingenti questioni di schieramento, del distacco polùico - anche questo non duraturo - da persone care e stimate, come Calamandrei, Parri, /emolo che avevano aderito a Unità popolare, Salvemini ri"affermava le ragioni ultime della propria fede e del proprio agire. Diceva di' appartenere al gruppo esi·guo, e in via di estinzione, dei "pazzi malinconici" ( un nome che aveva preso dal suo amato De Sanctis): "massi erratz"ci,abbandonati nella pianura da un ghiacciaio che si· è ritirato sulle alte montagne." Quel ghiacdaio si· era chiamato, nell'Ottocento, liberalismo, democrazi·a, sodalismo: nomi oggi "debosciati·." Ma Salvemini· senti'va i'l bisogno di' spiegare i·n qual senso egli ancora si sentisse un liberale, un democratico, un socialista all'antica. Non si· nascondeva quanto difficile si fosse fatta la posizione degli uomini come lui "stretti fra l'uscio e il muro," e condannati a muoversi su un terreno che si· restringeva sempre pz·u, "come la pelle di' zigrino resa immortale 34 BiblotecaGino Bianco

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