Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Prefazione conosceva lo scritto di Villari La storia è una scienza?, apparso a puntate sulla Nuova Antologia del 1891, e ristampato nel volume di Scritti vari del 1894 (e lo avrebbe citato a conclusione della prolusione del 1901, di cui ora diremo). Era, per la verità, uno scritto teor,:camente piuttosto debole. Benedetto Croce, che nel 1893 lo aveva semplt'cemente menzionato senza criticarlo, l'anno dopo, nel replt'care a chi lo aveva rimproverato di non averne tenuto i·l debito conto, lo defini·va "una filastrocca senza capo né coda. 11 Salvemini non approfond[ mai, nella sua essenza filosofica (pi·uttosto povera), quella cultura. Era uno storico - e uno storico di razza -, non un filoso/o; e la sua attività di storico, come ha ben detto il Galasso, si· levò costantemente al di sopra delle sue premesse metodologiche o· concettuali'. E quando fuggevolmente si· dmentò con problemi filosofici - come erano quelli, tra i pù,. ardui, della metodologia della conoscenza storica - fu quasi· sempre di' un "disarmante candore. 11 Ma in Vi·llari, egli soprattutto ammirava l'ampi·ezza degli orizzonti, l'impegno e il fervore dello storico; e prima ancora, il maestro di vi·ta, l'uomo. Questo ci' spi·ega perché mai', vinto il concorso a una cattedra universitaria, egli scegliesse, per la prolusione messinese del 1901, proprio questo tema: La storia considerata come scienza. La cosa ha stupito qualche studioso. Ma la ragione ci sembra chiara. Quel dùcorso, che inaugurava la sua carriera d'insegnante universitario, voleva essere, prima di tutto, un omaggio a Villari, e, attraverso lui, alla scuola fiorentina che lo aveva formato (cosi come sarebbe stata un omaggi·o a quella scuola, venato di uno struggente rimpi·anto, l'altra prolusione di' quasi mezzo secolo dopo). E c'era forse anche un'altra ragi'one. Salvemini, all'aprirsi del secolo, stava per gettarsi alle spalle gli studi di storia medi'evale (che pure lo avevano splendidamente ri·velato e lo avevano portato i·n cattedra), e si senti.va sempre pù, attratto da studi vidni' alla sua passione politica, su Cattaneo, Mazzini, la Rivoluzi·one francese, il Risorgi·mento: come ci attesta la sua corrispondenza di quegli anni· con Villari. In un momento di transizione, d'incertezza, di svolta, la scelta di quell'argomento non aveva nulla di sorprendente: era come una riflessione critt'ca sulla natura e sui modi· del lavoro storico che aveva fatto sino allora, e che soprattutto intendeva fare per l'avvenire; o, se voglt'amo, un esame di coscienza, una professione di fede, quale che dovesse poi essere il suo futuro it,:nerario di' studio-so. I limiti di questo saggi·o sono fin troppo evidenti, come fragile è l'impalcatura positi·vùtica che lo sorregge e caratterizza. Piuttosto scontate le considerazioni· sui compiti della storia, sui suoi rapporti con la sociologia, sulle sue peculiari:diffi'coltà, e le sue analogie con le scienze naturali";e addirittura banali quelle sulla natura e gli scopi dell'arte e sulle teori·e estetiche di Tolstoi·, o l't"ncautapolemica con Croce, che fin dal 1893 aveva pubblicato la memoria dell'Accademia pontaniana La storia ridotta sotto il concetto generale dell'arte, nella quale memoria si affrontava di petto il dilemma in quegli anni· dibattuto dagli storici specialmente tedeschi·, e piu autorevolmente fra tutti da Droysen, se la stori·afosse scienza o arte; e che ancora 13 Bibloteca Gino Bianco

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