Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Prefazione mini come Augusto Monti, Ernesto Rossi, Ferruccio Parri, Piero CalamaJi drei, e tanti altri. La seminagione, anche se caduta fuori (ma non del tutto, si badi) dei partiti organizzati, non era stata buttata al vento: avrebbe dato qualche frutto sostanzioso, allora e piu tardi. Ci pare che una serena riflessione storica debba oggi prenderne atto. Si aggiunga che se l'Unità ebbe indubln'amente un carattere eteroclito, per la diversità dei suoi collaboratori, che andavano da un radicale come De Viti De Marco, e da qualche socialista di grande spicco culturale, a liberali come Einaudi e perfino a qualche nazionalista come Balbino Giult'ano, l'impronta dominante fu data dal suo direttore, che per molti anni, una settimana dopo l'altra, vi profuse il meglio di sé. Per questo siamo convinti che, nella produzione di Salvemini, gli articoli sull'Unità costituiscano un momento di essenziale importanza, quello della sua piena maturità culturale e politica. E lo si· può vedere anche da ciò, che nei volumi' delle Opere, sin qui· apparsi, essi figurano in notevolissima quantità, poco meno di trecento. Senonché, sparsi come essi sono, e frammisti a tanti altri scritti, non riescono forse a darci una giusta idea di quel che sia stata l'Unità nella vùa di Salvemini, e cioè (come, a ragione, ha detto i'l Vi'varelli) la "esperienza politica piu significativa. 11 Abbiamo pensato pertanto di raccogliere in questa sezi'one una scelta abbastanza ampi'a (ma, per ragioni di spazio, non quanto avremmo desiderato) fra i moltissimi articoli che, per la loro indole, non toccavano direttamente i temi affrontati dagli altri volumi, e ne erano pertanto stati esclusi. Abbiamo cosi sotto gli occhi un quadro complessivo - anche se necessariamente sommario - di' come Salvemini vedesse la vita polt'ti'ca italiana dal principio del 1912 al 1920, e con quali propositi e segreto animo si fosse accinto all'impresa dell' Unità. Qui ci limitiamo a i'ndicare alcuni dei motivi lasciati in ombra dai precedenti volumi. Il programma dell'Unità, prima di tutto. Il settimanale era venuto alla luce senza fregi'arsi, come di solito accadeva e accade, di' un programma: e la cosa aveva lasciato i'nterdetto qualche lettore. A tre mesi di distanza dalla pri'ma appari'zi'one della rivista, il suo direttore acquetava questi dubbiosi con un lungo articolo a due puntate, Che cosa vogliamo? Era, senza enfasi, una professione di' fede: di fede nella democrazia, in pri'mo luogo. Eppure, i'n quello scritto piu volte ri'correva lo sdegno contro i "politicanti della democrazi'a" (un'espressi'one che forse gli vem·va da Pareto, ma che comunque era entrata nel corrente linguaggio politico di quegli anni). C'era di che vergognarsi·, di'ceva, a darsi un appellati'vo tanto screditato e disonorato come quello di democrati'co. Ma non faceva questione di nomi. Contro la vecchi'a democrazia, egli guardava a un nuovo, coerente impegno che affrontasse i pt'u urgenti problemi' del Paese, ammi"nistrativi, doganali, tributari·, scolastici, internazi'onalt'. E fin da questo suo primo scritto affermava l'esi·genza ( sfuggita, ci pare, a qualche suo censore) di coordinare tra loro questi problemi "in ordine di' urgenza, 11 secondo un organico s~·- stema d'idee, non "frammentariamente." 23 BiblotecaGino Bianco

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