Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Prefazione 1912. Il partito, scriveva nel gennaio del 1913 a proposito dei socialisti di Imola, era ormai diventato, fra il 1902 e il 1910, il movimento egoistico di una oligarchia di proletari e piccoli borghesi. Di qui lo sdegno di Salvemini contro i riformisti di destra e di sini'stra, che proteggevano i gruppi privilegiati anziché le masse lavoratrici; e la commiserazione per i "poveri operai" di Novi Ligure o della Spezia, indotti ad associarsi agli industriali per premere sullo Stato e spillarne danaro a spese di tutti' i contribuenti. Nel corsivo Carlo Marx e la margarina del 27 luglio 1912, lamentava tutta l'aridità morale e intellettuale di' quei socialisti che, con la loro sorridente noncuranza per le "piccole disonestà,,, si dimostravano i'ncapaci di "reagire contro le ingiustizi·e gravi.,, Era poi· sopraggiunta la guerra mondiale, a form·re altri· moti'vi d'aspro dùsi'dio. Si' vedano le sue pungenti' polemiche ( ed anche eccessive, com'erano quasi sempre le sue polemiche) contro la tedescofilia di Claudio Treves e dell'Avanti! Ri'conosceva il diritto dei socialisti di' essere contrari alla guerra, rispettava il loro neutralismo e pacifismo; ma ne bi'asimava la parzialità fra i due campi i'n lotta. E ancora nel giugno del 1918, 1:nun articolo di risposta a un corsivo di Gramsci apparso sul Grido del popolo, ribadi'va con nettezza i motivi· del suo dissenso. ( Si noti l'interesse con cui egli seguiva i nuovi accenti dei "leninisti"' di Torino e, inversamente, il credito di cui Salvemini e l'Unità godevano presso i socialisti' rz.'voluzi'onari· dell'Ordine Nuovo.) Quel che ci preme notare, anche a confutazione di alcuni giudizi correnti, è che la sfiduàa di Salvemini nel socialismo come partito, come movimento, come idea non fu mai· totale e definit1:va.Il grande successo elettorale alle elezioni· del 1913 aveva riacceso in lui la speranza che quel partito ripudi'asse finalmente il giolùtismo, e non ri·cadesse nel fatale errore di ricostituù·e l'Estrema. Anche i suoi sbagliatissi'mi giudizi sul Mussolini del 1913 (" vero uomo di' fede,,, "uomo forte e diritto, nonostante le differenze profonde d'idee") nascevano dall'illusione di una recuperata intransigenza i'deale, che avrebbe dissi'pato 1.' vergognosi equivoci degli ultimi anni. Ma soprattutto, al di' là delle scoraggianti vi·cissitudi'nidi quel partito, egli sentiva rampollare i·n sé la fede sempre vi·va nel movimento che lo aveva attratto i'n gi·ovi·nezza. "Il Partito socialista è stato l'albero alla cui· ombra noi· abbiamo sognato i sogni piu puri della nostra gioventu.,, Da quel partito - confessava nel 1913 - era uscito "per disperazione," ma senza ri'nnegare nulla degli' i·deali di' allora. Nel 1915 si professava "socialista dissidente.,, Gli era rimasto i·ndelebile il ricordo di quello che amava chiamare il "decennio eroi·co" del pri·mo sodalismo in Italia ( e ancora sul letto di morte, a Sorrento, ri·evocava nostalgico quei· socialisti di fine secolo che "volevano dare un tozzo di pane alla povera gente"). Nel 1914 riasseriva la sua convinzione del valore fondamentale della lotta di classe. Né il programma immedi'ato dell'Unità, né alcun altro programma di giustizia e di' eguaglianza "si· potrà mai· realizzare senza lotta di classe, cioè, finché non si·a appoggi'ato dalla classe proletaria lottante per la rivendicazione dei· suoi di°ritti." Nell'agosto del 1920, i·n polemica con Angelo Crespi, di'chia26 Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==